«Provvista» non oltre la relazione
rimpatrio (fisico o giuridico) delle attività detenute in Paesi black list – una delle opzioni che consentono una sensibile riduzione dei costi fiscali della procedura di voluntary disclosure – fa entrare in gioco gli intermediari italiani (banche e società fiduciarie italiane) che devono aprire, alimentare e gestire i nuovi rapporti acquisti con l’emersione.
Per quanto la circolare 10/E non tratti direttamente del ruolo degli intermediari, si possono individuare alcuni rilevanti spunti di interesse.
In particolare, riguardo l’individuazione del momento dell’apertura del rapporto, il cosiddetto “on-boarding” nel gergo degli intermediari finanziari, la circolare 10/E precisa che: 7 il rimpatrio si considera eseguito nel momento in cui l’intermediario assume in amministrazione o gestione le attività detenute all’estero; 7 il rimpatrio deve essere fatto entro termini che consentano di tenerne conto ai fini della riduzione delle sanzioni (e dei termini di accertamento delle imposte e contestazione delle sanzioni); 7 il contribuente deve aver cura di informare tempestivamente l’ufficio dell’avvenuto rimpatrio.
Un tema dibattuto riguarda la scelta del momento in cui l’intermediario possa aprire il rapporto con il cliente e del momento in cui possa avvenire l’alimentazione del rapporto con le attività provenienti dall’estero. La questione è delicata in quanto l’intemediario è tenuto, come il professionista, a effetture l’adeguata verifica del cliente che presuppone una serie di indagini non solo sul cliente (attività e situazione economica e patrimoniale, relazioni d’affari, situazione familiare), ma anche sull’origine dei fondi rimpatriati, verifiche, queste, di carattere non solo fiscale. Si tratta di accertamenti che l’intermediario dovrà fare indipendentemente dall’attività del professionista, per i quali la fase di reperimento delle informazioni è, per sua natura, prodromica rispetto a ulteriori fasi operative.
Sotto questo aspetto appare logico che l’intemediario apra il rapporto senz’altro dopo il conferimento dell’incarico da parte del contribuente al professionista, ma comunque pri- ma della presentazione della richiesta di accesso alla procedura, posto che le informazioni sono più efficacemente reperibili e le verifiche rafforzate sull’origine del patrimonio sono meglio strutturate e coerenti ove siano attivate già nella fase preparatoria alla presentazione della richiesta di accesso.
L’alimentazione del rapporto (rimpatrio in senso proprio) potrebbe avvenire al momento della presentazione della richiesta di accesso o anche successivamente, ma in prossimità della presentazione della relazione illustrativa da parte del professionista, momento in cui sicuramente saranno state aquisite tutte le informazioni necessarie per completare la verifica rafforzata.
Non pare ragionevole procastinare il rimpatrio molto oltre la trasmissione della relazione illustrativa, sia per motivi pratici (perché fino al momento del rimpatrio il contribuente è obbligato a compilare il quadro RW) sia perché, se al momento in cui l’Agenzia notificherà l’invito al contraddittorio e l’atto di contestazione il contribuente non le avrà ancora comunicato l’avvenuto rimpatrio, questi atti non ne potranno tenere conto, anche se l’inconveniente può essere superato trasmettendo per tempo l’autorizzazione alla banca estera a trasmettere, su richiesta, le informazioni sul contribuente all’Agenzia controfirmata dalla banca estera (waiver).
Inoltre, tardando il rimpatrio potrebbe anche accadere che al momento in cui il contribuente dovrà aderire all’invito al contraddittorio e definire l’atto di contestazione non vi sia la liquidità necessaria per il versamento delle imposte, interessi e sanzioni.