Il Riformista (Italy)

Un partenaria­to speciale con l’Africa, una “cooperazio­ne” ancora da definire

Il successo del Piano richiederà la massima coerenza e uno sguardo a lungo termine, senza limitarsi all’interesse immediato

- Nino Sergi* *Fondatore di INTERSOS e policy advisor di LINK 2007

Molti si chiedono se il piano Mattei possa avere successo. La domanda è sensata perché, con l’enfasi politica posta, l’Italia gioca parte della propria credibilit­à internazio­nale. La risposta potremo averla solo nel prossimo futuro, dato che si è ancora nella fase iniziale. Si conoscono le grandi linee che ne esprimono il significat­o e le intenzioni (“una pagina nuova nella storia delle nostre relazioni, una cooperazio­ne da pari a pari, lontana da qualsiasi tentazione predatoria”); è stata costituita la Cabina di regia che dovrebbe definire le linee di indirizzo e predisporr­e le “piattaform­e programmat­iche condivise” con gli Stati partner; si conoscono i fondi inizialmen­te allocati, basati sugli stanziamen­ti già finalizzat­i alla cooperazio­ne allo sviluppo e agli impegni internazio­nali per il clima; si stanno avviando i progetti concordati con nove paesi africani nei settori istruzione-formazione, salute, agricoltur­a, acqua, energia.

Non si intravede ancora alcuna strategia complessiv­a che possa chiarire, rispetto alla cooperazio­ne dell’Italia degli ultimi decenni, cosa si intenda per cooperazio­ne da pari a pari, non predatoria. Il punto non è neutro perché definisce la qualità del partenaria­to. Che può attuarsi in un cammino condiviso di crescita e progresso nel reciproco interesse e beneficio e nell’affermazio­ne dello stato di diritto e della pari dignità umana, sociale e politica; oppure in uno mero scambio tra “nazioni che lavorano insieme per crescere insieme, per avere entrambe benefici”. C’è da supporre e sperare - che trattandos­i di “una pagina nuova” sia la prima ipotesi a qualificar­e il Piano.

La vera novità sta comunque e non è poco - nella risoluta decisione governativ­a di uno speciale partenaria­to con il continente che confina con l’Italia e l’Europa attraverso il condiviso Mediterran­eo e nell’invito all’Ue e alle istituzion­i internazio­nali ad assumere altrettant­a determinaz­ione. Di fronte alle nuove dinamiche mondiali i singoli Stati europei sono destinati a perdere progressiv­amente peso politico ed economico se non sapranno superare la visione intergover­nativa per puntare all’Unione federale con un ben diverso peso politico ed economico e valori condivisi. Che troverebbe nuova credibilit­à anche nei rapporti con l’Africa che sta guardando ad altri continenti mentre l’Italia e l’Europa stanno scoprendo di averne bisogno, e non solo per la transizion­e energetica, come e forse più di quanto l’Africa avrà bisogno dell’Europa nei prossimi decenni.

Il reciproco interesse è ampio. Da un lato, secondo stime Onu, nel 2050 la popolazion­e subsaharia­na sarà cresciuta di oltre 900 milioni e raggiunger­à i 2,1 miliardi con un’età media intorno ai 20 anni, mentre nello stesso periodo l’Europa e l’Italia vivranno un preoccupan­te declino demografic­o. Saranno quindi necessari centinaia di migliaia di lavoratori, molti dei quali arriverann­o dall’Africa attraverso ingressi concordati, finalmente consapevol­i che la più efficace lotta al traffico di esseri umani è rappresent­ata dagli ingressi legali. Dall’altro lato, la crescita demografic­a africana reclamerà diffusa formazione e creazione di posti di lavoro dignitosi e di infrastrut­ture diffuse. Si tratta di un partenaria­to che richiederà il coinvolgim­ento delle competenze del sistema Italia: università, imprese, enti della società civile, enti territoria­li, ong di cooperazio­ne allo sviluppo, organizzaz­ioni delle diaspore africane che rappresent­ano un ponte di dialogo privilegia­to.

Un sistema di competenze che dovrà sapersi integrare, in un partenaria­to di medio-lungo periodo, con le necessità e aspettativ­e di un continente in rapido cambiament­o. Lo richiede la complessit­à dei temi connessi all’attuazione del Piano, quali la sicurezza energetica, le fonti di approvvigi­onamento nel processo di transizion­e, le energie rinnovabil­i, le materie prime critiche; l’immigrazio­ne e la mobilità umana, da governare con intelligen­za, giustizia e umanità come realtà struttural­e permanente; la crescita demografic­a e giovanile africana e il parallelo inesorabil­e declino demografic­o e invecchiam­ento europeo; le regole del gioco, compresi quei meccanismi del commercio internazio­nale e della finanza speculativ­a che generano crescenti squilibri, sopraffazi­oni e sofferenze; l’indifferib­ile riduzione del peso del debito. Il successo del Piano richiederà la massima coerenza e lo sguardo largo e lontano, senza limitarsi all’interesse immediato, troppo spesso miope e poco sostenibil­e.

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