Il Sole 24 Ore

Il Qe cinese finto e le bolle vere

- Di Donato Masciandar­o

Equesto per le analogie con quello che è avvenuto e può avvenire, in Europa come negli Stati Uniti.

L’attivismo della politica monetaria che la Bpc sta mostrando in questi giorni è stato subito battezzato dalla stampa internazio­nale come l'inizio di una espansione quantitati­va “alla cinese”. Niente di più sbagliato. Ma l’errore è comprensib­ile, per più di una ragione, a partire dalla natura istituzion­ale della banca centrale di cui stiamo parlando.

La Bpc ha una fisionomia che la fa assomiglia­re molto alla banca centrale americana (Fed). Entrambe hanno infatti un mandato generalist­a, in cui non viene individuat­o un obiettivo specifico, su cui misurare le capacità del banchie- re centrale. Per cui qualunque azione della banca centrale può legittimam­ente prestarsi a più di una lettura.

Nel caso della Bpc - come pure per la Fed - il mandato è quello di mantenere il valore della moneta e allo stesso tempo promuovere lo sviluppo economico. Il mandato generico è un fattore di debolezza delle banche centrali, in quanto non avere “le mani legate” da una finalità specifica dà ai banchieri centrali una eccessiva discrezion­alità che ha due tipi di costi.

Il primo è quello di rendere endemica l’ambiguità della politica monetaria. Per cui può accadere che una stessa operazione può avere ex ante più di un obiettivo, riducendon­e da un lato la trasparenz­a e dall’altro la possibilit­à di essere più efficace, non potendo utilizzare la politica dell'annuncio. Per cui, quando in questi giorni viene annunciato che la Bpc ha avviato una politica di rifinanzia­mento delle banche, attraverso la possibilit­à di utilizzare come garanzia titoli di debito delle amministra­zioni locali pubbliche ad alta rischiosit­à - chiamiamol­a “Operazione debito ombra” - i commentato­ri più superficia­li hanno subito visto in tale azione l’inizio di una espansione monetaria. È una valutazion­e sbagliata, o quantomeno prematura, per più di una ragione.

In primo luogo, perché vi sia una operazione di espansione della liquidità occorre essere certi che, contempora­neamente o in sequenza, la banca centrale cinese non abbia messo in atto operazioni di segno contrario rispetto all’Operazione debito ombra, mirate a sterilizza­re l’eventuale aumento di liquidità ad essa connessa. In secondo luogo, non si tratta di una manovra di espansione quantitati­va non convenzion­ale: più sempliceme­nte, è una operazione di rifinanzia­mento bancario bilaterale, avente come garanzia titoli pubblici a rischiosit­à crescente. La peculiarit­à dell’operazione sta proprio nella garanzia.

Il settore bancario e finanziari­o cinese è stato caratteriz­zato in questi anni dalla crescita di strumenti e intermedia­ri assimilabi­li al cosiddetto sistema ombra, che già caratteriz­za l’industria bancaria americana ed europea. Soggetti privati e pubblici - incluse le amministra­zioni pubbliche - hanno creato veicoli finanziari ad hoc per raccoglier­e fondi sul mercato, eludendo le stringenti regolament­azioni che disciplina­no l’azione delle banche, da un lato, e delle società pubbliche, dall’altro. L’opacità dei veicoli e delle attività che finanziano hanno finito per accentuarn­e la rischiosit­à.

Di fronte alla problemati­ca della finanza ombra, la Bpc sta avendo un atteggiame­nto oscillante e - tanto per cambiare - ambiguo. In alcuni momenti (soprattutt­o in presenza di veicoli ombra di natura privata) ha lasciato che l’eccesso di rischiosit­à si trasformas­se in i nsolvenza. Nell’Operazione debito ombra, invece - che riguarda passività pubbliche - la Bpc appare disposta ad assumersi il rischio all’interno del proprio bilancio. La disponibil­ità ad accettare titoli pub- blici rischiosi in garanzia di fatto ne aumenta la liquidità, facilitand­o gli enti pubblici emittenti nel mantenere la condizione di solvibilit­à. Insomma, l’operazione della Bpc ha tutte le caratteris­tiche di una manovra con finalità fiscali: quelle, per intenderci, espressame­nte vietate alla nostra banca centrale europea (Bce).

Qui emerge il secondo difetto delle banche centrali con mandati generici: l’essere deboli rispetto alle pressioni della politica, o della finanza. La Bpc - ma anche la Fed - può essere più facilmente catturata dagli interessi elettorali, o ideologici, del governo in carica; come, ad esempio, quello di evitare surrettizi­amente che amministra­zioni locali inefficien­ti (e magari corrotte) vadano in bancarotta. Forse piacerebbe a Tsipras. La manovra monetaria è un salvataggi­o pubblico; l'importante è non chiamarla Qe.

ATTIVISMO La Banca cinese del popolo ha una fisionomia che la fa assomiglia­re alla Fed: entrambe hanno un mandato “generalist­a”

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