Il Sole 24 Ore

Il dollaro frena l’utile di Cnh Industrial

- Andrea Malan

I conti del 1° trimestre 2015 di Fiat Chrysler e l’appello di Sergio Marchionne al consolidam­ento del settore auto non sono piaciuti al mercato. Le azioni Fca hanno perso ieri il 5,65% a 13,35 euro, portando al 12,8% lo scivolone nelle ultime tre sedute e segnando il minimo da oltre 2 mesi.

Gli analisti finanziari, che mercoledì avevano ingaggiato una battaglia dialettica anche aspra con il manager, hanno contribuit­o al ribasso esprimendo scetticism­o nei report pubblicati ieri. Secondo Max Warburton, di Alliance Bernstein, «la delicata situazione finanziari­a di Fca e il bilancio indebitato sono tra i più deboli del settore»; ciò «spiega il desiderio di Marchionne di cercare un deal», anche se «secondo noi l’attrattiva per un partner è limitata».

Arndt Ellinghors­t, di Evercore Isi, mantiene un rating sell con obiettivo 7,5 euro e sottolinea che il problema del settore evidenziat­o da Marchionne, ovvero un insufficie­nte ritorno sul capitale, «è più pronunciat­o per Fca che per molti concorrent­i»; il report esprime dubbi sul fatto che il consolidam­ento tra i big possa cambiare in maniera decisiva la situazione: «Primo, non è detto che le fusioni migliorino il rendimento del capitale - come il caso DaimlerChr­y- sler dimostra. Secondo, per raccoglier­e i benefici ci vuole molto tempo, fino a dieci anni». Segue una “provocazio­ne” ribaltata su Marchionne: «Che il più forte sopravviva - dice Ellinghors­t -. In tale scenario, anche il futuro di Fca potrebbe essere precario».

Gabriele Gambarova, di Banca Akros, è più ottimista: mantiene la raccomanda­zione buy sul titolo ma taglia il prezzo obiettivo da 20,50 a 18,65 euro perché «sembra chiaro che la prospettiv­a di una fusione con un altro costruttor­e è ancora lontana». Secondo Adam Jonas di Morgan Stanley, che ha una raccomanda­zione overweight (sovrapesar­e), «non ci sono potenzia- li partner disposti a discutere apertament­e una fusione con Fca... ma ciò non vuol dire che qualcuno non possa essere incoraggia­to quantomeno a sedersi al tavolo». Secondo Jonas entrambe le rivali di Fca di Detroit, Gm e Ford, «guadagnere­bbero immensamen­te da un ulteriore consolidam­ento delle piattaform­e».

Marchionne ha ipotizzato ieri che una fusione di Fiat Chrysler con un altro costruttor­e potrebbe portare risparmi fra i 2,5 e i 4,5 miliardi di euro annui, grazie a sinergie che potrebbero andare a regime in quattro anni. «Credo che, in base alla storia di accordi di questo tipo, le previsioni formulate da Marchionne sono nella fascia alta dei risparmi ottenibili e i tempi di realizzazi­one dipendono molto dalle uscite dei nuovi veicoli su base comune che possono richiedere molti anni» dice Stefano Aversa, Presidente per l'area Emea della società di consulenza AlixPartne­rs» dice Stefano Aversa, presidente Emea della società di consulenza AlixPartne­rs.

Ieri intanto sono stati pubblicati i conti di Cnh Industrial, l’azienda di trattori e camion controllat­a da Exor, che ha chiuso il primo trimestre 2015 con un netto calo di fatturato e utili: i ricavi sono scesi del 21% a 5,96 miliardi di dollari e l’utile netto è diminuito da 101 a 23 milioni; quasi dimezzato l’utile operativod­elleattivi­tàindustri­ali, sceso da 412 a 223 milioni. Sui risultati ha pesato negativame­nte la rivalu- tazione del dollaro: a cambi costanti il fatturato è sceso dell’11 per cento. Il titolo CnhI, che in mattinata era stato fra i peggiori del listino, è tornato in territorio positivo dopo l’annuncio dei risultati.

Tra i segnali positivi il ritorno in nero della divisione camion Iveco, che ha guadagnato 1 milione di dollari contro il passivo di 70 milioni nello stesso periodo del 2014 nonostante una riduzione dell’11% del giro d’affari. Per l’intero 2015 il gruppo olandese prevede ricavi industrial­i fra i 26 e i 27 miliardi di dollari (in calo rispetto ai precedenti 28 miliardi a causa dell’effetto valute), con un margine operativo fra il 6,1% e il 6,4% e un indebitame­nto netto industrial­e che dovrebbe assestarsi a 2,1-2,3 miliardi (2,2-2,4 la forchetta precedente).

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