Etica, estetica, economia: le tre E per il Mezzogiorno
Alla fine l’impegno è stato mantenuto. Dribblando le dichiarazioni di voto e anticipando la fiducia che premeva sull’Italicum gli esponenti dell’intergruppo parlamentare del Mezzogiorno hanno incontrato alla Camera i promotori del Manifesto delle 3E (Economia Etica Estetica) alla presenza del sottosegretario alla Presidenza con delega all’Europa, Sandro Gozi.
Invitati a partecipare dal coordinatore Luigi Famiglietti (con il sostegno di Stefania Covello della segreteria nazionale del Pd), i deputati presenti hanno tutti convenuto sulla necessità di rimettere il Sud al centro delle politiche governative dopo anni di sostanziale indifferenza dovuta anche alla debolezza di una rappresentanza troppo divisa per essere efficace. A Paolo Savona il compito di illustrare il documento e in particolare le “otto proposte non ordinarie” che contiene. Vediamole.
Se la Questione Meridionale si è trasformata in Questione Culturale, la prima cosa da fare è creare una scuola di formazione della classe dirigente. L’ideale sarebbe rilanciare il Formez che nei tempi buoni è stato una vera e propria fucina di talenti. Peccato che invece sia stata pronosticata la sua chiusura. Analogamente, si potrebbe creare una scuola di management turistico nel sito reale di San Leucio (Caserta) che conquisterebbe così una missione all’altezza del suo splendore.
Dalle elite alla base il denominatore comune dovrà essere la conoscenza. Di qui la necessità di prendere in prestito esperienze che hanno mostrato di funzionare come le “navi” realizzate nelle favelas brasiliane: luoghi d’incontro destinati all’apprendimento delle fasce più basse della popolazione attraverso l’uso della rete e la diffusione dei più diversi contenuti con l’obiettivo di attirare e togliere dalla strada quanti più ragazzi difficili sia possibile e prospettare loro un futuro migliore.
Tutto questo non sarà possibile se non ci si abituerà a una tolleranza zero del tipo di quella sperimenta a New York con il sindaco Rudolph Giuliani. Il rispetto della regola, da parte del cittadino ma anche e soprattutto di chi amministra, dovrà essere considerato interesse di tutti e non un fastidio del quale doversi liberare con più o meno fantasia.
Ci vorrà poi un’alzata d’in- gegno per dotarsi finalmente di un parco progetti degno di questo nome e capace di assicurare al territorio le infrastrutture materiali e immateriali utili ad annullare le diseconomie esterne che scoraggiano gli investimenti. Le risorse non mancano, molte vengono anche sprecate. Alla vigilia del piano Juncker e approfittando della buona disposizione della Bei non attrezzarsi sarebbe delittuoso.
Arricchirebbe questo quadro l’istituzione di un’Agenzia presso la presidenza del Consiglio affidata alla cura specifica di un sottosegretario con il compito di armonizzare misure e opportunità nella cornice europea. Tra gli obiettivi sensibili l’adozione di una politica fiscale parametrata ai divari di reddito che caratterizzano il Paese in modo da favorire l’eliminazione dell’assetto duale che lo rende fragile e litigioso.
Non guasterebbe attivare, dopo anni di promesse vane, un vero sportello unico che riassuma tutte le decisioni che attengono alle attività produttive per vincere la resistenza della burocrazia, ridurre la complessità di azione che spesso si trasforma in impossibilità, rendere più semplice la vita di chi vuole misurarsi con il mercato. Non può mancare la proposta di un centro di analisi e impulso per il buon funzionamento del credito bancario che al Sud in troppi casi resta una chimera.
Per sfuggire alla trappola della velleità è indispensabile chiedere e ottenere la mobilitazione di tutte le forze vive (sono la maggioranza ma non ne hanno consapevolezza) della macro regione meridionale che oggi è percepita come un vincolo piuttosto che un’opportunità, un peso invece che un fattore di spinta, colpevole della bassa crescita del Pil nazionale che compromette con le proprie dinamiche deludenti.
Superare le distanze non sarà facile e forse nemmeno indolore. Ma è necessario per restituire all’Italia intera quel tono muscolare indispensabile a battersi con onore nella competizione internazionale. La sfida è convincersi e convincere che è interesse comune recuperare il ritardo e creare le condizioni di una ripartenza dove le ragioni dell’unità vincano su quelle dell’egoismo. Il confronto è aperto. Il proposito è rivedersi a breve perché le buone intenzioni non si perdano negli affanni del giorno per giorno.