Co-curating pubblico
a Dai beacon alla wearable tech, si delinea il lato tangibile della rivoluzione in atto nei musei, costretti a misurarsi con una società sempre più connessa e abituata a interagire con il mondo fisico attraverso nuovi dispositivi o sollecitazioni terze. Una sbornia tecnologica che sta coinvolgendo istituzioni, impegnate a valorizzare il proprio “hardware”, rendendo accessibile l'intero patrimonio museale, stimolando, attraverso pratiche di gamification, la partecipazione del pubblico, scrivendo nuove narrazioni collettive, come è emerso nei giorni scorsi a Museum Next di Ginevra.
Un esempio? Il Cleveland Museum of Art con la Gallery One, un wall interattivo di 12.2 metri lineari con 276 schermi multi-touch per accedere a oltre 3.500 oggetti appartenenti alla collezione permanente. La trasformazione in atto potrebbe apparire una corsa all'innovazione per l'innovazione che alza l'asticella sul pericolo di un conformismo cognitivo collegato alla spettacolarizzazione dell'offerta culturale. In realtà, le esperienze in campo sono indicatori non solo di una gara a una leadership tecnologica ma vanno a ribadire una nuova attenzione al capitale umano. La sfida è quella di ridefinire una rete di conoscenza e condivisione, in grado di abbassare le resistenze all'accesso ai musei, nel mondo fisico e digitale, attraverso un nuovo patto sociale in chiave partecipativa. A Ginevra, Jake Bar- ton, che con Local Project ha progettato la visitor experience del 9/11 Memorial Museum di New York, ha parlato di emozioni forti in grado di creare ricordi forti: «L'11 settembre è stato l'evento più visto nella storia. Il museo racconta le vicende che hanno avuto luogo in quel giorno ma permette anche ai visitatori di contribuire alla mostra attraverso cabine di registrazione video che trasformano il racconto in un documento plurale». Sebastian Chan, direttore Digital & Emerging Technologies del Cooper Hewitt Smithsonian Design Museum di New York, ha riassunto il punto di partenza (e d'arrivo): «Ora che tutti hanno uno smartphone in tasca, nessun museo può prescindere da un potenziamento del digital». In questa prospettiva a Museum Next si è molto parlato di audience, un concetto più allargato perché include anche i non-user. Emblematica, in termini di ritorno, l'esperienza del Scien-
Al Museo della Scienza e della Tecnologia di Milano i visitatori creano le esposizioni sul tema dell'alimentazione. Cercando di coinvolgere non solo adulti, ma giovanissimi e stranieri ce Museum di Londra, dove con un nuovo gioco, Rugged Rovers, sono state progettate 300mila Rover al mese, coinvolgendo giocatori nelle sale del museo ma anche in giro per il mondo, grazie a un'app che ha permesso di registrare una grande mole di dati sulle metriche di interazione pubblico/interfaccia.
Significativo anche il progetto del Derby Museum Trust, nel Suffolk, Inghilterra, che, accogliendo la spinta alla condivisione della rivoluzione digitale, ha invitato la cittadinanza a processare in co-design presente e futuro dei suoi musei. Il tema delle costruzione di reti fisiche o digitali del resto riguarda tutti. E i numeri non sono irrilevanti. Nel mondo, oggi, ci sono circa 80mila musei (4.500 in Italia). Gael Lord, co-presidente della Lord Cultural Resources (2mila progetti culturali in 50 Paesi), li definisce giganti addormentati. A Museum Next, presentando il suo ultimo saggio «Cities, Museums and Soft Power» (aMM Press), Lord ha ribadito il ruolo dei musei come hub di idee, conoscenza, valori, capacità persuasiva. Musei, dunque, come place-making in grado di creare interazione tra persone e luoghi per la creazione di un nuovo capitale sociale. «Il compito più importante per museo è quello di rendere visibile la propria storia» ha affermato Erik Shilp, alla guida di MuseumNext Practice. «La visibilità crea rilevanza, attrae visitatori e investimenti. La massima visibilità non può essere raggiunta solo dentro le mura del museo. La storia ha bisogno di condivisione. Non si tratta di massimizzare il reddito. Si tratta di cambiare la messa a fuoco. Il denaro è solo uno dei tanti strumenti che si possono utilizzare». Il crinale tra innovazione e autorevolezza è sottile. A volte si compiono passi falsi. Nei giorni scorsi, il Mak di Vienna ha acquistato online un'opera pagandola in Bitcon. La reazione delle rete non è stata tra le migliori. Ma poco importa. L'unica certezza è che il futuro arriverà comunque. Chi lo sfugge, come dice Gael Lord, rischia un sonno profondo.