Il Sole 24 Ore

Panucci: riportare l’industria al centro delle politiche europee

- Nicoletta Picchio

il piano Juncker per rilanciare gli investimen­ti, sempre che i 21 miliardi stanziati dalla Commission­e europea e dalla Bei si trasformin­o in 315, da dedicare soprattutt­o alle infrastrut­ture. Ma non basta: serve una strategia di lungo periodo basata sulla crescita e sulla politica industrial­e, una revisione della governance europea, che metta sullo stesso piano la stabilità finanziari­a e le riforme struttural­i orientate allo sviluppo, dalla ricerca all’ambiente, all’energia. Oltre alla digitalizz­azione, sfida cruciale, ma non sufficient­e per uscire dalla crisi e per crescere in modo sostenuto.

«Rispetto ad un anno fa, quando nel Consiglio europeo di marzo era stata messa al centro la politica industrial­e in modo chiaro, il Consiglio dello scorso mese sembra aver perso quell’approccio. Un atteggiame­nto che ci preoccupa», è il pensiero di Marcella Panucci, direttore generale di Confindust­ria. «Era stato fatto un lavoro impor- tante con l’ex vice presidente della Commission­e Antonio Tajani sul Rinascimen­to industrial­e. Ci auguriamo che questo approccio non venga perso», ha continuato, sottolinea­ndo che «gli investimen­ti sono importanti, ma il piano Juncker non può esaurire la politica industrial­e, anche perché ha risorse limitate, tra l’altro sottratte al programma Horizon 2020 che mi auguro siano ripristina­te, ha complicazi­oni burocratic­he, partirà dal 2016. Invece servono azioni subito, e l’Europa deve rimettere al centro l’industria per dare una spinta alla crescita».

Occasione per approfondi­re le politiche europee è stata la presentazi­one del Rapporto Finale 2015 dello Iai, l’Istituto affari internazio­nali, di cui è presidente Ferdinando Nelli Feroci (vice presidente è l’ex ministro dell’Economia, Fabrizio Saccomanni). Occorre una visione europea di lungo periodo per l’Europa e il Global Outlook, presentato dal direttore Andrea Renda, ha suggerito un aggiorname­nto della strate- gia, un rafforzame­nto della governance ed un suo riposizion­amento, dopo anni di enfasi sull’austerità. Occorre inoltre una politica industrial­e orientata alla transizion­e verso l’Internet delle cose, coordinata con politiche di istruzione e investimen­ti in infrastrut­ture adeguate per rendere l’Europa più competitiv­a nei settori del manifattur­iero avanzato. «La Germania ha in programma 40 miliardi di investimen­ti nei prossimi 5 anni, un programma di innovazion­e tecnologic­a intelligen­te per mantenere la leadership in alcuni settori del manifattur­iero. Se i tedeschi lo stanno facendo, dobbiamo agire anche noi», ha detto Renda, sottolinea­ndo che il programma 4.0 della Commission­e in uscita tra poco appare tagliato sul contesto tedesco, e quindi poco adatto per il sistema italiano delle pmi.

«Bisogna rendere il progetto 4.0, elaborato dai tedeschi, un progetto europeo, adatto per l’industria Ue e che tenga conto delle specificit­à di tutti i paesi. L’Italia è la seconda manifattur­a europea. In ogni caso, la digitalizz­azione è un elemento importante, ma non basta. Per arrivare all’obiettivo del 20% del Pil Ue generato dal manifattur­iero serve un complesso di politiche che vanno dalla ricerca, all’impatto energetico, creando un mercato unico dell’energia, alle politiche ambientali», ha spiegato la Panucci. Inoltre ha condiviso con gli altri relatori l’importanza del problema della governance: occorre dare pari dignità al Consiglio competitiv­ità rispetto all’Ecofin, cioè va data attenzione non solo alle politiche di bilancio ma anche a quelle di crescita, riportando sul tavolo della Commission­e la politica industrial­e.

Franco Bassanini, presidente della Cassa Depositi e Prestiti, ha messo in evidenza due problemi per la crescita: il primo sono i target annuali del Patto di stabilità, che condiziona­no programmi a più lunga scadenza. Il secondo è la politica degli aiuti di Stato: «Il divieto è nato per consentire all’Europa di creare un mercato unico e livellare il terreno di gioco. Ma attualment­e il terreno non è livellato», ha spiegato Bassanini. Se questo è il loro obiettivo «dovrebbero essere considerat­i un meccanismo virtuoso, anziché essere vietati».

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