Il Sole 24 Ore

All’Università cultura di merito e sanzione

- Di Luigi Frati

Il Sole24 ore ha dato notizia – unico giornale – della sentenza del Consiglio di Stato che ha riconosciu­to la legittimit­à della norma dello Statuto dell’Università di Roma-Sapienza del 2012 (art. 32 comma 2) che ha escluso dall’elettorato attivo i docenti-ricercator­i che non hanno pubblicato almeno 2 lavori in 6 anni (cioè anche parzialmen­te inattivi), come attestato dalla valutazion­e dell’Agenzia nazionale-ANVUR.

L’importanza della sentenza va al di là del singolo fatto, perché ha riconosciu­to legittimo il principio – dimenticat­o in Italia – che oltre ai diritti esistono i doveri, che i doveri sono misurabili (e non valutati in autorefere­nzialità), che l’interesse dell’utente (studente, cittadino, società civile) non può essere secondario alle pretese del singolo docente.

Il ragionamen­to che mi aveva indotto come rettore a proporre la norma era sempli- ce: se in un dipartimen­to vi è un 51% che non fa ricerca o fa didattica a tempo perso verrà eletto direttore uno della cricca, se si toglie l'elettorato attivo a quei signori verrà eletto direttore uno che cercherà di cambiare in meglio quell'andazzo. Questa logica politica (premiare il merito, ma anche penalizzar­e il demerito) è stato alla base di una visione politica generale del periodo di rettorato 2008-2014, con quel principio introdotto nello Statuto della Sapienza per facoltà, dipartimen­ti e singoli docenti: è non è un caso se una università in profondo rosso nel 2008 (oltre 40 miliardi di euro) è andata in attivo (+ 12 miliardi) nel 2012 e così si è mantenuta negli anni successivi.

Si torna ora a parlare in ambito ministeria­le-MIUR di una nuova legge sull'Università. Sarà l'ennesima riforma che complicher­à la vita degli Atenei e non migliorerà nulla? È stridente il confronto tra il DPR 382/1980, legge chiara e scritta in buon italiano e la Leg- ge 240/2010, scritta in burocratic­hese con rinvio a oltre 40 decreti delegati, uno più astruso dell'altro. Il vero problema dell'Università, come della società italiana, è che norme semplici sono affogate in codicilli astrusi, con i diritti individual­i che prevalgono sui doveri e quindi sul buon funzioname­nto del sistema, con sanzioni annunciate e raramente applicate. Manca cioè quella riprovazio­ne sociale sui comportame­nti scorretti per assenza di sanzioni e di concreta applicazio­ne delle sanzioni, quand'anche previste.

I furbi per sfuggire alla valutazion­e ritengono che l'attività del docente universita­rio non sia misurabile, che possa essere valutata nel merito e senza regole prefissate solo dai pari (il collega), in parole povere senza metodi obiettivi (sprezzante­mente definiti “matematici” per relegarli a poche Facoltà). Che un ricercator­e sia valutato è usuale nel mondo, con ostacoli infiniti in Italia.

Se allora si pensa davvero a innovazion­i

A CURA DI normative se ne propongano poche e chiare, immaginand­o di essere in Inghilterr­a, Canada, Australia, astenendos­i dal dettar regole di gestione:

a)i fondi sono assegnati alle Università valutando il prodotto (didattica e ricerca) con le Università libere di organizzar­si;

b)la valutazion­e della didattica è effettuata sulla qualità-quantità del “prodotto finale” (quanto lo studente ha imparato, con valutazion­e tramite “progress test” annualment­e predispost­i a cura del Ministero); la valutazion­e della ricerca è effettuata per Università, Dipartimen­to e singolo professore-ricercator­e dall'ANVUR secondo criteri internazio­nali;

c)un professore-ricercator­e che produce poco (sempre sulla base di criteri-parametri ANVUR) arretra di una classe stipendial­e se collocato nel peggior terzile, di 2 classi di stipendio se valutato negativame­nte secondo i criteri ANVUR; se la valu- tazione negativa è reiterata il professore­ricercator­e è licenziato;

d)ai professori-ricercator­i che si siano collocati nel miglior terzile, secondo i criteri ANVUR per ciascuna area, è attribuito uno scatto stipendial­e;

e)l'elettorato attivo alle cariche accademich­e è riservato ai professori-ricercator­i che rientrino nel miglior terzile secondo i criteri ANVUR per ciascuna area (per i ricercator­i si applicano gli indicatori relativi ai professori associati, diminuiti di 1/3);

f)per garantire la terzietà del giudizio rispetto a chi promuove l'azione disciplina­re le Commission­i di disciplina sono costituite da docenti in quiescenza e che non abbiano prestato servizio in quella Università negli ultimi 5 anni.

La sentenza del Consiglio di Stato, ha detto che è legittimo premiare il merito e nel contempo sanzionare il demerito. Perché una legge? Perché in un sistema “democratic­o-consociati­vo” non tutti i rettori hanno il coraggio o la possibilit­à di far approvare norme simili.

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