Novara scopre la molecola salva colture
Nome in codice IR9792. È la nuova molecola che, una volta completati gli ultimi passaggi burocratici e ottenuto il nome Iso internazionale, competerà con colossi internazionali come Basf, Bayer, Syngenta, sull’enorme mercato dei fungicidi impiegati in agricoltura a livello mondiale.
A scoprire e brevettare la molecola, appartenente alla famiglia contraddistinta dalla sigla Sdhi, è la milanese Isagro, realtà con 600 dipendenti in cinque siti produttivi – Novara, Adria (Rovigo), Bussi sul Tirino (Pescara), Aprilia (Latina) e Panoli (India) – e 150 milioni di fatturato: per l’80% realizzato all’estero e la prospettiva di salire a 200 milioni entro 3-5 anni. Una “piccola” eccellenza italiana, se paragonata alle multinazionali che si contendono un mercato – quello dei fungicidi – che oggi vale circa 1 miliardo di dollari ma è destinato a salire tra a 2,5 miliardi nei prossimi anni: i funghi, infatti, sono una piaga che colpisce ogni tipo di coltura, dai cereali al vivaismo.
La storia di Isagro si lega a doppio filo a Giorgio Basile, presidente, amministratore delegato e fondatore. È lui che, insieme a una decina di manager, crede nelle potenzialità dell’azienda nata nel 1992 e a cui viene conferito il ramo d’azienda di Enichem Agricoltura (società, quest’ultima, nata a sua volta dalla fusione delle divisioni agrochimiche di Montedison ed Enichem). Nel 1993, Basile e gli altri manager rilevano l’attività che altrimenti avrebbe il destino segnato. Una prima svolta.
La seconda arriva una decina d’anni dopo, con la quotazione e l’ammissione al Segmento titoli alti requisiti (Star). La terza svolta arriva dopo un’altra decina d’anni, con l’avvio di nuove strategie. «Questo è un “gioco da grandi” – spiega Basile – in cui la nostra è l’unica società di piccole dimensioni al mondo (escluso forse il Giappone) che oltre a fare ricerca e scoprire molecole riesce anche a portare avanti sviluppo e commercializzazione».
A tagliare fuori i cosiddetti “piccoli” sono i costi legati a tutte le fasi. «Da soli è difficile, se non impossibile. Bisogna collaborare. Per questo – chiarisce il manager – da alcuni anni abbiamo una strategia diversificata: sviluppiamo prodotti nostri, operiamo come co-sviluppatori della ricerca insieme ad altri partner, cediamo in licenza a terzi i principi attivi». Un meccanismo che allarga la base di business e rende remunerativa e soprattutto sostenibile nel tempo l’attività di ricerca. Isagro investe mediamente il 10% del fatturato, e lo scorso anno 7 milioni (su 17 totali) sono finiti a Novara per il nuovo centro di ricerca presentato da poco, dove la nuova molecola è stata scoperta e viene sviluppata. «In questo progetto – rivela Giorgio Basile – il nostro partner nella fase di cosviluppo è il gruppo statunitense Fmc, che fa realizzare a Novara anche la parte di lavoro che gli compete. Potrebbe farlo negli Usa o altrove nel mondo, invece ha scelto noi: è un bel riconoscimento dell’eccellenza italiana e del nostro modello di crescita».