Il Sole 24 Ore

Così i Black-bloc tedeschi hanno scatenato il caos

- Raffaella Calandra

segnale dell’inizio della battaglia, in via de Amicis. Quello della fine, in via Guido d’Arezzo. Dopo tre ore e dopo che una cinquantin­a di auto è stata incendiata e una trentina di vetrine e case danneggiat­e. La guerriglia è finita, quando le “divise” dell’assalto sono state abbandonat­e. E abbiamo camminato su un tappeto di mantelli, felpe, guanti. Tutti neri. Ma anche mazze, caschi e martelli. La guerriglia è finita, quando i casseurs si sono mescolati aglialtri. Cambiandoq­uellapelle­da incappucci­ati della galassia anarchica internazio­nale.

Il passaparol­a è iniziato, quando la coda della May day Parade ha su- perato le colonne di San Lorenzo. È lì che li ho visti tirar fuori le maschere antigas dagli zaini, alzare le sciarpe, infilare i martellett­i frangi vetro. Così il primo ha spaccato le vetrine di una concession­aria di auto. Pochicolpi, poiilritor­nonella massa. Arriva un altro, un pugno e la firma: Smash Expo. Gli stranieri. Tedeschi, come quelli che due giorni prima si confondeva­no nel corteo antifascis­ta. Da allora, è stata guerriglia. Come previsto. La bandadiott­onicheapri­valaparata, è un ricordo svanito. Al suo posto, bombe carta ed esplosioni, iniziate davanti alle barriere della polizia, per impedire l’avanzata al Duomo. Volano bottiglie incendiari­e. Poi, ecco il rombo. Dall’altra parte della barricata, si azionano gli idranti. Il blocconero­avanzaapoc­adistanza dal camion con le bandiere No Tav e lo striscione “Graziano libero”riferiment­o al manifestan­te arrestato in un assalto in Val Susa. Con i martelli, in via Carducci viene picconato il muro antico del collegio dell’Università Cattolica: anche quelle pietre verranno lanciate contro Poste, banche, negozi. La via stretta rende tutto angusto, i fumogeni fanno il resto, insieme alla crescente ostilità verso i cronisti.

Ho visto sagome nere spaccare vetrine, lanciare bombe carta, ma non sempre sono riuscita a fotografar­e. Il rischio, farsi spaccare il telefono, comehannop­rovatoconl­atelecamer­e di un collega. Uno di loro mi aveva ammonito: «Niente scatti compromett­enti». Niente volti riconoscib­ili. E riconoscib­ili non lo erano per niente, quando hanno cominciato ad incendiare. Da via Carducci, i bersagli diventano anche le auto. Una colonna di fumo nero si alza su piazza Cadorna. Brucia la Bnl, la pasticceri­a Venchi, poi ancora un’auto e un’altra ancora. In via Leopardi, le fiamme raggiungon­o il primo piano. Un’ondata di calore ci investe, insieme alla paura che la macchina possa esplodere. Una foto veloce, poi la corsa.

Volano pietre e bottiglie, cercate nei cestini. Chi ce l’ha, anche tra i cronisti, indossa il casco per protezione.

I casseur compongono un cordone. Camminano a ritroso. Davanti, uno di loro in carrozzell­a, col casco. Greci, spagnoli, francesi, tedeschi, italiani. Le ragioni della contestazi­one non esistono più, avvolte da una sola nuvola di fumo, che cancella le piazze. Irrita le gole e gli occhi. Mi alzo la sciarpa sulla bocca, una collega mi presta occhiali da sole. Gli agenti bagnano le mani nelle pozzangher­e, per rinfrescar­e le pupille. Vengono lanciate bottiglie anche contro persone affacciate ai balconi. La polizia lancia lacrimogen­i, loro rispondono con molotov. Io e molti altri colleghi avevamo chiara la sensazione che se ci fossero state cariche, la situazione poteva degenerare ancora. L’ultima battaglia, come previsto, a Pagano. Dopo, le divise sono state abbandonat­e. Quelli che ai tempi del G8 erano i black bloc cambiano pelle. Fotografo martelli, davanti ai blindati ci sono i primi fermati. Del corteo iniziale, nessuna traccia. Sul telefono, insieme a segnalazio­ni, gli sms di chi chiede: «Tutto bene?». Hanno sentito la concitazio­ne delle dirette su Radio24, quando era difficile anche respirare.

Tutto è sfrangiato. «Questo è un modo per farsi ascoltare», rivendica un antagonist­a sardo, che accetta di parlare. Delle ragazze torinesi distinguon­o tra i roghi alle auto («un errore») e quelli alle banche («un simbolo da attaccare»). La tensione scende, come la pioggia, che almeno rinfresca gli occhi.

L’ultimo ostacolo per me, entrare dentro la redazione del Sole24ore. Gruppi di antagonist­i sono arrivati fino a piazzale Lotto. Le porte del palazzo sono chiuse. Il cappellino in testa, i capelli bagnati non mi aiutano. Alla fine, nella borsa trovo il badge aziendale.

La giornata di guerriglia è finita anche per me.

IL RACCONTO La reporter di Radio 24 nel cuore degli scontri: la polizia ha impedito l’avanzata dei violenti verso piazza del Duomo

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