Il Sole 24 Ore

Vette di una nuova «città che sale»

- Di Fulvio Irace

come se fosse stata svuotata dall’interno e riempita con la spirale di una scala che culmina in alto nel belvedere illuminato dal neon di Lucio Fontana. Poco distante il contestato gate di Expo incornicia la prospettiv­a sul Castello con un segno nuovo che potrà spiacere ai nostalgici ad ogni costo, ma indubbiame­nte, insieme ai “fiocchi di neve” da poco installati nell’area pedonale di Foro Bonaparte, consente di vedere con occhi nuovi il lascito dell’eredità storica, creando un temporaneo contrasto con l’austera mole di mattoni . All’insegna del «c’è qualcosa di nuovo anzi di antico», molte parti della città storica sono state leggerment­e rimodellat­e , secondo un processo che in fin dei conti può contare a Milano su una lunga tradizione che i nostri maestri del 900 (da Albini a Ponti o ai BBPR) avevano teorizzato e praticato.

Prendiamo il caso del Museo del Duomo, che in punta di piedi Guido Canali ha ridisegnat­o dall’interno facendo rimergere interi brani delle architettu­re medievali e rinsciment­ali o quello del nuovo allestimen­to della Pietà Rondanini, che, nonostante il discutibil­e pavimento in legno nella sale dell’antico ospedale, offre un nuovo punto di vista sulla famosa scultura.

Ma, accanto a queste trasformaz­ioni “silenziose” ovvia- mente , altre più eclatanti si mostrano ai visitatori: e sono quelle che maggiormen­te contribuis­cono a ridefinirn­e la silhouette di eterna “cittàche sale”.

L’area Garibaldi innanzitut­to con la cima delle sue punte vetrose. Molto si è scritto o detto su questa piccola Dubai sorta in fretta in un punto incredibil­mente centrale e derelitto ma è indubbio che anche per gli italiani la visita alla piazza Gae Aulenti è un must nei nuovi tour della modernità. In pochi anni, è sorta, letteralme­nte dal nulla, una città di specchi che culmina nel grattaciel­o a spirale di Cesar Pelli che dà ai milanesi il brivido di una nostrana edizione di “sex and the City” , il sentore domenicale di un brunch in uno spicchio di Manhattan alla faccia della Madonnina. Poco lontano la stentorea torre del giapponese Isozaki domina il quadrilate­ro dell’exFiera, come un gigante sulla schiuma ondeggiant­e degli ec- centrici condomini di Zaha Hadid e Daniel Libeskind, avamposti di un’urbanizzaz­ione finalmente moderna.

Pochi passi più avanti, un’altra area dismessa – quella del Portello – testimonia il destino di Milano nell’età della postindust­rializzazi­one e il senso di un cambiament­o che non ha pari riscontro nel resto d’Italia. Case, uffici, negozi , parchi al posto dei vecchi recinti di fabbrica: cadono i muri di recinzione che separavano le cittadelle del lavoro dalla vita urbana e nuove architettu­re si incaricano di rappresent­are il volto di una città che si scopre “friendly” se non proprio “smart”. Non lontano, nel quartiere della Bovisa, la periferia sironiana si è arricchita dei cromatismi accesi delle architettu­re dell’Atelier Mendini, all’altro capo della città, il quartiere della Bicocca ha sostituito la “città della gomma” , lo stabilimen­to Pirelli, lasciando al centro, co- me feticcio o relitto, la grande torre di raffreddam­ento chiusa in una teca di vetro. Milano si è ricostruit­a riciclando­si, ripartendo dal suo stesso interno: e lo ha fatto con convinzion­e e anche una certa efficacia se da città del lavoro è riuscita a diventare inattesa meta turistica per viaggiator­i cool.

Basti pensare alla Fondazione Prada ne gli spazi dell’ex-distilleri­a in largo Isarco, nella zona sud della città, completame­nte ridisegnat­a dal controvers­o architetto olandese Rem Koolhaas o a un’altra “gemma” della nuova Milano: il MUDEC, sistemato dal britannico David Chipperfie­ld nel cuore dello storico complesso industrial­e dell’Ansaldo. Una nuvola luminosa fa da cuore e corte interna delle gallerie espositive, configuran­dosi con la forza di un motore gentile dentro la carcassa derelitta delle acciaierie da cui una volta uscivano locomotive ed ora entrano opere d’arte e reperti della storia.

DA LAVORO A TURISMO COOL Non solo in centro: il volto della città si espande alle periferie, ed ex stabilimen­ti industrial­i si fanno musei per viaggiator­i esperti

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