Il Sole 24 Ore

Petrolio, dalle major 738mila barili in più nel primo trimestre La raffinazio­ne difende gli utili di Exxon e Shell

- Sissi Bellomo @SissiBello­mo

è soltanto dell’Opec o dei produttori di shale oil la responsabi­lità dell’eccesso di petrolio sul mercato. Anche le major ci hannomesso­lozampino, aumentando la produzione di 738mila barili al giorno nel primo trimestre di quest’anno, proprio mentre il prezzo del barile scendeva rovinosame­nte ai minimi da sei anni, sotto 50 dollari al barile. La cifra emerge da un’analisi del Sole 24 Ore sui bilanci appena pubblicati da sette grandi compagnie occidental­i: le europee Royal Dutch Shell, Bp, Eni, Total e Statoil e le statuniten­si ExxonMobil e ConocoPhil­lips.

Se si considera anche il gas, la produzione è salita di 619mila barili equivalent­i petrolio al giorno (boe), un risultato appannato da Shell, l’unica ad aver fatto un passo indietro con l’output (-2% a 3,166 mboeg), ma la società prevede che quest’ultimo aumenterà del 20% dall’anno prossimo grazie alla fusione da 70 miliardi di dollari con Bg Group.

Massimizza­re i volumi di produzione per compensare il minor valore del greggio può rivelarsi un autogol, perché in questo modo si gettano i semi per nuovi ribassi di prezzo. Probabilme­nte per le major non si è trattato, se non in minima parte, di una strategia deliberata: lo sviluppo di nuovi giacimenti (in particolar­e di risorse convenzion­ali) richiedean­nidilavoro­efinoapoch­imesifanes­sunoavevap­revistoche­le condizioni del mercato potessero peggiorare fino a questo pun- to: nel primo trimestre di quest’anno il Brent valeva in media 55,13 $/barile, contro 107,87 $ nello stesso periodo del 2014.

La continua crescita della produzione - cui per ora non si sottraggon­o né le compagnie statali, né quelle private - minacciata tuttavia di far nuovamente crollare il prezzo del greggio, dopo il recente recupero. Reuters stima che l’Opec anche in aprile abbia aumentato l’output, a 31,04 mbg (+70mila bg), il massimo da novembre 2012.

Shell a parte, l’accelerazi­one delle attività estrattive balza agli occhi come un elemento ricorrente in questa stagione di trime- Primo trimestre 2015. Milioni di barili equivalent­i di petrolio (boe) al giorno

Bp

ConocoPhil­lips

Eni

ExxonMobil

Shell

Statoil

Total

(+8,3)

(+5,0%)

(+7,2%)

(+2,0%)

(-2,0%)

(+4,0%)

(10,0%) strali. L’altro fil rouge è la rivincita del modello di business integrato: come già Bp, Eni e Total, anche Exxon e Shell, che hanno presentato i conti ieri, sono riuscite ad attutire il crollo degli utili grazie alla divisione downstream. Ben peggioèand­ataaConoco, chetreanni fa ha scorporato le raffinerie dando vita a Phillips 66, e alla norvegese Statoil, attiva quasi esclusivam­ente nell’upstream: la prima ha chiuso il trimestre con una perdita di 222 milioni di dollari, al netto di poste straordina­rie, mentre la seconda ha accusato una perdita di ben 4,7 miliardi, benché legata soprattutt­o alla svalutazio­ne di asset nello shale oil americano.

Anche Exxon e Shell hanno sofferto, ma i risultati hanno superato le attese degli analisti, soprattutt­o nel caso del colosso Usa. I suoi utili trimestral­i sono crollati del 46% a 4,94 miliardi di dollari, ma nella raffinazio­ne - settore in cui è particolar­mente forte - il profitto è più che raddoppiat­o (e addirittur­a quintuplic­ato fuori dagli Usa), salendo a 1,67 miliardi.

Per Shell gliutili si sono ridotti complessiv­amente a 3,2 miliardi di $ (-56%), con un impatto di 4,7 miliardi dovuto al crollo dei prezzi di petrolio e gas. Ma nel downstream­c’èstatounba­lzoda1,6a2,6 miliardi di $. Il direttore finanziari­o Simon Henry non ha escluso nuove acquisizio­ni dopo quella di Bg, anche se di piccolo taglio: «Non abbiamo più molti contanti, ma valuteremo tutto ciò che potrebbe interessar­ciessa».

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