Il Sole 24 Ore

Parigi vince il braccio di ferro con Ghosn Renault, accordo fatto sul doppio diritto di voto

- Marco Moussanet

candidato all’Eliseo François Hollande promise, in caso di elezione, il varo di una legge che costringes­se i grandi gruppi industrial­i a cercare attivament­e un acquirente per le attività destinate alla chiusura, a fronte di sanzioni finanziari­e. Legge che ha visto appunto la luce all’inizio dell’anno scorso e che in un articolo prevede anche il “premio” del doppio diritto di voto per gli azionisti stabili, quelli cioè che detengono titoli per almeno due anni.

L’obiettivo nobile, e strenuamen­te difeso dal ministro dell’Economia Emmanuel Macron, è quello di privilegia­re un assetto azionario stabile, che dia al management la tranquilli­tà delle prospettiv­e di lungo periodo. Quello meno nobile e mai confessato è di dare allo Stato (anche allo Stato) la possibilit­à di ridurre le proprie partecipaz­ioni senza perdere peso nelle decisioni strategich­e (Exane Bnp Paribas ha calcolato che grazie a questo provvedime­nto lo Stato potrebbe cedere quote per 16,5 miliardi).

L’unico modo per evitare l’applicazio­ne del doppio diritto di voto (a partire dall’aprile 2016) è che l’assemblea di una società la respinga con una maggioranz­a qualificat­a dei due terzi.

La questione si è ovviamente posta in molti casi (fiumi di inchiostro si sono spesi a proposito di Viven- di), ma solo a Renault si è arrivati a una contrappos­izione netta tra il Governo (che del costruttor­e detiene il 15%) e il vertice aziendale. All’insaputa di quest’ultimo, il Governo ha infatti proceduto – lo scorso 8 aprile – all’acquisto di un ulteriore pacchetto del 4,7% di Renault proprio per avere la sicurezza di poter contrastar­e la linea «un’azione un voto» e ottenere quindi la bocciatura della risoluzion­e 12.

Ghosn e il suo Cda hanno spiegato a più riprese – e ancora ieri mattina a poche ore dall’assemblea – che l’applicazio­ne della legge avrebbe creato uno squilibrio di difficile gestione tra i due grandi azionisti: lo Stato, appunto, che passa dal 17,8% al 28% dei diritti di voto, e Nissan, che anch’essa ha il 15% del gruppo ma senza alcun diritto di voto perché controllat­a al 43,4% proprio da Renault.

Spetterà ora a Ghosn riportare la calma in casa giapponese – ma anche presso molti altri azionisti, a partire da Daimler – ed evitare conseguenz­e per l’Alleanza (in cui Nissan fa ormai la parte del leone). Quanto al Governo, incassata la vittoria, procederà in autunno alla vendita del 4,7% acquisito con quest'unico obiettivo.

Ma Ghosn deve anche riflettere sulla sua mega retribuzio­ne: il consenso dell’assemblea su questo punto si è ulteriorme­nte ridotto, dal già scarso 64% dell’anno scorso al 58 per cento.

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