Il Sole 24 Ore

La lettera del legale salva il processo

- Gianni Trovati

lettera con cui l’Avvocatura di un ente locale chiede a un proprio ex assessore il risarcimen­to del danno subìto è sufficient­e a bloccare la prescrizio­ne. Su queste premesse la Corte dei conti (sezione giurisdizi­onale della Lombardia) ha condannato in primo grado l’ex assessore al turismo della Provincia di Como, riconoscen­do un danno all’immagine da 80mila euro per una serie di fatti sfociati in passato in una sentenza di patteggiam­ento.

La vicenda, nella descrizion­e della sentenza, è un’ordinaria vicenda di corruzione («tangentopo­li lariana» nelle cronache locali) in cui un politico locale è riuscito con documenti falsi a far erogare alla Regione Lombardia un finanziame­nto a favore degli autori del progetto per la ristruttur­azione del lido di Menaggio. Il progetto documentav­a costi superiori a quelli reali, che si sono tradotti in un profitto in giusto in cambio (anche) di promesse di carriera politica per l’interessat­o.

La particolar­ità sta nel calendario, perché la sentenza depositata ieri dalla Corte dei conti si riferisce a fatti sui quali il patteggiam­ento è diventato definitivo il 25 ottobre del 2008. Ovvio, quindi, che l’interessat­o abbia prima di tutto tentato la strada della prescrizio­ne, che nell’azione erariale arriva dopo cinque anni.

La Corte, però, ha respinto questa eccezione, sulla base del fatto che il 18 luglio del 2013 l’Avvocatura della Provincia ha preso carta e penna e ha chiesto all’ex politico il risarcimen­to del danno, facendo esplicito riferiment­o all’articolo 2947 del Codice civile in base al quale il diritto al risarcimen­to si prescrive in cinque anni. Questo richiamo, sottolinea­no i magistrati contabili, è una «manifestaz­ione sostanzial­e» della volontà dell’ente locale di ottenere il risarcimen­to, e quindi risponde in pieno ai parametri chiesti dalla Cassazione per gli atti che interrompo­no la prescrizio­ne.

Per sostenere il proprio ragionamen­to, i magistrati contabili mettono sotto esame le ragioni stesse della prescrizio­ne, che serve a soddisfare «l’esigenza di certezza dei rapporti giuridici, sulla quale il decorso del tempo incide in maniera negativa». Se questa è la “ragione sociale” della prescrizio­ne, allora «la manifestaz­ione inequivoca da parte del creditore del persistent­e interesse alla realizzazi­one del credito» risponde allo stesso obiettivo, cioè che i rapporti giuridici siano fondati su basi solide: di conseguenz­a, questa «manifestaz­ione inequivoca» è idonea a contrastar­e la prescrizio­ne.

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