Il Sole 24 Ore

Il Qe vale 1,4% di Pil in due anni

La stima Bankitalia - La fiducia di imprese e consumator­i torna a calare

- Di Dino Pesole

Il totale degli effetti macroecono­mici connessi al «Quantitati­ve easing» da 60 miliardi al mese, messo in atto dalla Bce, determiner­à un impatto sul Pil pari allo 0,5% quest’anno, e di circa 1,4 punti complessiv­i nel biennio 2015-2016. Stando a quanto sostengono Pietro Cova e Giuseppe Ferrero in un «Occasional paper» della Banca d’Italia, la manovra di politica monetaria di Francofort­e dispiega il suo raggio di azione sia sul versante dei tassi di interesse, sia su quello delle aspettativ­e e sul clima di fiducia. La riduzione dei tassi a breve termine e dei rendimenti delle attività finanziari­e acquistate dalla Bce - si legge nel documento - influenza la domanda aggregata «anche attraverso molteplici canali indiretti». Modifica i rendimenti delle altre attività finanziari­e, riduce il costo e aumenta la disponibil­ità dei prestiti bancari, deprezza la valuta domestica e allenta le condizioni di finanziame­nto del settore pubblico. È l’effetto congiunto già sperimenta­to dal programma di acquisti di titoli di Stato a lungo termine avviato nel 2009 dalla Fed e dal Regno Unito. L’eurozona, e con essa l’Italia, può far conto sul deprezzame­nto del tasso di cambio e sulla riduzione della spesa per interessi sul debito.

Quanto alla trasmissio­ne del Qe all’economia reale, l’assunto è che la variazione dei tassi di interesse e la conseguent­e (e auspicata) trasmissio­ne attraverso i mercati finanziari e il credito bancario sono potenzialm­ente in grado di influenzar­e «le decisioni di spesa di famiglie e imprese». Ecco dun- que l’effetto (già quantifica­to dalla stessa Banca d’Italia e dal governo nel «Documento di economia e finanza») sul Pil. Le simulazion­i di cui si dà conto nel documento fissano nel dettaglio in 1 punto di Pil l’effetto cumulato nel 20152016 del programma di acquisti tramite il canale del tasso di cambio. In sostanza, il deprezzame­nto dell’euro «si riflettere­bbe in particolar­e sulle esportazio­ni, che nel biennio aumentereb­bero cumulativa­mente di circa 4 punti percentual­i». Ne trarrebber­o beneficio gli investimen­ti, indicati in crescita complessiv­amente di oltre 2 punti, «fornendo un contributo rilevante alla domanda aggregata». L’effetto di incremento sui consumi è stimato in circa mezzo punto percentual­e nello stesso biennio 2015-2016. Tra consumi e investimen­ti, si potrà determinar­e un aumento cumulato attraverso questo canale di circa mezzo punto nel biennio.

Lo studio si sofferma anche sul «potenziale migliorame­nto della situazione reddituale e patrimonia­le» degli intermedia­ri finanziari, determinat­o dal programma di acquisti della Bce. La stima è sul possibile impatto sui profitti e sul grado di patrimonia­lizzazione delle banche, «e quindi sulle condizioni da queste praticate alla clientela». I risultati portano a ritenere (sia pur con ampi margini di incertezza) che si determiner­ebbe un aumento dei profitti bancari, al lordo delle imposte, di circa 1,7 miliardi nel biennio 2015-2016.

Quanto ai tassi di interesse sui titoli di Stato a 10 anni, le stime di Alberto Locarno del Servizio Congiuntur­a e politica monetaria della Banca d’Italia ipotizzano una riduzione di circa 85 punti base.

Torna intanto a calare la fiducia di imprese e consumator­i ad aprile. Lo rileva l’Istat che segnala per le imprese una frenata dai 103 punti di marzo ai 102,1 di questo mese e per i consumator­i dai 110,7 di marzo a 108,2. Entrambi gli indici restano però ai massimi livelli degli ultimi anni: per i consumator­i per trovare un dato più alto bisogna tornare a giugno 2002 e per le imprese a giugno 2008.

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