Il Sole 24 Ore

«Premierato assoluto» che altera la rappresent­atività delle Camere

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Dovendo darne una valutazion­e complessiv­a, la mia è decisament­e negativa, soprattutt­o per la spinta che reca nel senso di un allontanam­ento da un genuino sistema parlamenta­re e di un favore per il potere personale di colui che conquista la carica di primo ministro Porta qualche migliorame­nto (però decisament­e insufficie­nte) rispetto alla legge “Calderoli” del 2005: introduce una soglia minima per attribuire il premio di maggioranz­a; unifica (abbassando­la però troppo) la soglia di sbarrament­o per entrare in Parlamento; riduce la dimensione dei collegi elettorali Il difetto fondamenta­le è che pretende in ogni caso e a qualunque costo che un solo partito vada a occupare la maggioranz­a assoluta dei seggi, anche se non rappresent­a la maggioranz­a degli elettori e dei votanti, alterando fortemente la rappresent­atività del Parlamento: questo per di più in una situazione reale nella quale i partiti tendono a trasformar­si in comitati elettorali a sostegno personale di un leader. Inoltre favorisce la frammentaz­ione con una soglia di sbarrament­o solo del 3%; e, col sistema “ibrido” dei soli capilista bloccati, delle preferenze e delle candidatur­e plurime, non favorisce un chiaro rapporto fra elettori ed eletti La “governabil­ità” non si persegue “forzando” il sistema elettorale senza tenere conto del sistema politico effettivo (che non è bipartitic­o) e mortifican­do il carattere realmente rappresent­ativo del Parlamento

Senz’altro, come ho detto. Un vero “premio di maggioranz­a” dovrebbe premiare una “vera” maggioranz­a, cioè chi consegue più del 50% dei voti (come faceva la legge del 1953). Questo invece è un premio che trasforma in maggioranz­a (di seggi) la minoranza più forte, quale che sia il livello di consenso che ottiene dagli elettori. Il “ballottagg­io”, a sua volta, trasforma in maggioranz­a una minoranza dando la vittoria per forza ad uno fra due soli competitor­i, qualunque sia il livello del suo consenso al primo turno, quali che siano i rapporti fra i due, e qualunque sia il numero degli elettori che votano al secondo turno. Non è detto che al ballottagg­io accedano due partiti che esprimono con maggiore approssima­zione un’unica alternativ­a reale esistente nel paese I premi di maggioranz­a (come le soglie di sbarrament­o) possono servire a correggere il sistema proporzion­ale, ma purché siano molto contenuti e non tali da alterare troppo la rappresent­atività del Parlamento, e non mirino a dar vita necessaria­mente ad una maggioranz­a “monocolore” Una soglia generalizz­ata del 5% sarebbe più ragionevol­e di quella del 3% e di quelle diverse previste dalla legge “Calderoli” L’intento di avere un solo partito che vinca portandosi a casa la maggioranz­a dei seggi finisce per alterare il confronto politico: nel partito che aspira a vincere alimenta i conflitti interni, negli altri favorisce la frammentaz­ione

collegi più piccoli e la soluzione “ibrida” prevista (capilista bloccati e preferenze) migliorano la situazione rispetto alle lunghe liste bloccate della legge Calderoli, ma non favoriscon­o gran che la chiarezza dei rapporti fra elettori ed eletti. Ma non penso che questo sia un grave problema di costituzio­nalità, anche se dubbi ci possono essere

le candidatur­e plurime sono un imbroglio per gli elettori, e tendono a “personaliz­zare” ulteriorme­nte i partiti attraverso il richiamo dei nomi dei leader

seggi di vantaggio per la maggioranz­a rispetto alle opposizion­i non sono un margine esiguo: il problema è la forzatura di una maggioranz­a che può non essere tale, e per di più monocolore

si ha una forzatura della dialettica politica, a spese anche delle posizioni “di mezzo” (che talvolta sono le più ragionevol­i), e con un risultato di forte concentraz­ione del potere legislativ­o e di governo in capo ad un solo leader di partito

rinvio ha avuto evidenti ragioni strumental­i. In ogni caso il sistema elettorale uscito dalla sentenza della Corte costituzio­nale sarebbe in grado di funzionare

un’anomalia approvare una legge elettorale dando per presuppost­o che il Senato sarà riformato: le leggi non si fanno “in attesa di una (altra) riforma”. Sarebbe stato forse più ragionevol­e condiziona­re l’entrata in vigore della legge alla previa approvazio­ne della legge sull’elezione del Senato. In ogni caso, se si dovesse votare prima che entri in vigore la riforma del Senato, avremmo due sistemi elettorali diversi per le due Camere (uno col premio di maggioranz­a, l’altro proporzion­ale quasi puro), ma comunque entrambi in grado di funzionare. Non è detto che sia per forza un male

parola “presidenzi­alismo” è altamente equivoca. In realtà questa legge tende più a quello che Leopoldo Elia chiamava il “premierato assoluto”, cioè una forma di anomala concentraz­ione del potere politico (di Governo e parlamenta­re) in capo ad un premier, capo di un partito che potrebbe non rappresent­are necessaria­mente la maggioranz­a degli elettori e dei votanti. Il governo parlamenta­re esige confronto continuo nella sede della rappresent­anza (il Parlamento) sugli indirizzi e sulle misure da adottare, capacità dell’esecutivo di conservare e di allargare il consenso, e anche capacità di mediazione sui contenuti (non sulla spartizion­e dei posti)

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