Ma il rischio potrebbe diventare la durata
conclusioni cui giunge l’Avvocato generale nella questione promossa dal Tribunale di Cuneo fanno emergere un problema obiettivo rappresentato dalla difficoltà, almeno fino al 2011, di poter concludere procedimenti penali per reati tributari prima dello spirare dei termini prescrizionali.
Il giudice rimettente ha evidenziato la verosimile impossibilità per questo ed altri processi analoghi di giungere ad una con- danna nei termini prescrizionali, in quanto il nostro ordinamento non prevede la sospensione della prescrizione durante il processo. Trattandosi di Iva sono in gioco interessi finanziari Ue, e quindi l’Avvocato generale ritiene che il giudice nazionale possa disapplicare in questi casi la norma sulla prescrizione. Tali conclusioni suscitano qualche riflessione.
Innanzitutto occorre sottolineare che sotto il profilo del recupero dell’imposta non vi è alcun problema: il processo tributario, del tutto autonomo e indipendente da quello penale, non si prescrive e quindi una volta notificati gli atti impositivi, nessun rischio corrono le casse comunitarie per il trascorrere del tempo.
La questione invece si pone sull’eventuale condanna ai fini penali di coloro che avrebbero commesso i reati. Fino al 17 settembre 2011 i reati tributari così come per gli altri delitti comuni di pari gravità, si prescrivevano in 6 anni e, in caso di interruzione (ad es. PVC o accertamento) in 7 anni e 6 mesi. Dal 17 settembre 2011 sono stati previsti termini prescrizionali ad hoc per buona parte delle violazioni penali tributarie di 8 anni e, in caso di interruzione, 10.
È verosimile che per i reati commessi dopo tale data problemi legati al tempo non dovrebbero essercene. Le questioni in discussione dovrebbero così riguardare il passato. Tuttavia le conclusioni dell’Avvocato generale devono comunque far riflettere perché egli ritiene che la nor- ma sulla prescrizione possa essere disapplicata dai giudici nazionali per i procedimenti pendenti.
Se la tesi fosse condivisa dai giudici comunitari, probabilmente si determinerebbero più problemi di quelli che apparentemente una simile interpretazione potrebbe risolvere. Occorre ricordare che per la lunga durata del processo il nostro Paese è stato spesso condannato a risarcire gli imputati. Da un lato, quindi, vi sarebbe la possibilità di portare avanti senza prescrizione il procedimento e dall’altro si correrebbe il rischio di una condanna perché esso è stato fin troppo lungo. Poi andrebbero valutate le ragioni per le quali il processo è durato così a lungo: se cioè sia la conseguenza della lungaggine delle indagini (molto tecniche per il tipo di reato perseguito), per mancanza di risorse negli uffici giudiziari, o ancora per errori degli uffici giudiziari stessi (errori sulla competenza per territorio, ecc). Appare evidente allora che piuttosto che disapplicare i termini prescrizionali occorrerebbe dotare, ove necessario, delle risorse logistiche e di personale gli uffici giudiziari affinchè siano messi nelle oggettive condizioni di portare a termine i procedimenti in tempi ragionevoli.