La lettera del legale salva il processo
lettera con cui l’Avvocatura di un ente locale chiede a un proprio ex assessore il risarcimento del danno subìto è sufficiente a bloccare la prescrizione. Su queste premesse la Corte dei conti (sezione giurisdizionale della Lombardia) ha condannato in primo grado l’ex assessore al turismo della Provincia di Como, riconoscendo un danno all’immagine da 80mila euro per una serie di fatti sfociati in passato in una sentenza di patteggiamento.
La vicenda, nella descrizione della sentenza, è un’ordinaria vicenda di corruzione («tangentopoli lariana» nelle cronache locali) in cui un politico locale è riuscito con documenti falsi a far erogare alla Regione Lombardia un finanziamento a favore degli autori del progetto per la ristrutturazione del lido di Menaggio. Il progetto documentava costi superiori a quelli reali, che si sono tradotti in un profitto in giusto in cambio (anche) di promesse di carriera politica per l’interessato.
La particolarità sta nel calendario, perché la sentenza depositata ieri dalla Corte dei conti si riferisce a fatti sui quali il patteggiamento è diventato definitivo il 25 ottobre del 2008. Ovvio, quindi, che l’interessato abbia prima di tutto tentato la strada della prescrizione, che nell’azione erariale arriva dopo cinque anni.
La Corte, però, ha respinto questa eccezione, sulla base del fatto che il 18 luglio del 2013 l’Avvocatura della Provincia ha preso carta e penna e ha chiesto all’ex politico il risarcimento del danno, facendo esplicito riferimento all’articolo 2947 del Codice civile in base al quale il diritto al risarcimento si prescrive in cinque anni. Questo richiamo, sottolineano i magistrati contabili, è una «manifestazione sostanziale» della volontà dell’ente locale di ottenere il risarcimento, e quindi risponde in pieno ai parametri chiesti dalla Cassazione per gli atti che interrompono la prescrizione.
Per sostenere il proprio ragionamento, i magistrati contabili mettono sotto esame le ragioni stesse della prescrizione, che serve a soddisfare «l’esigenza di certezza dei rapporti giuridici, sulla quale il decorso del tempo incide in maniera negativa». Se questa è la “ragione sociale” della prescrizione, allora «la manifestazione inequivoca da parte del creditore del persistente interesse alla realizzazione del credito» risponde allo stesso obiettivo, cioè che i rapporti giuridici siano fondati su basi solide: di conseguenza, questa «manifestazione inequivoca» è idonea a contrastare la prescrizione.