Acqua, cibo, Dio: le parole universali che sanno incantare
Insieme ai visitatori all’interno dei padiglioni tra stupore, entusiasmo e ammirazione
Il marito: «Andiamo in Corea?». Elamoglie,strattonandoiduefigliadolescenticonl’ariaspaesata: «No, no, andiamo in Vietnam». Ladomandachesileggenegliocchi dei due ragazzi è la stessa del cronista: siamo a Rho o in Asia? Piccole scene di vita quotidiana sotto i tendoni di Expo 2015. Prima di tutto bisognaarrivarci.LametròdaCadorna, linearossa, èpiuttostorapida: 30 minuti di orologio. Il biglietto costa 2.50 euro invece degli ordinari 1.50. Da Pero in avanti, una fermata prima dell’Expo, scatta la tariffa extraurbana. All’uscita della metropolitana tre uomini della protezione civile di Brescia, gruppo cinofilo, indicano la direzione dell’Expo che introduce a due tapis roulant.
All’uscitacisono35varchiperchi arriva con l’underground, né più né meno i controlli che si svolgono in tutti gli aeroporti del mondo: biglietto, oggetti personali dentro il tunnel e visitatori ai raggi X. Alle 11.50nonc’ècoda, maAlessandrina, una delle addette ai controlli («ho lavorato in Fiera per nove anni, poi sono andata via e sono rimasta senza soldi. Questo lavoro è la manna dal cielo») ammette che alle 10, l’orario di apertura, l’attesa oscillavadai40minutiaun’ora.Superatoil varcosiattraversauntunnelbianco di acciaio simile a un parallelepipedo. Ci sono ragazzi in gruppo, coppiesullatrentinaeanziani.Tantiitaliani, ma anche francesi e asiatici. Allafinedeltunnelc’èunalpinocon cappello d’ordinanza. Inutile rivolgergli domande: «Abbiamo l’ordine di non parlare», dice. Dietro si spalanca il padiglione zero, successionedipiramidiconilverticemozzato. Titolo immaginifico: divinus halitus terrae.
Unaguardiagiuratainblazerblu e pantaloni grigi – la divisa d’ordinanza di tutti i dipendenti Ivri – ferma un gruppo di trenta persone. Ci sonoquattrogruppiperogniaddetto. Si deve aspettare che il padiglione si alleggerisca dei visitatori che sono all’interno. «Cinque minuti», rassicuralaguardiagiurata.Alsettimo minuto una signora con felpa arancioneecapellibiondialzalavoce: «Se ci fanno aspettare adesso, che accadrà quando arriveranno in migliaia, li soppalcheranno?». Finalmente si entra: c’è una libreria immensa con centinaia di cassetti, ma tutti si lanciano sulla sequoia che svetta oltre il soffitto: alcuni bambini inciampano sul cornicione che la circonda come un’aiuola e Claudio, la guardia giurata, urla ai volontari: «Bloccate i bambini o prima o poi qualcuno si farà male».
Alladomandasulmaterialedella sequoia, Claudio ha la risposta pronta: «Resine sintetiche e una miscela di semi carbonato». E la libreria con i suoi cassetti? «È una metafora della memoria. I cassetti chiusi simboleggiano quello che rimuoviamo». Claudio supera l’esameeammetteanchediparlare“leggermente” inglese.
Più avanti un suo collega sicilianobloccaquellichevoglionouscire prima di aver completato il percorso: «Questo padiglione è come un sensounico:chientradevearrivare fino in fondo», dice ad alta voce. Si esce all’aperto con il sole che acceca. Ilpadiglionedell’Angolaèpreso d’assalto. Così come quello thailandese. Ci rifugiamo in quello coreano, accolti da ragazze sorridenti vestite di bianco e nero. All’interno, unasequenzaditecnichealimentari coreane, prima tra tutte la fermentazione.
