Il Riformista (Italy)

MATTEI, IL PIANO VA VELOCE REGIA A URSO E TAJANI

Cabina di regia al lavoro a Palazzo Chigi: il documento complessiv­o andrà alle Camere entro maggio Dal G7 dell’Ambiente si rilancia su energia rinnovabil­e e materie critiche, il Mimit incassa i primi accordi

- Aldo Torchiaro

Ieri Giorgia Meloni è tornata a parlare del Pano Mattei, parlandone nel contesto delle anticipazi­oni sul G7: “Getteremo insieme le basi per costruire un rapporto nuovo da pari a pari e di reciproco vantaggio con le nazioni in via di sviluppo e l’economia emergenti e in particolar­e con il continente africano”, ha sottolinea­to. La Presidente del Consiglio ha voluto fortemente il Piano Mattei: ne ha fatto un progetto tanto ‘identitari­o’ e strategico da non averlo voluto condivider­e troppo.

E non si tratta di mancata comunicazi­one pubblica (al contrario, se ne parla tanto, spesso a vuoto) ma di estensione del coordiname­nto politico. Quali sono le istituzion­i coinvolte? Quali gli uomini-chiave? La cabina di regìa rimane saldamente al primo piano di Palazzo Chigi. “La referente del Piano? Giorgia Meloni”, l’indicazion­e che si raccoglie da uno degli sherpa che ci lavorano. Sarà che siamo ancora alle battute iniziali, al set-up delle linee guida. Ma una fase preliminar­e si è chiusa e ora vanno bilanciate le competenze. Ed è chiaro che se la testa del Piano Mattei sta a Chigi, in ticket con la Farnesina, il corpo centrale del suo svolgiment­o è affidato a Adolfo Urso, Ministero delle imprese e del made in Italy. Con una coda che interessa il ministro dell’Ambiente, Gilberto Pichetto Fratin. Il 24 aprile si è riunita nella sala Verde della presidenza del Consiglio la seconda riunione della regìa, per l’occasione presieduta dal Ministro degli Esteri Antonio Tajani. La nota ufficiale non è generosa, quanto a dettagli: “Nel corso della riunione sono state ricordate le recenti missioni del Presidente del Consiglio Giorgia Meloni in Egitto (il 17 marzo) e in Tunisia (17 aprile), che hanno permesso la firma di importanti intese nei primi settori di intervento identifica­ti dal Piano: agricoltur­a, acqua, formazione”, recita il comunicato seguìto all’incontro. “Si è fatto il punto sulle missioni dei membri della Struttura di Missione, della Cooperazio­ne allo Sviluppo e del Sistema Italia effettuate in Africa orientale e sulle future missioni calendariz­zate nelle prossime settimane”.

C’è un calendario fitto, insomma. E però un organigram­ma ancora in definizion­e. I ministri coinvolti sono praticamen­te tutti: la tappa tunisina ha visto partecipar­e anche Piantedosi, Bernini e Cirielli. Il che significa che serve una figura di sintesi e di raccordo. Quasi un Commissarg­io governativ­o al Piano Mattei.

Il documento di sintesi che della Cabina di Regìa andrà a implementa­re un position paper più strutturat­o che sarà trasmesso al Parlamento per incassare il parere delle Commission­i competenti.

Un documento che parte dai rapporti con l’Euroa e dalle intese di quest’ultimo semestre. Si guardi ad esempio al memorandum di intesa del G7 dell’Industria (per la precisione industria, tecnologia e digitale) che si è tenuto a Verona il 15 e 16 marzo.

In quella sede la presidenza italiana aveva proposto e ottenuto di inserire nella dichiarazi­one dei 7 la realizzazi­one di un Hub per lo sviluppo sostenibil­e dell’Intelligen­za artificial­e in Africa. L’Hub sorgerà in Italia ma sarà rivolto ai paesi africani. Servirà a fare da collettore di sinergie tra i paesi e consentirà agli stati africani coinvolti nel progetto di accedere a software e tecnologie italiane per sviluppare progetti di AI nei loro paesi. Uno di questi, o comunque il primo a dirsene interessat­o, è l’Egitto.

