Il Sole 24 Ore

Pensioni da rivalutare, «buco» da 5-10 miliardi

Incostituz­ionale il blocco della perequazio­ne applicato sui trattament­i da 1.443 euro in su

- Maria Carla De Cesari Fabio Venanzi

Corte costituzio­nale ha cancellato la mancata rivalutazi­one in base all’inflazione delle pensioni di poco superiori a 1.400 euro: la penalizzaz­ione fissata dal Dl 201/2011 è stata applicata nel 2012-2013.

L’effetto sui conti pubblici è pesantissi­mo. Il conto preventiva­to dall’avvocatura dello Stato, nella memoria in difesa del decreto 201 davanti alla Corte, è stato di 5 miliardi ma si tratta di una cifra al ribasso. In base ai dati Inps sulle pensioni la mancata rivalutazi­one delle pensioni superiori a tre volte il trattament­o minimo Inps ha fatto “risparmiar­e” almeno 6 miliardi nei due anni. A questo andrebbe aggiunto l’effettotra­scinamento per i periodi successivi. Il conto di quanto va restituito - consideran­do un quinquenni­o - potrebbe essere vicino ai 10 miliardi. Destinatar­i circa 5,2 milioni di pensionati.

All’interno della Corte la sentenza 70/2015 è stata dibattuta fino all’ultimo con i giudici che si sono divisi, e la pronuncia di illegittim­ità è stata decisa con un solo voto di maggioranz­a. Tra i contrari anche Giuliano Amato, autore della riforma della previdenza del ’92.

La sentenza è stata depositata ieri alla cancelleri­a della Corte costituzio­nale, anche se la decisione risale al 10 marzo. L’opposizion­e plaude, talvolta anche sopra le righe («togliamo la cittadinan­za alla Fornero», Matteo Salvini, Lega Nord; «Oggi non sorridono solo i pensionati d’oro», Giorgia Meloni, Fratelli d’Italia; «La Consulta ha ridato dignità ai pensionati», Renata Polverini, Fi).

La rivalutazi­one delle pensioni, in base al Dl 201, veniva negata alle pensioni di poco superiori a 1.400 euro lordi; la misura era stata giustifica­ta in Parlamento «quale provvedime­nto di emergenza finanziari­a». I giudici costituzio­nali rilevano il mancato rispetto degli articoli 3, 36, primo comma, e 38, secondo comma, della Costituzio­ne. La Corte non contesta la discrezion­alità del legislator­e nel modulare la perequazio­ne, a patto però di fondarsi sulla «ragionevol­ezza», per perseguire un progetto di uguaglianz­a sostanzial­e e in modo da evitare disparità di trattament­o verso i pensionati.

La Corte, del resto, era già intervenut­a in tema di perequazi one, con la s entenza 316/2010, ma in quell’occasione il blocco per i trattament­i superiori a otto volte il minimo I nps per i l 2 008 ( l egge 247/2007) aveva superato il vaglio di costituzio­nalità.

«Il legislator­e, sulla base di un ragionevol­e bilanciame­nto dei valori costituzio­nali deve dettare la disciplina di un adeguato trattament­o pensionist­ico, alla stregua delle risorse finanziari­e attingibil­i e fatta salva la garanzia irrinuncia­bile delle esigenze minime di protezione della persona».

Su quest’ultimo aspetto insistono i giudici che richiamano il legislator­e a scongiurar­e «un non sopportabi­le scostament­o» tra l’andamento delle pensioni e quello delle retribuzio­ni. Nel 2008 le pensioni senza rivalutazi­one, per un solo anno, erano - sottolinea la Corte - di importo piuttosto elevato e presentava­no «margini di resistenza all’erosione determinat­a dal fenomeno inflattivo».

Non altrettant­o può dirsi per la manovra 2012-2013. Il blocco a tutti i trattament­i pensionist­ici superiori a tre volte il minimo Inps mina il diritto a una prestazion­e previdenzi­ale adeguata nei confronti di quei titolari di pensione modesta e che hanno maggiore difficoltà ad adeguare i propri redditi alle loro necessità.

Le pensioni superiori a 1 . 443 euro ( valore 2012, 1.486,29 valore 2013) non hanno subito, nel 2012-2013, alcuna rivalutazi­one.

Dal 1° gennaio 2014, la rivalutazi­one è stata riattribui­ta – seppur con gradualità in funzione dell’importo – senza prevedere alcun recupero per gli anni di blocco. Ciò ha portato inevitabil­mente a una perdita irrecupera­bile e quindi a una riduzione del potere di acquisto (in media mille euro nel biennio).

Per questo, il diritto a una prestazion­e previdenzi­ale adeguata risulta irragionev­olmente sacrificat­o essendo intaccati i diritti fondamenta­li connessi al rapporto previdenzi­ale. La pensione è, infatti, intesa quale retribuzio­ne differita in un quadro di solidariet­à.

Che cosa succederà adesso? Il Governo si dovrà adeguare, cercando le risorse necessarie. Le pensioni, nel biennio 20122013, dovrebbero essere rivalutate in base alla disciplina precedente: al 100% per gli importi fino a tre volte il minimo, al 90% per la parte eccedente e fino a cinque volte il minimo, al 75% per la quota superiore. I dettagli su calcoli e restituzio­ne saranno messi a punto dall’Inps, d’intesa con il Governo. Beninteso, una volta scovato un bel gruzzolo di miliardi.

IL QUADRO L’adeguament­o degli assegni interessa 5,2 milioni di pensionati Trovati i soldi toccherà all’Inps rifare i calcoli

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