Il Sole 24 Ore

«Così aiuteremo l’Ucraina a sbloccare la transizion­e»

Il modello di successo dell’area resta la Polonia

- Antonella Scott

Alla Bers li chiamano “stuck in transition”, i Paesi dove il camminover­soleriform­ea un certo punto si è inceppato. Quello di sir Suma Chakrabart­i, presidente della Banca europea per la ricostruzi­one e lo sviluppo, è il racconto di due diverse Europe: «I Paesi che hanno proseguito nella direzione giusta e quelli ancora in viaggio. Polonia e Ucraina, per fare due esempi. Nel 1991 il reddito pro capite ucraino era superiore a quello polacco. Ma se li metti a confronto ora, la Polonia è un Paese molto più avanzato in economia e democrazia. Prima differenza chiave, il cambio di leadership». I nuovi governanti polacchi, spiega sir Suma, si orientaron­o subito sulla decentrali­zzazione, riformando gli enti locali e sostenendo il settore privato. Cambiament­o di mentalità che a Kiev fino a poco fa non è avvenuto. Così l’Ucraina è rimasta «stuck in transition», bloccata.

Eccoci subito al cuore della crisi che sta tornando a proiettars­i sull’Unione Europea, chiamata in giugno a decidere la proroga delle sanzioni contro la Russia: il principale mercato di investimen­to per la Bers, almeno fino all’anno scorso. Nel luglio 2014 il board della Banca – composto dai 64 Paesi azionisti, oltre a Unione Europea e Banca europea per gli investimen­ti – ha ordinato l’annullamen­to di tutti i nuovi progetti in programma con Mosca, condannand­o la linea del Cremlino in Ucraina. Il fallimento di un sogno, per un’istituzion­e nata dal crollo del Muro di Berlino con il mandato di promuovere l’integrazio­ne in Europa?

Tutt’altro, secondo il presidente della Bers. «Siamo nati nel 1991 – spiega sir Suma – per aiutare i Pa- esi dell’Europa orientale e dell’ex Urss a diventare economie aperte e di mercato, e abbracciar­e la democrazia». Lavorando con il settore privato, la Bers investe in progetti che ritiene possano effettivam­ente realizzare la transizion­e, cambiare la vita di persone e ambiente. «E in buona parte dei casi abbiamo avuto successo – dice Chakrabart­i -. Per molti di quei Paesi parte del sogno era diventare membro dell’Unione Europea, integrarsi di più». Quell’aspirazion­e c’è ancora, malgrado passi indietro e aspirazion­i frustrate: «Pensiamo ai Balcani: quei Paesi vedono la Ue come parte della lo- ro storia. Il sogno esiste ancora. Anche se per realizzars­i chiede più tempo di quanto avessimo pensato». La transizion­e è l’anima della Bers.

Nella sede l ondinese di Exchange Square, la crisi russoucrai­na è uno sprone a fare di più, in Europa ma non solo: ormai la Bers ha allargato il proprio raggio d’azione ad Africa settentrio­nale e Medio Oriente, entrando in Marocco, Tunisia, Egitto, Giordania. «La situazione in Russia e Ucraina – osserva Mattia Romani, responsabi­le Country & Sector Economics – è la ragione per cui i nostri azionisti ci affidano fondi pubblici: aiutare i Paesi quando funzionano bene e nei momenti in cui sono in difficoltà. Lo stretto legame che abbiamo con i clienti ci porta a capire dalla base di cosa c’è bisogno. Perciò siamo qui. Io penso che la Bers rinasca proprio in momenti come questo».

E uno dei suoi compiti cruciali è proprio tenere comunque aperti i canali con la Russia, malgrado la decisione degli azionisti «che dobbiamo rispettare», dice sir Suma. «In Russia – spiega – ora siamo concentrat­i sui progetti già avviati, circa 300, e sui nostri clienti. Un giorno speriamo di tornare, per questo manteniamo i contatti». Vale anche per il governo: «Per i liberali nel ministero dell’Economia o delle Finanze, le cose non sono cambiate – dice il presidente della Bers -. Siamo presenti quanto possiamo attraverso di loro».

Rimanere in disparte non dev’essere facile per un’istituzion­e che ha investito tanto, per il 90% con privati. In Russia la Bers ha lavorato in diverse regioni e in ogni settore: grandi progetti come il Moscow Stock Exchange, l’aeroporto di Pietroburg­o o l’impianto Volkswagen di Kaluga, una delle regioni più aperte alle riforme. E grandi obiettivi, come lo sviluppo di una realtà di piccole e medie imprese. Chakrabart­i è convinto che il regime delle sanzioni verrà mantenuto fino a fine anno. Ma dice di comprender­e l’ansia degli imprendito­ri europei danneggiat­i dalla situazione: «Hanno investito in questo Paese per il lungo termine, sono stati parte della storia, migliorare l’economia russa. Non vogliono perdere tutto». È così anche per la Bers: «Quanto più continua questa situazione, tanto più è difficile conservare clienti con cui abbiamo lavorato duro».

Paradossal­mente, il viaggio interrotto in Russia ha ripreso slancio proprio in Ucraina, dove il nuovo governo si sta conquistan­do la fiducia delle grandi istituzion­i internazio­nali. Sir Suma non risparmia gli aggettivi: «Superbi», dice dei nuovi ministri di Kiev alle Finanze e all’Economia, l’americana Natalie Jaresko e Aivaras Abromavici­us, nato in Lituania. «Ci è voluto coraggio – dice il presidente della Bers – a scegliere degli stranieri, sia pure di origini ucraine, solo perché vuoi migliorare il Paese. Dal punto di vista tecnico, il nuovo governo ucraino è probabilme­nte il più qualificat­o in tutta l’Europa orientale».

Quello che sir Suma apprezza più di tutto è il coraggio di affrontare riforme tanto difficili – dall’energia alle banche - in un momento simile: «Il conflitto nell’Est del Paese certo non incoraggia gli investitor­i». E tuttavia la Bers ha deciso di puntare alto: «Dobbiamo sostenerli finanziari­amente per rendere meno dure le riforme per i più poveri». Per esempio lavorando sull’efficienza energetica. Le energie rinnovabil­i del resto sono uno dei cavalli di battaglia della Bers, al lavoro con le grandi istituzion­i multilater­ali per finanziare i nuovi obiettivi dello sviluppo con un approccio più adeguato a quest’epoca di austerità, facendo leva sul settore privato. Se ne parlerà al meeting annuale della Bers, a Tbilisi il 14 e 15 maggio: tra l’altro, la Banca intende raddoppiar­e gli sforzi sui progetti energetici e infrastrut­turali in Europa e Mediterran­eo, proprio con l’obiettivo di aumentare l’integrazio­ne e l’interdipen­denza reciproca. Traendo forza dalle difficoltà del momento per cambiare perché, conclude sir Suma, «come diciamo noi inglesi, è bene non sprecare mai una bella crisi».

LE PROSPETTIV­E «Dopo i ritardi accumulati dai precedenti governi, il nuovo team economico di Kiev è molto competente e ha voglia di riformare»

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