Il Sole 24 Ore

«Provvista» non oltre la relazione

- Vittorio Fortunato Marco Piazza

rimpatrio (fisico o giuridico) delle attività detenute in Paesi black list – una delle opzioni che consentono una sensibile riduzione dei costi fiscali della procedura di voluntary disclosure – fa entrare in gioco gli intermedia­ri italiani (banche e società fiduciarie italiane) che devono aprire, alimentare e gestire i nuovi rapporti acquisti con l’emersione.

Per quanto la circolare 10/E non tratti direttamen­te del ruolo degli intermedia­ri, si possono individuar­e alcuni rilevanti spunti di interesse.

In particolar­e, riguardo l’individuaz­ione del momento dell’apertura del rapporto, il cosiddetto “on-boarding” nel gergo degli intermedia­ri finanziari, la circolare 10/E precisa che: 7 il rimpatrio si considera eseguito nel momento in cui l’intermedia­rio assume in amministra­zione o gestione le attività detenute all’estero; 7 il rimpatrio deve essere fatto entro termini che consentano di tenerne conto ai fini della riduzione delle sanzioni (e dei termini di accertamen­to delle imposte e contestazi­one delle sanzioni); 7 il contribuen­te deve aver cura di informare tempestiva­mente l’ufficio dell’avvenuto rimpatrio.

Un tema dibattuto riguarda la scelta del momento in cui l’intermedia­rio possa aprire il rapporto con il cliente e del momento in cui possa avvenire l’alimentazi­one del rapporto con le attività provenient­i dall’estero. La questione è delicata in quanto l’intemediar­io è tenuto, come il profession­ista, a effetture l’adeguata verifica del cliente che presuppone una serie di indagini non solo sul cliente (attività e situazione economica e patrimonia­le, relazioni d’affari, situazione familiare), ma anche sull’origine dei fondi rimpatriat­i, verifiche, queste, di carattere non solo fiscale. Si tratta di accertamen­ti che l’intermedia­rio dovrà fare indipenden­temente dall’attività del profession­ista, per i quali la fase di reperiment­o delle informazio­ni è, per sua natura, prodromica rispetto a ulteriori fasi operative.

Sotto questo aspetto appare logico che l’intemediar­io apra il rapporto senz’altro dopo il conferimen­to dell’incarico da parte del contribuen­te al profession­ista, ma comunque pri- ma della presentazi­one della richiesta di accesso alla procedura, posto che le informazio­ni sono più efficaceme­nte reperibili e le verifiche rafforzate sull’origine del patrimonio sono meglio strutturat­e e coerenti ove siano attivate già nella fase preparator­ia alla presentazi­one della richiesta di accesso.

L’alimentazi­one del rapporto (rimpatrio in senso proprio) potrebbe avvenire al momento della presentazi­one della richiesta di accesso o anche successiva­mente, ma in prossimità della presentazi­one della relazione illustrati­va da parte del profession­ista, momento in cui sicurament­e saranno state aquisite tutte le informazio­ni necessarie per completare la verifica rafforzata.

Non pare ragionevol­e procastina­re il rimpatrio molto oltre la trasmissio­ne della relazione illustrati­va, sia per motivi pratici (perché fino al momento del rimpatrio il contribuen­te è obbligato a compilare il quadro RW) sia perché, se al momento in cui l’Agenzia notificher­à l’invito al contraddit­torio e l’atto di contestazi­one il contribuen­te non le avrà ancora comunicato l’avvenuto rimpatrio, questi atti non ne potranno tenere conto, anche se l’inconvenie­nte può essere superato trasmetten­do per tempo l’autorizzaz­ione alla banca estera a trasmetter­e, su richiesta, le informazio­ni sul contribuen­te all’Agenzia controfirm­ata dalla banca estera (waiver).

Inoltre, tardando il rimpatrio potrebbe anche accadere che al momento in cui il contribuen­te dovrà aderire all’invito al contraddit­torio e definire l’atto di contestazi­one non vi sia la liquidità necessaria per il versamento delle imposte, interessi e sanzioni.

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