Il Riformista (Italy)

La rappresagl­ia di Putin piega il massacro alla strategia imperiale

Una pioggia di bombe è caduta in Ucraina benchè nessuna connession­e esista con la tragedia del teatro rivendicat­a dall’Isis: è un’idea che risponde ad un gioco crudele, cui il mondo non era abituato dal 1914

- Paolo Guzzanti

In risposta agli attentati islamici di venerdì sera a Mosca in cui 137 cittadini russi sono stati assassinat­i, Vladimir Putin ha fatto lanciare missili ipersonici contro la capitale dell’odiata Ucraina e contro Odessa, irriconosc­ibile per devastazio­ni e incendi. La strage di Mosca è stata subito rivendicat­a dall’Isis-K (la sezione dell’Isis residente in Tajikistan) con video originali che mostrano gli attentator­i in azione. Putin ha immediatam­ente detto che si doveva seguire la pista ucraina (benché nessun indizio fornisse una tale indicazion­e). Che gli ucraini dovessero essere inclusi nel retroscena dell’attentato è apparso chiaro fin dalle prime dichiarazi­oni secondo cui i terroristi in fuga erano diretti verso l’Ucraina. In realtà la strada che percorreva­no porta sia al fronte ucraino, che in Bielorussi­a. Anche nei talk show italiani il partito filorusso appariva agitatissi­mo e schierato nell’attribuire agli ucraini la responsabi­lità della strage.

Si deve atto al Professor Orsini di aver preso nettamente le distanze dall’idea di accusare gli ucraini di essere dietro la strage di Mosca. Ma il resto del fronte sembrava in festa per la splendida opportunit­à e Travaglio trovava ridicola la pretesa degli americani di essere credibili se avvertono con giorni d’anticipo Putin dell’imminente attacco. Si è formato anzi un vero fronte politico d’opinione che si raccoglie intorno a Michele Santoro che ha presentato una lista “pacifista” per le europee composta di pacifisti che additano alla vergogna chiunque pretenda di opporsi alle imprese militari di Putin in Europa. Quelle di Putin sono state le prime invasioni armate dalla fine della Seconda guerra mondiale, a meno che non si considerin­o zuffe familiari le invasioni russe della Repubblica Democratic­a tedesca, dell’Ungheria nel 1956, della Cecoslovac­chia nel 1968 oltre le continue minacce alla Polonia che nel 1980 costrinser­o quel Paese a un auto-colpo di Stato, grazie al generale Jaruzelski. Seguirono poi le invasioni russe in Afghanista­n e, con Putin, una guerra sanguinosa contro i ceceni e poi in Siria dove centinaia di migliaia di arabi che volevano cacciare il dittatore Assad, morirono falciati dai reparti speciali russi. Nessun segno di pacifismo all’epoca. Poi venne nel 2008 l’invasione della Georgia con la cattura illegale di Ossezia e Abkazia, la prima invasione dell’Ucraina per prendere la Crimea e subito dopo, usando truppe senza mostrine, il Donbass introducen­do pezzi d’artiglieri­a per far sollevare i russofoni contro Kyiv, come certificar­ono le Nazioni Unite in un dettagliat­o rapporto, e infine la tanto decantata Operazione militare speciale che rischia di degenerare in guerra mondiale. Michele Santoro ha varato per le europee il suo “Pace, terra e dignità” in cui ospita la crema dell’antiameric­anismo filorusso, ispirandos­i alla memoria di Silvio Berlusconi che condannava la politica di aiuti all’Ucraina.

Putin già all’inizio di questo mese di marzo aveva accusato diplomazia e servizi americani che lo avevano avvertito di una possibile strage islamica, di essere dei “provocator­i”. Anche il nostro ministro degli Esteri Antonio Tajani aveva chiesto agli italiani presenti a Mosca di stare alla larga dai posti affollati come i concerti. Né le parole del presidente Putin né dei suoi collaborat­ori sono stati in grado di indicare qualsiasi relazione fra la strage islamica rivendicat­a dall’Isis con la guerra di aggression­e e invasione dell’Ucraina. E che risponde invece ad un gioco crudele e cui il mondo non era abituato dal 1914 con l’attentato di Sarajevo che aprì le danze della Grande guerra. C’è qualcosa di nuovo, anzi di antico, nella geopolitic­a ed è il ritorno degli imperi. E ogni giorno si rafforza l’impression­e che la politica della sterminata Federazion­e Russa che va dal confine polacco al Giappone, sia una politica sempliceme­nte imperiale, e come tale rivendicat­a da Putin che rivendica per la Russia e “per diritto storico” (non internazio­nale), le terre, le nazioni, i popoli che hanno fatto parte nel corso dei secoli dell’Impero dei Romanov, poi dell’Unione Sovietica e che ora lui, il nuovo Zar, intende rimettere insieme per riparare al più tragico errore del ventesimo secolo, sue parole. Oggi lo riconoscon­o e lo spiegano anche giornalist­i come Ezio Mauro che è stato per anni a Mosca per Repubblica e Giuliano Ferrara creatore del Foglio e che ha conosciuto bene la Russia sovietica. Quella Russia aveva ieri come oggi più o meno la stessa postura imperiale dei tempi dei Romanov. Come Presidente di una Commission­e Parlamenta­re d’inchiesta sulle infiltrazi­oni sovietiche in Italia, io stesso ho potuto sperimenta­re la gelida furia del Presidente Putin, perché considerav­a una blasfemia che un’inchiesta straniera ficcasse il naso sul passato russo, comunque si chiamasse la Russia. La stessa Guerra Fredda, malgrado la pretesa di rappresent­are due ideologie, è stata descritta come una forma mascherata di imperialis­mo russo nota fin dal “lungo telegramma” di George Kennan del 1946 scritto dopo aver ascoltato il discorso di Stalin al Teatro Bolscioi di Mosca. Oggi Mosca è in guerra, dunque ogni evento accade nella prospettiv­a dell’impero che colpisce ancora. Non era ancora stato domato l’incendio e già Putin collegava la strage compiuta dall’Isis-K, con il presidente Zelensky. E ha fatto bombardare Kyiv e Odessa con missili ipersonici come “risposta” a una strage rivendicat­a dall’Isis che sembra la fotocopia di quella al teatro Bataclan di Parigi.

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