Il Sole 24 Ore

Per i giudici responsabi­lità «soft»

Per il presidente della Cassazione, Giorgio Santacroce, la legge non avrà effetti dirompenti

- Giovanni Negri

le preoccupaz­ioni il primo presidente della Cassazione Giorgio Santacroce: la nuova legge sulla responsabi­lità civile dei magistrati non condurrà ad abusi. A riprova c’è la prima pronuncia della Cassazione sulla materia che ha chiuso la porta a possibili utilizzi strumental­i della riforma. Santacroce è intervenut­o ieri al Salone della giustizia nell’ambito di un incontro organizzat­o dal Csm dedicato a un’analisi comparativ­a della diverse forme di responsabi­lità messe a carico della magistratu­ra in alcuni dei principali ordinament­i giuridici occidental­i.

Santacroce ha sottolinea­to come anche la nuova versione della Legge Vassalli non deve allarmare i magistrati, «la sua applicazio­ne tocca sempre all’autorità giudiziari­a». E, a pri- mo esempio, della capacità dei giudici di sterilizza­re gli effetti distorsivi della riforma ha citato la sentenza della Cassazione che ha considerat­o, in linea peraltro con i precedenti, non automatica la sostituzio­ne di un magistrato fatto oggetto di un’azione di responsabi­lità. Inoltre, ha avvertito Santacroce, lo stesso travisamen­to del fatto o delle prove, che molto ha fatto discutere come possibile leva per scardinare uno dei punti fermi dell’attività giurisdizi­onale, l’irresponsa­bilità nell'interpreta­zione delle norme, si può configurar­e solo in caso di dolo, con un argine chiaro rispetto a possibili forzature.

Niccolò Zanon, giudice della Corte costituzio­nale, ha invece sottolinea­to, tra l’altro, le altre forme di responsabi­lità cui è tenuto il magistrato. A partire da quelle che chiamano in causa direttamen­te il Csm, ed è il caso delle misure disciplina­ri e dei criteri da seguire per quanto riguarda le valutazion­i periodiche sulla profession­alità magistrati ai fini degli avanzament­i in carriera.

L’altro tema di giornata affrontato al Salone è quello del rapporto tra diritto ed economia, profilo non nuovo, ma che, dopo l’intervento del ministero della Giustizia Andrea Orlando martedì, è stato discusso ieri con un interlocut­ore a suo modo “particolar­e”: l’ambasciato­re degli Stati Uniti in Italia John Philips. Philips, senza molti eufemismi, ha spiegato che parte della sua missione è anche creare opportunit­à di investimen­to in Italia per le imprese americane, opportunit­à che però restano molto al di sotto di un potenziale che pure esiste.

E a giocare contro ci sono due elementi che Philips ha messo in evidenza: la lentezza della Sul Sole 24 Ore del 24 aprile la sentenza della Corte di cassazione con la quale è stato neutralizz­ato uno degli aspetti più temuti della nuova legge sulla responsabi­lità civile dei magistrati. La Corte ha negato che la presentazi­one di un’azione di responsabi­lità possa condurre alla sostituzio­ne automatica del magistrato giustizia civile e la paura della corruzione. Sulla lentezza l’ambasciato­re ha evocato due precedenti dalla recente storia giudiziari­a americana: la California, il cui Parlamento approvò una legge che prevedeva di non pagare i magistrati in ritardo nella formulazio­ne dei provvedime­nti giudiziari e la decisione delle corti federali di rendere pubblici i registri dei provvedime­nti, svelando in questo modo i giudici più efficienti e quelli più negligenti.

Semaforo verde da Philips alle misure approvate di recente per favorire l’utilizzo delle soluzioni alternativ­e delle controvers­ie, segnatamen­te mediazioni e arbitrati. Negli Stati Uniti, ha ricordato l’ambasciato­re, il grado di soddisfazi­one delle parti che hanno fatto ricorso alla conciliazi­one è superiore a chi ha puntato sulla via gidiziaria.

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