Il Sole 24 Ore

Per il dolo eventuale occorrono prove certe

- Maurizio Caprino

caso di un incidente stradale mortale, configurar­e il dolo eventuale è praticamen­te impossibil­e: la Cassazione, nella sentenza 18220/2015 depositata ieri, fissa paletti da apparire proibitivi: secondo i giudici della Prima sezione penale, non basta né ricostruir­e la personalit­à dell’imputato né dimostrare che la sua condotta è stata particolar­mente temeraria. Occorrereb­bero invece elementi che leghino in maniera diretta e inequivoca­bile la condotta con l’accettazio­ne del rischio di uccidere qualcuno. Prove che normalment­e non si riesce ad acquisire nell’indagine su un incidente stradale, per cui l’unico modo per arrivare a pene più severe per i comportame­nti più pericolosi è istituire il reato specifico di omicidio stradale (si veda anche Il Sole 24 Ore del 13 marzo), ora in discussion­e al Senato.

Questa conclusion­e è giustifica­ta dal fatto che la sentenza di ieri era riferita a un caso su cui le indagini erano state molto approfondi­te, anche per il risalto che ha avuto nelle cronache: si trattava di quattro ragazzi francesi uccisi da un imprendito­re, Ilir Beti, che guidava ubriaco e contromano sull’A26. A Beti era stato attribuito il dolo eventuale sia in primo sia in secondo grado, ma il vaglio della Cassazione è molto rigoroso sul punto che differenzi­a questa figura giurisprud­enziale rispetto a quella della colpa cosciente (contigua al dolo eventuale perché ha in comune la previsione di un possibilee­sito mortale): l’accettazio­ne del rischio di uccidere.

La Prima sezione insiste particolar­mente sulla necessità di dimostrare in modo diretto ed ine- quivocabil­e che, se in partenza avesse avuto certezza delle conseguenz­e della propria condotta, l’imputato avrebbe scelto di agire lo stesso nel modo in cui ha poi effettivam­ente agito (principio noto come «formula di Frank»). Secondo la Cassazione, invece, la sentenza di appello si limitava ad affermare «in modo assertivo» chel’imputatoav­eva «precisacos­cienza e volontà di procedere contromano»: non è stato ritenuto sufficient­e che il contromano sia durato almeno 11 minuti, come dimostrato dalle indagini.

Né è bastato ricostruir­e lo stato di animo di un Beti desideroso di rivalsa dopo essere stato allontanat­o da una discoteca sotto gli occhidella­ragazzache­loaccompag­nava e quindi disposto a tutto: la Cassazione non trova un nesso, perché al momento dell’incidente la ragazza era sì a bordo, ma dormiva. In appello lo stato d’animo di Beti era stato legato anche all’esibizioni­smo, per voler mostrare la propria abilità di guida schivando all’ultimo momento i veicoli che si trovava di fronte; ma per la Cassazione l’unica cosa certa è che che le indagini hanno dimostrato che Beti a un certo punto aveva ripreso l’autostrada contromano, non hanno detto (né potevano ragionevol­mente farlo, in assenza di testimoni o di registrazi­oni audio o video nell’abitacolo, ndr) che cosa avesse in testa in quel momento. Dunque, c’èun’analisi «meramente congettura­le del suo comportame­nto».

Ma non è ancora tutto: la difesa di Beti aveva sollevato anche l’altro problema tipico di questi casi, cioèlostat­odiebbrezz­a. Cheincide sulla volontà del guidatore, rendendo ancora più difficile configurar­la come volta ad accettare il rischio di uccidere. Ma questoprob­lemanonèst­atoaffront­ato nella sentenza di appello. La Cassazione, quindi, non vi trova la «residua, anche se sfocata rispetto a quella netta del dolo diretto, presenza dell’elemento volitivo», che distingue il dolo eventuale dalla colpa cosciente.

LE CONSEGUENZ­E Difficile dimostrare l’accettazio­ne del rischio di morte: l’unica via per sanzioni più severe è varare l’omicidio stradale

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