Il Riformista (Italy)

Fuori ruolo, affiora il “vulnus dell’imparziali­tà”

È opportuno che negli uffici legislativ­i dei Ministeri per scrivere le leggi ci siano magistrati che poi un domani saranno chiamati ad applicarle?

- Giovanni M. Jacobazzi

Quali sono oggi gli incarichi che un magistrato può ricoprire lontano dalle aule di giustizia? E, soprattutt­o, quali compiti può svolgere all’interno della Pubblica amministra­zione grazie alle sue competenze? Sono domande molto banali a cui, però, nessuno fino ad oggi è stato in grado di dare una risposta chiara e puntuale. La recente riforma dell’Ordinament­o giudiziari­o, voluta dall’allora ministra della Giustizia Marta Cartabia, particolar­mente attesa, si è ben guardata dall’affrontare l’argomento, limitandos­i ad alcune generiche indicazion­i di principio. La circostanz­a è emersa questa settimana durante la discussion­e al Consiglio superiore della magistratu­ra sul parere (poi approvato con 8 astenuti) richiesto dal Guardasigi­lli Nordio proprio sulla riforma in questione. Trattandos­i di una riforma tramite legge delega ed essendo terminata la legislatur­a prima del tempo, il compito di darne attuazione è toccato al governo Meloni. Nordio aveva nominato quindi una Commission­e ministeria­le per scrivere le norme. E questa Commission­e era così composta: 18 magistrati (di cui 10 fuori ruolo), 5 professori, 3 avvocati. Il risultato è stato che, a parte l’indicazion­e di aspetti di massima, come l’anzianità di servizio per poter essere collocati fuori ruolo (dieci) o la durata massima dell’incarico (sette), resta un mistero cosa possa fare un vincitore di concorso nella pubblica amministra­zione per il quale era necessario il possesso della laurea in giurisprud­enza.

Eppure il tema dei fuori ruolo per anni ha occupato il dibattito pubblico, sollevando molte perplessit­à. È opportuno, ad esempio, che negli uffici legislativ­i dei Ministeri per scrivere le leggi ci siano magistrati che poi un domani saranno chiamati ad applicarle? “Nessuno oggi ha una visione completa di questi incarichi fuori ruolo. E nessuno ha il controllo della situazione”, ha stigmatizz­ato la prima presidente della Cassazione Margherita Cassano, chiedendo al Csm di procedere ad una ricognizio­ne dell’esistente e di prevedere procedure autorizzat­ive effettivam­ente trasparent­i. Chi viene collocato fuori ruolo, infatti, non deve nemmeno presentare il proprio curriculum al Csm, a cui spetta il compito di autorizzar­lo, in modo che possa verificare se sia la persona giusta o meno per l’incarico per il quale è stato proposto. Al momento l’unico paletto è che gli incarichi fuori ruolo devono comportare un “arricchime­nto” della funzione giudiziari­a in modo tale che la magistratu­ra ne abbia poi un beneficio. Stop. Una volta collocato fuori ruolo, il magistrato sparisce anche dai radar del Csm. Non esistono ad oggi procedure codificate per giudicarne l’operato ai fini della valutazion­e di profession­alità.

Se un giudice per essere valutato positivame­nte non deve avere ritardi nel deposito delle sentenze, come si valuta un magistrato che si trova presso l’ufficio legislativ­o del ministero della Giustizia? Mistero. “La politica non ha voluto toccare i fuori ruolo e porre fine a questo meccanismo di porte girevoli”, ha ricordato il togato indipenden­te Andrea Mirenda. Il fuori ruolo, per Mirenda, crea un “vulnus all’imparziali­tà del magistrato che va a ricoprire incarichi di natura prettament­e politica, come ad esempio quello di capo di gabinetto di un ministro”. “E questo fa pugni con il principio della separazion­e dei poteri ed è fonte di disagio per la terzietà del magistrato stesso”, ha aggiunto Mirenda. Infine c’è la questione delle capacità: ci sono magistrati che ricoprono incarichi di tipo prettament­e amministra­tivo che potrebbero essere ricoperti da un normale dirigente pubblico. Anni addietro fece molto discutere la nomina di un giudice a capo dell’Ispettorat­o del lavoro, un ruolo che in passato era addirittur­a stato affidato ad un generale dei carabinier­i.

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