«Così aiuteremo l’Ucraina a sbloccare la transizione»
Il modello di successo dell’area resta la Polonia
Alla Bers li chiamano “stuck in transition”, i Paesi dove il camminoversoleriformea un certo punto si è inceppato. Quello di sir Suma Chakrabarti, presidente della Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo, è il racconto di due diverse Europe: «I Paesi che hanno proseguito nella direzione giusta e quelli ancora in viaggio. Polonia e Ucraina, per fare due esempi. Nel 1991 il reddito pro capite ucraino era superiore a quello polacco. Ma se li metti a confronto ora, la Polonia è un Paese molto più avanzato in economia e democrazia. Prima differenza chiave, il cambio di leadership». I nuovi governanti polacchi, spiega sir Suma, si orientarono subito sulla decentralizzazione, riformando gli enti locali e sostenendo il settore privato. Cambiamento di mentalità che a Kiev fino a poco fa non è avvenuto. Così l’Ucraina è rimasta «stuck in transition», bloccata.
Eccoci subito al cuore della crisi che sta tornando a proiettarsi sull’Unione Europea, chiamata in giugno a decidere la proroga delle sanzioni contro la Russia: il principale mercato di investimento per la Bers, almeno fino all’anno scorso. Nel luglio 2014 il board della Banca – composto dai 64 Paesi azionisti, oltre a Unione Europea e Banca europea per gli investimenti – ha ordinato l’annullamento di tutti i nuovi progetti in programma con Mosca, condannando la linea del Cremlino in Ucraina. Il fallimento di un sogno, per un’istituzione nata dal crollo del Muro di Berlino con il mandato di promuovere l’integrazione in Europa?
Tutt’altro, secondo il presidente della Bers. «Siamo nati nel 1991 – spiega sir Suma – per aiutare i Pa- esi dell’Europa orientale e dell’ex Urss a diventare economie aperte e di mercato, e abbracciare la democrazia». Lavorando con il settore privato, la Bers investe in progetti che ritiene possano effettivamente realizzare la transizione, cambiare la vita di persone e ambiente. «E in buona parte dei casi abbiamo avuto successo – dice Chakrabarti -. Per molti di quei Paesi parte del sogno era diventare membro dell’Unione Europea, integrarsi di più». Quell’aspirazione c’è ancora, malgrado passi indietro e aspirazioni frustrate: «Pensiamo ai Balcani: quei Paesi vedono la Ue come parte della lo- ro storia. Il sogno esiste ancora. Anche se per realizzarsi chiede più tempo di quanto avessimo pensato». La transizione è l’anima della Bers.
Nella sede l ondinese di Exchange Square, la crisi russoucraina è uno sprone a fare di più, in Europa ma non solo: ormai la Bers ha allargato il proprio raggio d’azione ad Africa settentrionale e Medio Oriente, entrando in Marocco, Tunisia, Egitto, Giordania. «La situazione in Russia e Ucraina – osserva Mattia Romani, responsabile Country & Sector Economics – è la ragione per cui i nostri azionisti ci affidano fondi pubblici: aiutare i Paesi quando funzionano bene e nei momenti in cui sono in difficoltà. Lo stretto legame che abbiamo con i clienti ci porta a capire dalla base di cosa c’è bisogno. Perciò siamo qui. Io penso che la Bers rinasca proprio in momenti come questo».
E uno dei suoi compiti cruciali è proprio tenere comunque aperti i canali con la Russia, malgrado la decisione degli azionisti «che dobbiamo rispettare», dice sir Suma. «In Russia – spiega – ora siamo concentrati sui progetti già avviati, circa 300, e sui nostri clienti. Un giorno speriamo di tornare, per questo manteniamo i contatti». Vale anche per il governo: «Per i liberali nel ministero dell’Economia o delle Finanze, le cose non sono cambiate – dice il presidente della Bers -. Siamo presenti quanto possiamo attraverso di loro».
Rimanere in disparte non dev’essere facile per un’istituzione che ha investito tanto, per il 90% con privati. In Russia la Bers ha lavorato in diverse regioni e in ogni settore: grandi progetti come il Moscow Stock Exchange, l’aeroporto di Pietroburgo o l’impianto Volkswagen di Kaluga, una delle regioni più aperte alle riforme. E grandi obiettivi, come lo sviluppo di una realtà di piccole e medie imprese. Chakrabarti è convinto che il regime delle sanzioni verrà mantenuto fino a fine anno. Ma dice di comprendere l’ansia degli imprenditori europei danneggiati dalla situazione: «Hanno investito in questo Paese per il lungo termine, sono stati parte della storia, migliorare l’economia russa. Non vogliono perdere tutto». È così anche per la Bers: «Quanto più continua questa situazione, tanto più è difficile conservare clienti con cui abbiamo lavorato duro».
Paradossalmente, il viaggio interrotto in Russia ha ripreso slancio proprio in Ucraina, dove il nuovo governo si sta conquistando la fiducia delle grandi istituzioni internazionali. Sir Suma non risparmia gli aggettivi: «Superbi», dice dei nuovi ministri di Kiev alle Finanze e all’Economia, l’americana Natalie Jaresko e Aivaras Abromavicius, nato in Lituania. «Ci è voluto coraggio – dice il presidente della Bers – a scegliere degli stranieri, sia pure di origini ucraine, solo perché vuoi migliorare il Paese. Dal punto di vista tecnico, il nuovo governo ucraino è probabilmente il più qualificato in tutta l’Europa orientale».
Quello che sir Suma apprezza più di tutto è il coraggio di affrontare riforme tanto difficili – dall’energia alle banche - in un momento simile: «Il conflitto nell’Est del Paese certo non incoraggia gli investitori». E tuttavia la Bers ha deciso di puntare alto: «Dobbiamo sostenerli finanziariamente per rendere meno dure le riforme per i più poveri». Per esempio lavorando sull’efficienza energetica. Le energie rinnovabili del resto sono uno dei cavalli di battaglia della Bers, al lavoro con le grandi istituzioni multilaterali per finanziare i nuovi obiettivi dello sviluppo con un approccio più adeguato a quest’epoca di austerità, facendo leva sul settore privato. Se ne parlerà al meeting annuale della Bers, a Tbilisi il 14 e 15 maggio: tra l’altro, la Banca intende raddoppiare gli sforzi sui progetti energetici e infrastrutturali in Europa e Mediterraneo, proprio con l’obiettivo di aumentare l’integrazione e l’interdipendenza reciproca. Traendo forza dalle difficoltà del momento per cambiare perché, conclude sir Suma, «come diciamo noi inglesi, è bene non sprecare mai una bella crisi».
LE PROSPETTIVE «Dopo i ritardi accumulati dai precedenti governi, il nuovo team economico di Kiev è molto competente e ha voglia di riformare»