La disoccupazione torna al 13%
A marzo persi 59mila posti ma aumentano i rapporti a tempo indeterminato - Giovani senza lavoro al 43,1%
mercato del lavoro non riparte: a marzo il numero di occupati scende di 59mila unità sul mese (-70mila sull’anno). Il tasso di disoccupazione sale al 13% (sfiora il picco record del 13,2% registrato lo scorso novembre). L’esercito dei senza lavoro si attesta a quota tre milioni e 302mila persone (+52mila rispetto a febbraio, e addirittura più 138mila nel confronto tendenziale).
La fotografia è nera anche per i giovani: l’occupazione, sempre a marzo, è sostanzialmente stabile, cresce il numero di chi non ha un impiego (+8mila under 25 rispetto a febbraio) e, soprattutto, schizza in alto il tasso di disoccupazione che rimbalza al 43,1% (in crescita di 0,3 punti percentuali rispetto al mese precedente).
I dati diffusi ieri dall’Istat, seppurprovvisori, frenanoglientusiasmi, dopo l’incremento del numero di contratti evidenziato dal ministero del Lavoro nei giorni scorsi (si vedano gli approfondimenti qui sotto): il tasso di occupazione cala al 55,5% (torniamo indietro ai livelli di aprile 2014). E nei primi tre mesi dell’anno, rispetto al trimestre precedente, non c’è un boom di nuovi posti: l’occupazione si riduce di 0,1 punti (dopo un incremento, un po’ anomalo secondo gli esperti, degli ultimi mesi 2014).
Certo, il numero di inattivi continua a contrarsi (in un anno la diminuzione è pari a 140mila persone), e ciò testimonia come una quota di scoraggiati, soprattutto donne (-128mila unità a fronte di -12mila uomini) si stanno rimettendo in cerca di un lavoro per rimpinguareilbilanciofamiliareeroso dalla crisi. Ma il confronto internazionale ci vede indietro. Nell’area euro il tasso di disoccupazione a marzo rimane stabile all’11,3% (peggio del nostro 13% solo 5 Paesi: Portogallo, Cipro, Croazia, Spagna e Grecia, anche se qui il dato disponibile, fornito da Eurostat, è di gennaio). Siamo distanti dalla performance migliore, la Germania con il 4,7% di disoccupazione. Va ancora peggio per quanto riguarda gli under 25: nell’eurozona, a marzo, il tasso di senza lavoro tra i giovani è al 22,7 per cento. I paesi più virtuosi sono Germania (7,2%), Austria (10,5%), Danimarca e Olanda (entrambe al 10,8%). I risultati peggioriinveceliregistrano: GreciaeSpagna (50,1% di disoccupazione giovanile, in entrambi gli Stati), Croazia (45,5%) e Italia, quart’ultima, con il 43,1%. Il governo invita alla cautela. Il titolare del Lavoro, Giuliano Poletti, evidenzia come l’uscita da un lungo periodo di crisi «è sempre all’insegna di alti e bassi. Ci sono comunque elementi di contesto positivi, che al momento non hanno ancora prodotto effetti statisticamente stabili. Per questo bisogna proseguire con decisione il percorso di riforme per stabilizzare e rafforzare le condizioni per la ripresa». L’andamento del mercato del lavoro «non ci lascia soddisfatti - aggiunge il responsabile economico del Pd, Filippo Taddei -. Dobbiamo continuare nell’attuazione del Jobs act».
C’è un aumento dei rapporti a tempo indeterminato (per lo più trasformazioni di contratti precari e di “falsi” autonomi), e questo soddisfa il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan. Ma la crescita stenta. E per questo «occorre un clima di atti e comportamenti complessivamente favorevoli all’impresa, a cominciare dalla riduzione della pressione fiscale», dice Maurizio Sacconi (Ap). Il punto, aggiunge Cesare Damiano (Pd), è che bisognarafforzarenelPaeselafiducia nella possibilità di una crescita solida e progressiva: «Ecco perché il primo provvedimento da adottare è garantire gli incentivi per il lavoro stabile anche dopo il 2015».
Opposizioni e sindacati vanno all’attacco. I dati dell’Istat sono «pessimi», commenta Renato Brunetta (Fi), e Beppe Grillo (M5S), su twitter, evidenzia come il Jobs act stia di fatto aumentando la disoccupazione (c’è «un popolo di disoccupati»). E quindi: «l’occupazione deve essere l’ossessione del Governo», incalza la Cgil, con Susanna Camusso (che ricorda la data emblematica di oggi, 1° maggio). I posti di lavoro «si creano solo con la crescita», aggiunge Annamaria Furlan (Cisl). «Non c’è dubbiochelarottavadainvertita-chiosa Carmelo Barbagallo (Uil) -. Chi pensa però che possa essere sufficiente una legge per ottenere questo risultato, si illude».