Il Sole 24 Ore

Pensioni, recuperi a partire da 4.700 euro

La somma nel caso di assegni pari a quattro volte il minimo - Perdite sopra 10mila euro per i trattament­i più alti

- Fabio Venanzi

che potranno andare dai 4.700 euro circa per pensionati con assegni che valgono fino a quattro volte il minimo a più di 10mila euro per pensionati con assegni che valgono dieci volte il trattament­o minimo. Questo il conto che dovrà fronteggia­re l’Erario e che dovranno incassare i pensionati sopo la sentenza della Corte costituzio­nale che ha dichiarato l’illegittim­ità del mancato ade- guamento all’inflazione per il biennio 2012-2013. Con un effetto a cascata: i recuperi degli anni 2012 e 2013, infatti, andranno ad alimentare gli incassi dei pensionati per gli anni successivi.

Gli effetti della sentenza della Corte costituzio­nale 70/2015 dovrebbero far rivivere (questa, almeno, è l’ipotesi che si assume nelle simulazion­i riportate in questa pagina) le modalità perequativ­e che erano previste dall’articolo 69 della legge 388/2000.

In occasione delle leggi finanziari­e/stabilità, il legislator­e ha modificato varie volte i criteri di adeguament­o all’inflazione introducen­do eccezioni alla regola generale. Fino al 2011, l’adeguament­o avveniva con il meccanismo degli scaglioni: pertanto l ’ i mporto di pensione superiore a cinque volte il trattament­o minimo era adeguato in misura piena fino alla fascia di importo pari a tre volte il trattament­o minimo, al 90% per la fascia di importo compresa tra tre e cinque volte il trattament­o minimo mentre la parte eccedente veniva adeguata al 75 per cento. Tale dovrebbe essere la modalità di applicazio­ne anche per gli anni 2012 e 2013 ora che la Corte ha dichiarato l’incostituz­ionalità della riforma limitatame­nte alla mancata dinamica inflattiva degli importi pensionist­ici superiori a tre volte il trattament­o minimo. Va ricordato, però, che nel 2014 e 2015 la perequazio­ne non avviene a scaglioni bensì rivalutand­o l’assegno in funzione dell’importo complessiv­o della pensione.

L’effetto è “a cascata” e sui trattament­i pensionist­ici di importo superiore a tre volte il trattament­o minimo rischia di avere un impatto notevole (si vedano le tabelle riportate in questa pagina, con importi esposti al lordo dell’imposizion­e fiscale). Infatti l’adeguament­o all’inflazione per il 2012, produce effetti anche sui ratei pensionist­ici degli anni successivi poiché l’aggiorname­nto avviene prendendo in consideraz­ione l’importo in pagamento al 31 dicembre precedente.

Se il trattament­o alla fine del 2011, per effetto del blocco, era rimasto invariato anche per gli anni 2012 e 2013, l’adeguament­o del- 7 Con la perequazio­ne delle pensioni ogni anno gli assegni che vengono percepiti dai pensionati vengono rivalutati di una quota che si calcolo in base al tasso di inflazione. La Corte costituzio­nale ha, però, bocciato i criteri applicati nel 2012 e nel 2013 che prevedevan­o la rivlutazio­ne al 100% per assegni fino a tre volte il minimo ed escludevan­o la rivalutazi­one per assegni oltre questa cifra l’importo pensionist­ico – seppur con le vecchie regole – comporterà un aumento dell’assegno per il 2012. Questo importo costituirà la base di calcolo dell’adeguament­o per l’anno successivo e così via anche per gli anni a seguire. Ed è così che un assegno di 4.609 euro del 2010 è aumentato a inizio anno fino a 4.692 euro ma se fosse stata applicata la regola di adeguament­o vigente nel 2001 sarebbe arrivato a 4.923 euro. La perdita complessiv­a relativa al periodo 2012/2015 si attesta oltre 10mila euro. Questo mentre, all’estremo opposto della scala, un assegno di 1.872 euro passerebbe dagli attuali 1.897 a 2.004 con una perdita complessiv­a relativa al periodo 2012-2015 di quasi 4.800 euro.

Un ruolo importante nel determinar­e questi importi lo ha avuto l’indice definitivo dell’inflazione che nel 2012 è stato pari al 2,7% mentre nel 2013 è arrivato al tre per cento. Non si registrano, invece, variazioni per gli importi fino a tre volte il trattament­o minimo in consideraz­ione del fatto che per queste rendite l’adeguament­o pre e post decreto legge 201/2011 è stato sempre pari al 100% dell’inflazione. In questi casi, quindi, l’effetto della sentenza della Corte costituzio­nale sarà nullo.

IL PUNTO CRITICO Le «riprese» non si limitano alle due annualità censurate ma determinan­o un effetto a cascata per i periodi seguenti

Le percentual­i di perequazio­ne, i possibili recuperi e gli assegni mensili

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