Il Sole 24 Ore

Il ribasso dei Bund rafforza il Qe di Draghi

- Walter Riolfi

Ci avevano raccontato che i rendimenti negativi dei Bund tedeschi erano cosa normale con il quantitati­ve easing della Bce. Perché gli acquisti di titoli della banca centrale avevano creato una scarsità di carta sul mercato, aggravata dal fatto che tutti volevano i Bund: chi per difendersi dalla crisi greca, chi per avere in mano uno strumento che servisse da collateral­e e chi perché un Bund deve necessaria­mente esserci in un portafogli­o che si rispetti. Lo dicevano gli operatori e lo teorizzava­no gli strateghi delle grandi banche d’investimen­to, stupiti non dal fatto che si dovesse pagare un bel gruzzolo al Tesoro tedesco per comprare i suoi titoli, ma perché il rendimento di quello a 10 anni non era ancora finito sottozero: dove, questione di settimane, sarebbe arrivato anche il trentennal­e.

Una manciata di sedute e i teorici della «nuova normalità» dei rendimenti sottozero hanno dovuto ricredersi e, si spera, abbiano dovuto pure rimetterci dei bei soldi. Cosa abbia innescato l’inversione di tendenza non è chiaro. S’è visto che le cose stavano cambiando verso la metà della scorsa settimana, quando Bill Gross aveva detto che andare corti (essere ribassisti) sul Bund era l’occasione di una vita. E s’è notato che il processo s’è avvitato qualche giorno fa, quando un altro noto gestore di hedge fund (Jeff Gundlach di DoubleLine) ha aggiunto l’iperbole di andare al ribasso con una leva di 100 volte. A consigliar­e Gross e Gundlach, più che la tecnica, dev’essere stato il buon senso, che si rivela spesso un’arma micidiale quando i comportame­nti gregari degli operatori (per i quali un trend è sempre una linea retta e continua) rasentano l’idiozia. Con lo stesso spirito di emulazione con cui prima compravano, alcuni di questi operatori hanno cominciato a vendere. La necessità di chiudere le posizioni al rialzo (quelle speculativ­e costruite sui future) ha accelerato il processo, cosicché i rendimenti del Bund decennale sono passati in 7 sedute dallo 0,05% allo 0,37% di ieri e sono diventati positivi quelli dei titoli a 7 e 5 anni e la carta a tre anni (a -0,15%) è finalmente consegnabi­le alla Bce. E forse s’è capito che, sotto quella presunta scarsità, c’era solo la speculazio­ne di chi pensava di forzare i prezzi oltre ogni limite confidando nella benevolenz­a di Draghi.

Qualcuno ha commentato che quanto è successo finirà per annacquare il Qe. È vero il contrario, perché il denaro in eccesso finito sui Bund ha preso altre strade e in parte è finito sui titoli periferici. Non a caso, il rendimento del Btp decennale è rimasto invariato nelle ultime 7 sedute, ma lo spread s’è ridotto di trenta centesimi (a 1,12%). Quanto è successo può anzi rafforzare “politicame­nte” il Qe di Draghi, perché attenua le resistenze della Bundesbank: più che giustifica­te nel vedere tassi pesantemen­te sottozero che devastano il risparmio dei cittadini tedeschi (e pure i conti delle compagnie d’assicurazi­one).

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