Di fronte c’è il padiglione di Eataly, la creatura di Oscar Farinetti per l’occasione in partnership con VittorioSgarbi.Icavallidibronzodi Francesco Messina – lo scultore siciliano autore del cavallo della Rai diviaTeulada–dannoilbenvenuto. Un po’ seminascosta c’è una stele alta 30 metri e pesante cinque tonnellate:èlamacchinadiSantaRosa, la patrona di Viterbo, un’idea di Sgarbi, neanche a dirlo, che produceuneffettoscenograficodigrande impatto. Al primo piano c’è la mostra Tesori d’Italia, con 100 opere rastrellate in giro per l’Italia. La portad’ingressoèsbarrata. Unragazzo informacheapriràil15maggio. Dalla stessa porta, 5 minuti dopo, si materializzaOscarFarinetti:«Sgarbisi è preso qualche giorno in più. Non dimenticatecheneinostriristoranti sono sparse altre 200 opere d’arte». Tra le quali, una versione vegana della donna-sirena trasformata nelladonna-carota,distesaaccanto ai tavoli assediati da ospiti affamati.
Poco più in là, il Kazakhistan festeggia l’Expo con tre ballerine che mimano il volo di una farfalla allungando le braccia dietro il bacino e fluttuando nell’aria le dita delle mani. Indossano costumi azzurri con un cappello dello stesso colore e un pennacchio giallo. Sui cubi di legno trasformati in sedili si raccolgono decine di persone che con gli smartphone scattano foto a raffica. È un’Expo al femminile, con statue di donne,donneincarneedossa,stuo- li di hostess e volontarie. Al padiglione israeliano la guida virtuale è l’attrice Moran Attias. È lei a sintetizzare per immagini il sofisticato sistema agricolo israeliano: «montagneinnevateemaritropicaliinun territorio grande da Milano ad Ancona, l’unico Paese al mondo ad averaccresciutolasuapopolazione dialberinelventesimosecolo»,racconta con un sorriso.
Sonole14. Lecolonnedellecasse acustiche che sormontano l’albero della vita sparano “Napule è” di Pino Daniele. Un brivido corre lungo laschiena.Lefontaned’acquadellago nel quale è immerso l’albero di Balich seguono il ritmo del basso di Pino. Tre bambini cinesi si accovacciano per terra e ammirano ipnotizzati lo spettacolo. Accanto c’è il padiglione italiano. Coda di 15 minuti, con un ragazzo toscano che ammiralastrutturadivetroeacciaio:«Comesifaanonvedereunacosa del genere se sei italiano?». Impossibilenonsottoscrivere.Siparte conlebiografieraccontatedallavoce di 22 idealtipi del genio italico. L’apicoltore-inventore, il marinaio-navigatore, l’agricoltore-ricercatore,l’alchimistadeifrantoi.Poi21 schermi raccontano le tragedie italiane, dal Vajoint alla terra dei fuochi: basta roghi, basta veleni, basta monnezza,scandisconoleimmagini.Pochipassi.Sientrainunascatola foderata di specchi con un maxischermosulqualescorronoiricami delle opere architettoniche e archeologiche più belle d’Italia. L’effetto scenico degli specchi, la qualitàdellafotografiaelacolonnasonoratrailgoticoeilgregorianopietrifica gli spettori. Forme di una bellezza commovente. Qualcuno sdrammatizza e cerca di indovinare i luoghi delle fotografie: Assisi, Modica, Pisa, Lucca, Modica, Segesta, Selinunte, Paestum. Impossibile resistere a tanta bellezza.
Meglio fuggire in Russia, una navicella spaziale con una prua di specchi. Uscendo una ragazza sbircia il padiglione dell’Oman. Ci sono innumerevoli modi per parlare di cibo. Il Vaticano sceglie un quadro del Tintoretto esposto alla chiesa di San Trovaso a Venezia. L’ultima cena. Il pensiero va ai nepalesicolpitidalsisma: unapagoda con i tetti d’oro e la base circondata dal nastro bianco e rosso dei lavori in corso. Gli operai sono tornati a casa. L’ingresso è presidiato da un artigianonepaleseaterra:scalpella un pezzo di legno da cui ricaverà il volto di un Budda. Davanti un box diplexiglasperledonazioniafavore dei terremotati. Sotto il dipinto di Tintoretto tre parole universali. Acqua. Cibo. Dio. A Kathmandu come nel resto del pianeta.
IN GIRO PER IL MONDO Dalla Russia al Kazakhistan, da Israele all’Oman, dall’Italia all’Angola, dal Giappone al Nepal, dove un artigiano scalpella il volto di un Budda