Tecnologie alimentari a caccia di accordi nei Paesi emergenti
desk nell’area di fiera Milano, adiacente all’Expo, per promuovere il “Made in Italy” nel trattamento delle acque. Ma soprattutto accordi con i Paesi emergenti – e con rappresentanti della Banca mondiale – che stanno accelerando gli investimenti in food technology anche grazie ai fondi internazionali.
Tagliati fuori dalla kermesse principale, Assofoodtec (l’Associazione italiana dei costruttori di macchine e impianti per le lavorazioni alimentari) ha fatto il punto sul settore.
« Nonostante l ’ Esposizione universale sembri essersi dimenticata del ruolo cruciale svolto dal comparto – ha affermato il presidente di Assofoodtec Nicola Marzaro – vogliamo ribadire che il mondo ha bisogno di attrezzature esattamente come ha bisogno di cibo. Ciò non riguarda solo i Paesi che devono diversificare le esportazioni e diminuire la propria dipendenza dalle industrie estrattive, ma anche i Paesi dell’Africa e del Sud e Centro America, per i quali è importante sviluppare la propria capacità produttiva introducendo tecnologie aggiornate».
Secondo gi ultimi dari di Assofoodtec, i segni, se pur di poco, restano positivi. Nel 2014 , la produzione è aumentata dell’1,1% sull’anno precedente ed anche l’export è cresciuto dell’1,7%. Dati che sul 2015 sono destinati a rallentare. Le stime parlano, rispettivamente, di +0,9% e +1,2 %, con l’occupazione che non arretra ma si mantiene stabile (+0,2 per cento).
Tuttavia – ha precisato Marzaro – se consideriamo anche le aziende del comparto che non sono associate ad Assofoodtec, la produzione italiana, nel 2014, ha superato complessivament e i 5 miliardi di euro e l’export di “made in Italy” verso il resto del mondo, è già oltre i 2,8 miliardi». Al terzo posto, dopo Cina e Germania, la produzione italiana va per l’ 80% all’estero, battendo la concorrenza Usa e giapponese.
Frigoriferi industriali, tritacarne, attrezzature per la cottura, la panificazione, la conservazione e il traporto degli alimenti. «Se il rublo debole ha fatto crollare dell’80% le nostre esportazioni verso Mosca – ha detto ancora Marzaro – che comun- que rappresentano il 10% del nostro mercato estero, l’esplosione delle grandi catene alberghiere internazionali in Cina, Asia e Medioriente, in particolare,ha compensato la tenuta degli ordinativi, che vedono l’estremo Oriente come secondo mercato di approdo del nostro export (15% circa la quota di mercato sul totale delle vendite all’estero). Seguono l’Africa ( con il 9%), l’America del Sud (con l’8%), l’America del Nord (al 7%) e l’Australia (appena
COMPARTO IN SALUTE Il presidente Marzaro: «La produzione complessiva nel 2015 ha superato i 5 miliardi di euro di valore, 2,8 sono legati all’export»
il 2%)». L’Europa – catalizzando quasi il 53% delle vendite estere del settore – resta ancora il mercato più importante.
Ottimi anche i risultati di Arabia Saudita, Medio Oriente, ma anche Turchia, Nigeria e Messico dove hanno delocalizzato le princiapli multinazionali del food&beverage. Paesi emergenti che oltre ad agricoltura e infrastrutture, stanno investendo fortemente nella trasformazione alimentare per essere più indipendenti e accrescere il valore dei prodotti con le lavorazioni. Anche grazie ai fondi della cooperazione internazionale. «Un filone – ha concluso Marzaro, rientrato dal Turkmenistan appena una settimana fa – in cui vogliamo inserirci come partner , per battere la concorrenza cinese». Tecnologia e attrezzature per prodotti alimentari. In migliaia di euro
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