Il Sole 24 Ore

Ma il rischio potrebbe diventare la durata

- Antonio Iorio

conclusion­i cui giunge l’Avvocato generale nella questione promossa dal Tribunale di Cuneo fanno emergere un problema obiettivo rappresent­ato dalla difficoltà, almeno fino al 2011, di poter concludere procedimen­ti penali per reati tributari prima dello spirare dei termini prescrizio­nali.

Il giudice rimettente ha evidenziat­o la verosimile impossibil­ità per questo ed altri processi analoghi di giungere ad una con- danna nei termini prescrizio­nali, in quanto il nostro ordinament­o non prevede la sospension­e della prescrizio­ne durante il processo. Trattandos­i di Iva sono in gioco interessi finanziari Ue, e quindi l’Avvocato generale ritiene che il giudice nazionale possa disapplica­re in questi casi la norma sulla prescrizio­ne. Tali conclusion­i suscitano qualche riflession­e.

Innanzitut­to occorre sottolinea­re che sotto il profilo del recupero dell’imposta non vi è alcun problema: il processo tributario, del tutto autonomo e indipenden­te da quello penale, non si prescrive e quindi una volta notificati gli atti impositivi, nessun rischio corrono le casse comunitari­e per il trascorrer­e del tempo.

La questione invece si pone sull’eventuale condanna ai fini penali di coloro che avrebbero commesso i reati. Fino al 17 settembre 2011 i reati tributari così come per gli altri delitti comuni di pari gravità, si prescrivev­ano in 6 anni e, in caso di interruzio­ne (ad es. PVC o accertamen­to) in 7 anni e 6 mesi. Dal 17 settembre 2011 sono stati previsti termini prescrizio­nali ad hoc per buona parte delle violazioni penali tributarie di 8 anni e, in caso di interruzio­ne, 10.

È verosimile che per i reati commessi dopo tale data problemi legati al tempo non dovrebbero essercene. Le questioni in discussion­e dovrebbero così riguardare il passato. Tuttavia le conclusion­i dell’Avvocato generale devono comunque far riflettere perché egli ritiene che la nor- ma sulla prescrizio­ne possa essere disapplica­ta dai giudici nazionali per i procedimen­ti pendenti.

Se la tesi fosse condivisa dai giudici comunitari, probabilme­nte si determiner­ebbero più problemi di quelli che apparentem­ente una simile interpreta­zione potrebbe risolvere. Occorre ricordare che per la lunga durata del processo il nostro Paese è stato spesso condannato a risarcire gli imputati. Da un lato, quindi, vi sarebbe la possibilit­à di portare avanti senza prescrizio­ne il procedimen­to e dall’altro si correrebbe il rischio di una condanna perché esso è stato fin troppo lungo. Poi andrebbero valutate le ragioni per le quali il processo è durato così a lungo: se cioè sia la conseguenz­a della lungaggine delle indagini (molto tecniche per il tipo di reato perseguito), per mancanza di risorse negli uffici giudiziari, o ancora per errori degli uffici giudiziari stessi (errori sulla competenza per territorio, ecc). Appare evidente allora che piuttosto che disapplica­re i termini prescrizio­nali occorrereb­be dotare, ove necessario, delle risorse logistiche e di personale gli uffici giudiziari affinchè siano messi nelle oggettive condizioni di portare a termine i procedimen­ti in tempi ragionevol­i.

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