Per Bolloré la priorità in Italia è Telecom
Vivendi era una public company, oggi è una società ad azionariato diffuso con un azionista di riferimento, appunto Bolloré, che ha quasi triplicato la sua quota nel giro di poche settimane portandola dal 5% al 14,5%. Bolloré - dice chi lo conosce - è molto interessato a Telecom, perchè in Italia è in posizione unica: se la tv del futuro passerà da Internet - e il successo di Netflix è lì a dimostrarlo - in Italia la distribuzione passerà da Telecom, con la differenza che rispetto agli altri mercati europei qui la concorrenza del cavo non c’è mai stata. Bolloré è anche convinto che il titolo sia sottovalutato e di fatto, da quando ha stretto l’accordo con Telefonica su Gvt, concordando in cambio anche un pacchetto di azioni Telecom, la Borsa gli ha dato ragione spingendo le quotazioni stabilmente oltre 1 euro.
Più di una fonte vicina al dossier conferma che l’intenzione del presidenteazionista di Vivendi, nonchè ormai da un decennio socio di peso di Mediobanca, non è quella di fermarsi all’8,3% del capitale ordinario che riceverà dagli spagnoli (si stima entro giugno), ma di arrotondare verso il 15% (la soglia d’Opa per Telecom è il 25%), analoga a quella con la quale ha blindato l’assetto della media company transalpina, grazie anche all’appoggio di un azionariato stabile fatto di investitori di lungo periodo, dei dipendenti del gruppo e della Caisse des dépôts. Nel capitale di Telecom Bolloré ritroverà, appunto, uno dei suoi alleati in patria e cioè il fondo Usa BlackRock che in Vivendi è il secondo azionista con una quota intorno al 5% e nella compagnia telefonica italiana detiene una partecipazione che oscilla tra il 5% e il 6%. Chi conosce Bolloré - anche qui più di una fonte - esclude che l’interesse per Telecom sia per “interposta persona”, che cioè su Telecom giocherà una partita in proprio (con Vivendi) senza portare acqua al mulino di altri, seppur conterranei, gruppi di tlc come Orange, nuovo nome di France Telecom il cui ceo, Stéphane Richard, meno di due mesi fa non aveva fatto mistero di considerare come una «grande opportunità» la possibilità di un consolidamento con l’omologa italiana, salvo ritrattare il giorno dopo l’uscita del presidente Telecom Giuseppe Recchi che aveva smentito l’esistenza di contatti.
La scommessa di Bolloré, insomma, sarebbe quella di “sperimentare” in Italia la nuova strategia di Vivendi che, dopo lo smantellamento della divisione tlc, punterà sui contenuti dell’entertainment (e in questo caso la “scuola” è americana) da veicolare sulla piattaforma più efficace per raggiungere i clienti (nel caso dell’Italia, la rete Telecom che sta trasmigrando progressivamente sulla fibra). Il prossimo 12 marzo, al comitato strategico di Vivendi non saranno individuati target precisi per l’impiego del tesoretto cash da oltre 10 miliardi, bensì si discuterà di come fare della media company francese il “campione europeo” dell’entertainment come annunciato, all’assemblea del 17 aprile, dallo stesso Bolloré.
Nonostante le voci e le suggestioni di mercato, non ci sarebbe invece l’idea di far rotta su un’emittente generalista: le speculazioni indicavano Mediaset, ma all’assemblea di ieri è emerso chiaramente che la famiglia Berlusconi non ha intenzione
LE MOSSE DEI FRANCESI Vivendi si ispira a Netflix. Stand-by su Premium che potrebbe invece considerare uno scambio con Sky
di cedere le redini. Quanto a Mediaset Premium, la pay-tv del gruppo che si è aggiudicata i diritti per la Champions League per il prossimo triennio, i contatti dell’autunno scorso non si sono tradotti finora in un’offerta concreta da parte francese. Con Premium sta trattando invece Telecom ma, a quanto risulta dalla parte dell’incumbent, per replicare un accordo commerciale, sulla falsariga di quello concluso con Sky, che a Mediaset però non sembra bastare. Intanto però ci sono contatti seri col gruppo Murdoch che, secondo alcuni osservatori, potrebbero forse sfociare in uno scambio azionario, con Mediaset che potrebbe conferire Premium a Sky in cambio di una quota nell’emittente europea. Si vedrà.
Nel frattempo le trattative tra Telecom e Cdp per Metroweb sembrano essere finite davvero sul binario morto. Si è rotto su quel 20% dell’ipotizzata società della rete in fibra che la Cassa non era disposta a cedere, ma il problema sarebbe già sorto sulla visione a monte, con Cdp che puntava a cablare 500 comuni italiani e Telecom che inizialmente reputava ragionevole un intervento in 100 città, ma che poi - nella bozza di intesa che è stata respinta dalla controparte - si era resa disponibile a coprire fino a 250 centri. È da capire se l’interesse pubblico per la rete di tlc possa tradursi, a questo punto, in un intervento diretto, per una quota “segnaletica”, in Telecom. D’altra parte anche la “privata” Vivendi ha nel suo azionariato, col 3,4%, la “pubblica” Cdp francese, ma questo non sembra essere stato per la società un problema, semmai un atout.