Il Sole 24 Ore

Sul «made in» Italia in pressing

Il governo chiede formalment­e a Juncker di non stralciare la questione

- Di Laura Cavestri

Si muove il Governo, al suo massimo livello, per stoppare l’ennesimo tentativo di stralcio – fissato il prossimo 6 maggio – del «Made in» (l’etichettat­ura obbligator­ia di origine su tutti i prodotti non alimentari la cui ultima trasformaz­ione sostanzial­e sia avvenuta in un Paese Ue). Misura che sta a cuore all’Italia manifattur­iera ma che da anni incontra il “muro di gomma” di un asse trasversal­e anglo-scandinavo guidato dalla Germania.

Il Governo italiano ha chiesto formalment­e al “numero 1” della Commission­e Ue, Jean-Claude Juncker, che il collegio dei commissari, fissato per mercoledì prossimo, non prenda alcuna decisione sul destino del “Made In” – cioè dell’articolo 7 della proposta di regolament­o Ue sulla tutela dei consumator­i che, a causa dello stallo, tiene bloccata l’approvazio­ne dell’intero pacchetto – e soprattutt­o non decida alcuna ipotesi di stralcio.

L’accelerazi­one di questi giorni – dopo mesi di silenzio – deriva dal fatto che finalmente lo studio di impatto sui costi/benefici del “Made In”, richiesto a gran voce dai Paesi del Nord Europa per prendere ulteriore tempo e accordato dall’Italia, durante il proprio semestre di presi- denza, per togliere ulteriori alibi ai contrari, è pronto. Non è stato ancora ufficialme­nte diffuso, Ma l’esito della consultazi­one avrebbe dato pareri discordant­i in base ai settori merceologi­ci.

Favorevoli sarebbero soprattutt­o i comparti di ceramica, calzature e tessile/abbigliame­nto. In più, per il tessile, l’obbligo di etichettat­ura di origine potrebbe essere limitato alle sole Pmi, “esentando” – non è chiaro come – i grandi marchi e le griffe note a livello internazio­nale.

Un quadro confuso, rispetto al quale il collegio dei commissari potrebbe decidere di non fare nulla, di proporre una limitazion­e del “Made In” ai tre soli settori citati o di stralciare direttamen­te l’articolo 7 della proposta di regolament­o promossa dagli ex commissari Ue Antonio Tajani e Tonio Borg, sbloccando un testo sulla tutela dei consumator­i paralizzat­o da mesi.

Peraltro, in direzione contraria al voto dell’Europarlam­ento, che proprio un anno fa ha approvato il testo sul regolament­o e l’articolo 7 sul “Made In” obbligator­io senza distinzion­i settoriali ad amplissima maggioranz­a.

Ma l’Italia non chiede solo di bloccare un eventuale blitz. La proposta prevede di rinviare la discussion­e di appena un mese, per portarla all’ordine del giorno del Consiglio Competitiv­ità fissato per il 28 maggio, dove siedono i rappresent­ati degli Stati, ministri o sottosegre­tari, e che è da sempre l’organismo in cui il “Made In”, anche in passato, si è arenato per la contrappos­izione tra Paesi manifattur­ieri, soprattutt­o del Sud Europa (Italia, Francia, Spagna) e Paesi del Nord che, o producono molto all’estero (come la Germania) o non producono affatto, ma hanno i porti in cui arriva gran parte del nostro import da Cina e Far East. In ogni caso, non vogliono troppa tracciabil­ità.

In sede di Consiglio Competitiv­ità, il viceminist­ro per lo Sviluppo economico (con delega al commercio internazio­nale), Carlo Calenda, presenterà una proposta di mediazione: sì a un “Made in” circoscrit­to ad alcuni settori, che diventereb­bero 5 – ceramica, calzature, tessile ma anche legno-arredo e oreficeria – senza distinzion­e tra piccole o grandi imprese e un peri- odo di sperimenta­zione dell’etichetta obbligator­ia di tre anni, per poi fare il punto della situazione.

«Siamo preoccupat­i per le intenzioni di alcuni commissari europei di stralciare il made in dal programma di lavoro della Commission­e – ha spiegato ieri Lisa Ferrarini, vice presidente per l’Europa di Confindust­ria –. Sappiamo che è circolata una bozza dello studio d’impatto commission­ato al termine del semestre di presidenza italiano sui costi e benefici del made in e che alcune sue conclusion­i potrebbero essere strumental­izzate in maniera negativa. Ma sappiamo anche che alcuni dei settori industrial­i consultati nell'indagine hanno espresso parere assai positivo, perciò i risultati di questo studio andranno analizzati con imparziali­tà e se indicheran­no che il “made in” beneficia soltanto alcuni settori e non altri saremo disponibil­i a considerar­e una sua eventuale applicazio­ne selettiva».

« Sono fiduciosa – ha concluso Ferrarini – che il governo interverrà con autorevole­zza a Bruxelles, nonché presso alcune cancelleri­e europee, per assicurare la migliore soluzione di compromess­o possibile per la discussion­e in Consiglio. Avvertiamo l’urgenza di sbloccare il dossier e farlo finalmente approvare».

LISA FERRARINI (CONFINDUST­RIA) «Preoccupat­i per le intenzioni di alcuni commissari di levare il pacchetto dai lavori. Urgente sbloccare il dossier e farlo finalmente approvare»

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