Quale limite al dissenso che corrode la democrazia?
differenze, penso all’ampiezza del movimento pacifista al tempo della crisi degli euromissili, nei primi anni Ottanta, quando si schierarono in Europa i Cruise e Pershing in funzione antisovietica. Tutti i discorsi di allora contro la guerra, contro il bellicismo atlantista, contro un Europa imbelle piegata agli interessi americani si potrebbero riportare pari pari all’oggi. E cosa dimostra un simile esempio, se non che, come dicevo, le battaglie culturali vanno combattute?». Alessandro Barbano: «Allora ti chiedo seccamente: l’Occidente deve o no dotarsi di una pedagogia, di una cultura condivisa, che, senza mettere in discussione la libertà di pensiero, lubrifichi, rigeneri, valorizzi e renda visibili certe scelte di valore? E come si fa, senza negare la libertà e il diritto al dissenso al tuo studente contestatore o al mio amico avvocato? Occorrono politiche centralistiche maggiori, di controllo, per esempio rispetto al ruolo che il giornalismo ha? Percorsi
di responsabilizzazione, di verifica nell’accesso alle professioni della comunicazione? La forma dell’opinione pubblica è consustanziale alle sorti della democrazia, perché la democrazia non si sostanzia del solo dettato costituzionale e del libero voto. Forse occorre costituzionalizzare la funzione giornalistica, inserendo nella Carta la sua fisionomia di quarto potere».
Massimo Adinolfi: «Non provo a interloquire da giurista, perché non saprei dire quali obblighi ulteriori discenderebbero dalla costituzionalizzazione che dici, e se non possano essere affidati al semplice rispetto e all’applicazione delle leggi. La metto anche qui nella forma di un dilemma che provo a svuotare: se stai delineando una torsione di tipo emergenziale, me ne guarderei bene; se no, si tratta di un terreno che è innanzitutto politico e culturale, sul quale si può già scendere. Sul quale già scendiamo tenendo questa conversazione, ad esempio. Permettimi però un piccolo sproposito. La difesa della libertà europea, nell’ora più buia, è passata anche attraverso Radio Londra. Non sono uno storico del giornalismo, spero di non dire una sciocchezza, ma l’impiego dei mezzi finanziari e tecnici per metterla su non credo richiedesse qualche strappo ai principi del liberalismo. Lo spazio che insomma abbiamo, dentro quei principi, è ampio abbastanza per farci Radio Londra, e pure Radio Kiev. Il vero punto semmai è: quanto deve esser forte l’allarme, oggi, per le sorti della democrazia? Ma questa è una domanda politica, non un dilemma filosofico. E per rispondere conta di più sapere se a novembre vince Trump, o se Kiev supererà l’estate». Alessandro Barbano: «Forse hai ragione. Ma, a proposito di dilemmi, io cerco un modo per sottrarre la discussione a contrapposizioni sterili, del tipo “si vis pacem para bellum” (Charles Michel) da una parte, e dall’altra “si vis pacem para pacem” (il cardinale Zuppi). Retoriche non so quanto concludenti. Forse, se vogliamo davvero la pace, dobbiamo cominciare a preparare, a informare e a formare l’opinione pubblica. Forse occorrerebbe anzitutto un grande progetto pedagogico, nel quale per esempio sarebbe essenziale mobilitare la Rai, che rimane la più grande azienda culturale del Paese e che non so quanto sia cosciente del suo ruolo. Di sicuro non lo è quanto lo furono coloro che, nell’immediato dopoguerra, le affidarono compiti politici e culturali enormi, di costruzione dell’identità civile collettiva del Paese».
Massimo Adinolfi: «Era una Rai che insegnava l’italiano, e anche il democristiano. Ma manteneva una pellicola sottile che consentiva di tenere almeno formalmente distinte le due cose. E alle distinzioni, da filosofo, io non posso rinunciare».
Alessandro Barbano: «Nemmeno io, da liberale. Chissà però se invece non vi rinuncino, molto più bruscamente, il mio avvocato e il tuo studente». Massimo Adinolfi: «Lo temo molto. Ma chi ha scelto la via migliore, solo un dio può saperlo: si vedrà. A noi, intanto, non rimane che continuare a esaminare e a interrogare».
Alessandro Barbano: «Lo faremo ancora, senz’altro».
L’Occidente deve dotarsi di una pedagogia condivisa che valorizzi alcune scelte di valore?
Bisogna ripensare a una Rai che torni a intestarsi compiti di manutenzione dell’identità civile