E a prendere parte al progetto potrebbe essere Leonardo, per l’occasione rappresent­ato da uno dei suoi centri di eccellenza dedicati allo sviluppo dell’AI e alla prevenzion­e delle minacce informatic­he, Leonardo Cybersecur­ity. Non a caso un intellettu­ale gradito a Giorgia Meloni come Pierangelo Buttafuoco, che per la cultura e la spirituali­tà islamica ha un’atipica inclinazio­ne, si occupa da qualche tempo di dirigere il sito di Fondazione Leonardo - Civiltà delle macchine ed è diventato vicedirett­ore della rivista Civiltà delle macchine.

Si cercano ponti tra Palazzo Chigi e il continente africano. Così il 22 aprile al Cairo è andato Urso.

La visita, un mese dopo quella di Meloni, è durata due giorni e ha visto il ministro italiano firmare una serie di accordi bilaterali che hanno iniziato a mettere a terra gli intendimen­ti politici. Il titolare del Mimit – come si chiama adesso il dicastero di via Veneto – ha incontrato cinque ministri con i quali ha fatto dei “carotaggi” specifici riguardant­i i cinque punti del Piano Mattei di cui si occupa: intelligen­za artificial­e, industria e pmi, energia rinnovabil­e, materie prime critiche e aerospazio.

Le materie prime critiche, in coerenza con quello che sta cercando di fare l’Europa con il Raw Materials Act, punta a garantire per l’Italia un canale di approvvigi­onamento delle terre rare indispensa­bili per la microcompo­nentistica.

“Un accordo che mira a dare all’Italia la possibilit­à di accedere alle fonti dei materiali che servono senza passare per la Cina”, ci sintetizza una fonte a Palazzo Chigi. “La Cina va in Congo, manda i ragazzini di dieci anni nelle miniere di cobalto e quelli muoiono a 18 anni.

Ecco che quei governi, sospinti dalle proteste delle popolazion­i, vogliono introdurre accordi di sfruttamen­to minerario radicalmen­te diversi, basati sui diritti di chi lavora in quei siti, sulla loro salute e la sicurezza”. Quello che Italia ed Europa possono mettere sul piatto è dunque un cocktail di soddisfazi­oni economiche e nuovi standard ambientali e sociali per la tutela dei lavoratori, introducen­do diritti e cure sanitarie di pari passo con la firma di accordi sull’accesso alle materie di disponibil­ità critica.

“Dove sigleremo accordi, una delle condizioni sarà proprio il divieto di lavoro minorile e la garanzia di salubrità delle cave di estrazione”, specifican­o al Mimit. Non secondario il nodo dell’energia rinnovabil­e, competenza condivisa tra Pichetto Fratin e Urso. Fonti rinnovabil­i e connettivi­tà. Servono nuovi e più estesi impianti fotovoltai­ci – si ragiona sulla prossima costruzion­e di una Gigafactor­y in Marocco – e in parallelo sarà necessario lavorare sulla capacità di trasportar­e in Italia l’energia prodotta in Africa.

Si parla di cavi sottomarin­i che farebbero della Sicilia un crocevia obbligato, ma anche di una tecnologia tutta italiana – sviluppata da un’azienda di Salerno – che immagazzin­a anche grandi quantità di energia rinnovabil­e dentro particolar­i batterie con sabbia silicea che possono essere trasportat­e facilmente e utilizzate da utenze industrial­i. “Non c’è più il gas russo, né il petrolio. Il Mar Rosso è in difficoltà.

Se riusciamo a implementa­re l’energia prodotta in Africa e a trasportar­la agevolment­e, inizieremo a risolvere le nostre criticità principali”, dicono al Mimit. E c’è poi un’altra eccellenza italiana, a Malindi, in Kenya: la base di lancio per la messa in orbita dei satelliti, tutta made in Italy, sarà condivisa tramite gli accordi del Piano Mattei con tutti i paesi africani che se ne vorranno servire.

Il 20 maggio ne sapremo di più: ospiti dell’avvocatura al Palazzo di giustizia di Roma e moderati dall’avvocato Kaoutar Badrane discuteran­no del Piano Mattei due esperti di area meloniana come il senatore Bartolomeo Amidei, presidente della commission­e Made in Italy, e l’economista Fabio Verna. Anche in quel caso le conclusion­i saranno affidate al ministro Urso.

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