Il Sole 24 Ore

La lenta redistribu­zione del lavoro

- Di Alberto Orioli

Oggi sarà solo il primo maggio. Non sarà la Festa del lavoro. I dati dell’indagine campionari­a dell’Istat hanno ancora una volta gelato gli entusiasmi accesi dalla rilevazion­e amministra­tiva del ministero del Lavoro su attivazion­i e cessazioni. E dunque c’è ancora poco da festeggiar­e anche se qualcosa sta cambiando.

I dati sono presto detti: in un mese a marzo abbiamo perso 59mila posti di lavoro e aumentatod­i52milauni­tàl’esercitodi­3,3milioni di persone. Il 25 aprile il ministero segnalava con soddisfazi­one che il saldo tra nuovi contratti e contratti cessati era positivo di 92mila unità facendo pensare a una svolta.

Le due rilevazion­i fotografan­o situazioni non omogenee: l’indagine amministra­tiva non tiene conto del pubblico impiego, dei lavori interinali, del lavoro autonomo e quindi anche delle partite Iva (molte delle quali chiuse e in parte trasmigrat­e in contratti più stabili), quindi può indicare una tendenza parziale sul lavoro dipendente “classico”, manonsull’interopano­ramaoccupa­zionale oggetto dei “radar” dell’Istat. A marzo, il mese di debutto effettivo del jobs act unito agli sgraviprev­istidallal­eggedistab­ilitàopera­tivi già da gennaio, si è registrata una redistribu­zione di occupazion­e: si è passati dai contrattip­recarioins­tabilivers­oinuovicon­trattiatem­poindeterm­inatoatute­lecrescent­idi nuova edizione. Un dato di per sé positivo anche se non è ancora il nuovo corso per la creazione di posti di lavoro aggiuntivi.

I morsi della crisi più dura di una guerra hanno lasciato segni profondi e non si recuperano in pochi mesi. La recessione ha distrutto il 10% del Pil e da più di 20 anni l’Italia non conosce segno positivo negli indicatori della produttivi­tà che chiamano in causa un costodella­vorofuorir­egistro, untotaltax­rate da incubo per chiunque voglia investire, una ricerca affidata al pionierism­o delle aziende più innovative spesso nemmeno rilevate dalle statistich­e, una burocrazia nemicadell­osviluppo, uncontesto­dellagiust­izia incerto nei risultati e infinito nei tempi.

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