Per il dolo eventuale occorrono prove certe
caso di un incidente stradale mortale, configurare il dolo eventuale è praticamente impossibile: la Cassazione, nella sentenza 18220/2015 depositata ieri, fissa paletti da apparire proibitivi: secondo i giudici della Prima sezione penale, non basta né ricostruire la personalità dell’imputato né dimostrare che la sua condotta è stata particolarmente temeraria. Occorrerebbero invece elementi che leghino in maniera diretta e inequivocabile la condotta con l’accettazione del rischio di uccidere qualcuno. Prove che normalmente non si riesce ad acquisire nell’indagine su un incidente stradale, per cui l’unico modo per arrivare a pene più severe per i comportamenti più pericolosi è istituire il reato specifico di omicidio stradale (si veda anche Il Sole 24 Ore del 13 marzo), ora in discussione al Senato.
Questa conclusione è giustificata dal fatto che la sentenza di ieri era riferita a un caso su cui le indagini erano state molto approfondite, anche per il risalto che ha avuto nelle cronache: si trattava di quattro ragazzi francesi uccisi da un imprenditore, Ilir Beti, che guidava ubriaco e contromano sull’A26. A Beti era stato attribuito il dolo eventuale sia in primo sia in secondo grado, ma il vaglio della Cassazione è molto rigoroso sul punto che differenzia questa figura giurisprudenziale rispetto a quella della colpa cosciente (contigua al dolo eventuale perché ha in comune la previsione di un possibileesito mortale): l’accettazione del rischio di uccidere.
La Prima sezione insiste particolarmente sulla necessità di dimostrare in modo diretto ed ine- quivocabile che, se in partenza avesse avuto certezza delle conseguenze della propria condotta, l’imputato avrebbe scelto di agire lo stesso nel modo in cui ha poi effettivamente agito (principio noto come «formula di Frank»). Secondo la Cassazione, invece, la sentenza di appello si limitava ad affermare «in modo assertivo» chel’imputatoaveva «precisacoscienza e volontà di procedere contromano»: non è stato ritenuto sufficiente che il contromano sia durato almeno 11 minuti, come dimostrato dalle indagini.
Né è bastato ricostruire lo stato di animo di un Beti desideroso di rivalsa dopo essere stato allontanato da una discoteca sotto gli occhidellaragazzacheloaccompagnava e quindi disposto a tutto: la Cassazione non trova un nesso, perché al momento dell’incidente la ragazza era sì a bordo, ma dormiva. In appello lo stato d’animo di Beti era stato legato anche all’esibizionismo, per voler mostrare la propria abilità di guida schivando all’ultimo momento i veicoli che si trovava di fronte; ma per la Cassazione l’unica cosa certa è che che le indagini hanno dimostrato che Beti a un certo punto aveva ripreso l’autostrada contromano, non hanno detto (né potevano ragionevolmente farlo, in assenza di testimoni o di registrazioni audio o video nell’abitacolo, ndr) che cosa avesse in testa in quel momento. Dunque, c’èun’analisi «meramente congetturale del suo comportamento».
Ma non è ancora tutto: la difesa di Beti aveva sollevato anche l’altro problema tipico di questi casi, cioèlostatodiebbrezza. Cheincide sulla volontà del guidatore, rendendo ancora più difficile configurarla come volta ad accettare il rischio di uccidere. Ma questoproblemanonèstatoaffrontato nella sentenza di appello. La Cassazione, quindi, non vi trova la «residua, anche se sfocata rispetto a quella netta del dolo diretto, presenza dell’elemento volitivo», che distingue il dolo eventuale dalla colpa cosciente.
LE CONSEGUENZE Difficile dimostrare l’accettazione del rischio di morte: l’unica via per sanzioni più severe è varare l’omicidio stradale