Il Sole 24 Ore

Il mercato scopre il rischio delle scommesse estreme

- Walter Riolfi

Non è facile capire cosa sia successo ieri sui mercati finanziari. Probabilme­nte una serie di eventi che, in qualche modo concatenat­i, hanno finito per turbare un universo di investitor­i che da lunghi mesi sapevano solo comperare dollari (e vendere euro), comprare titoli di Stato della zona euro (e vendicchia­re Treasury), comprare azioni europee ed alleggerir­e quelle di Wall Street. È un po’ come se un idillio che dura da mesi si fosse un poco offuscato: probabilme­nte nulla di grave, anzi qualcosa di positivo. Perchè quella condizione idilliaca, a ben guardare, con i rendimenti negativi per due terzi dei titoli pubblici d’Eurozona, con l’euro che aveva sfiorato la parità con il dollaro e con gli indici azionari, il Dax di Francofort­e in testa, in gran corsa da ottobre, cominciava a mostrare i segni di un’acuta follia.

Ieri, la causa scatenante parrebbe trovarsi nel piccolo aumento dell’inflazione tedesca, che avrebbe spinto le vendite sul Bund e quasi vanificato un’asta di titoli a 5 anni e che avrebbe, infine, fatto decollare l’euro. In seguito, il pessimo dato sul pil Usa (che segnalereb­be un’economia in caduta di oltre e il 2,5% se il forte aumento delle scorte non avesse mitigato la stima preliminar­e a +0,2%) ha ulteriorme­nte accelerato la caduta del dollaro. Se le vendite arrivate ieri abbiano più il sapore di prese di beneficio o di stop loss (chiusura automatica di posizioni al rialzo) è cosa che appassiona i tecnici dei mercati. Tuttavia è utile notare che il dollaro ha vanificato quasi due mesi di guadagni, così come il Bund decennale, e il Btp è tornato ancora più indietro. Le Borse d’Eurozona hanno solo corretto un rialzo che, tra il 16 ottobre e il 13 aprile, s’è misurato in un vistoso 36%.

S’è velato un idillio, ma s’è pure svelata una pericolosa mistificaz­ione: perché in un mercato, certamente manipolato dagli acquisti della Bce, s’è scoperto che la scarsità di titoli da tempo lamentata dagli operatori andava attribuita soprattutt­o allo strumental­e atteggiame­nto di molti operatori (banche in primo luogo) che quei titoli non volevano cedere, nella scommessa che i rendimenti, già negativi, potessero scendere ulteriorme­nte. Ieri quei titoli sono finalmente usciti e s’è visto come sia balzato il rendimento del Bund. In ogni caso, s’è (forse) compreso come i rischi del mercato obbligazio­nario possano essere persino superiori a quelli delle borse, perché le possibilit­à di un flash crash (caduta repentina come s’era vista sui Treasury Usa a ottobre) sono assai concrete.

Infine, resta da capire come mai, con un dato così brutto del pil Usa che, unito a tutti gli altri deludenti numeri sull’economia americana, avrebbe sconsiglia­to la Fed dall’aumentare i tassi d’interesse, il rendimento del Treasury sia salito, anziché crollare. E non s’è mosso nemmeno dopo il comunicato del Fomc, dal quale si capisce che la stretta monetaria è ancora molto lontana. Ma gira una voce a New York che la Fed, non sentendosi di alzare i tassi, possa invece decidere di alleggerir­e un poco il suo enorme attivo dopo tre quantitati­ve easing. Lo scopo è di rendere più ripida la curva dei tassi d’interesse e preparare i mercati ad assorbire meglio un eventuale shock.

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy