Membrane e ventilazione contro lo «smog» domestico
a Smog, polveri sottili, muffe e presenza di radon. Ma anche sostanze chimiche con cui sono trattati rivestimenti, pannelli, soffittature e pareti oppure mobili e moquette. Agenti aggressivi contenuti nei prodotti utilizzati per la pulizia domestica o nei profumatori. Per non dimenticare il fumo di ogni processo di combustione, dalla cucina al caminetto, alle sigarette. In tema di inquinamento indoor, non è davvero possibile dire che i cittadini vivano “protetti dalle quattro mura domestiche”. Al contrario, la qualità dell’aria negli ambienti di lavoro e nelle case sconta spesso importanti deficit di qualità: perché alle polveri che arrivano dall’esterno, si aggiunge l’inquinamento prodotto all’interno.
Il problema rischia di aggravarsi di pari passo con l’avanzamento delle tecnologie per l’efficienza energetica dei fabbricati: se è vero che i sistemi di isolamento presenti sul mercato sono sempre più sofisticati e performanti nel consentire l’abbattimento di dispersioni e consumi, il risvolto della medaglia è avere unità immobiliari ermetiche, che se non progettate correttamente, non consentono un regolare ricambio dell’aria.
«L’inquinamento indoor è determinato da diversi agenti di tipo chimico, biologico o fisico – conferma Paolo Carrer, professore di Medicina del l avoro del- l’Università di Milano e responsabile del reparto di Medicina del lavoro dell’ospedale Luigi Sacco –. Se un edificio sorge in una zona particolarmente inquinata, ovviamente questo i nfluenza negativamente la qualità dell’aria interna. Ma ciò che spesso non si considera è che il tutto viene aggravato dalle sostanze chimiche emesse da ciò che è presente in casa o viene portato dall’uomo, dai materiali di costruzione usati per i rivestimenti e l e controsoffittature alle pitture, alle colle dell’arredamento, ai prodotti per la pulizia. Altre fonti inquinanti sono gli agenti microbiologici, come le muffe, che possono svilupparsi ad esempio nelle chiazze di umidità, nei tessuti oppure negli impianti di condizionamento mal gestiti. Infine da agenti fisici; il principale è il radon, un gas radioattivo presente nel suolo e che penetra nei locali, specie se interrati, raggiungendo concentrazioni elevate. Oggi è la seconda causa di tumore al polmone » .
Stimare con certezza l’impatto dell’inquinamento dell’aria indoor è, tuttavia, un compito arduo: a differenza di ciò che avviene all’esterno, non esistono centraline e sistemi di rilevamento capaci di mappare la situazione dentro le case. Così come non ci sono indagini che evidenzino quanti edifici siano da considerarsi “malati”, cioè siano ambienti in cui oltre il 50% dei frequentatori abbiano accusato disturbi sostando all’interno. Se nei luoghi di lavoro possono, inoltre, scattare controlli (affidati alle Asl) ed è obbligatorio rispettare il decreto 81/2008 (che pur non esprimendo valori soglia, impone però il rispetto della salubrità degli ambienti), nelle abitazioni private spetta a chi ci vive porre attenzione alla salute dei propri polmoni.
«A livello europeo ci si sta muovendo per arrivare a una direttiva comunitaria – prosegue Carrer – che prescriva, ad esempio, in modo univoco i requisiti che devono avere i materiali a bassa emissio- ne di sostanze nocive, già regolamentati in qualche nazione, specie nel Nord del Continente. Ciò che però esiste, è un documento di linee guida elaborato dall’Organizzazione mondiale della sanità. Inoltre, in Italia, il ministero della Salute sta lavorando per definire linee guida per le scuole e per gli ambienti domestici, a partire da un primo documento elaborato nel 2001».
Migliorare la qualità dell’aria indoor è comunque possibile. Uno dei consigli, utili per tutti, è utilizzare prodotti o arredi che garantiscano bassi livelli di rilascio di sostanze nocive. Inoltre, di pari passo con l’applicazione di tecnologie per l’isolamento, bisogna far ricorso anche a innovazioni per il riciclo dell’aria. Oltre alla ventilazione meccanica (un sistema che preleva volumi di aria dall’interno e l i scambia con l’esterno, pulendoli anche grazie all’uso di filtri), una soluzione è rappresentata dai cosiddetti Smt, cioè schermi e membrane traspiranti sintetiche, che un po’ come la pelle del corpo umano lasciano respirare l’edificio. « Si tratta di un sistema passivo – spiega Gabriele Nicoli, presidente di Aismt, associazione di riferimento per il settore e amministratore delegato della Darken Italia – che si applica in caso di ristrutturazione o nuova costruzione e consente la fuoriuscita del vapore acqueo, eliminando l a formazione di condense e l a proliferazione di batteri, ma allo stesso tempo è i mpermeabile all’ingresso di aria e vento e scherma dai raggi solari. Una soluzione che può dare un ottimo contributo al miglior funzionamento di impianti di ventilazione oltre che permettere un uso più calmierato del riscaldamento o raffrescamento». Dopo anni di lavoro, gli Smt sono stati normati dalla Uni 11470, pubblicata nel gennaio del 2013, e sono impiegati anche come barriere che tagliano il gas radon.