Allegri: «Spirito di squadra il segreto per vincere»
La Juventus si è aggiudicata ieri, con quattro giornate di anticipo, il campionato di calcio di serie A vincendo il quarto scudetto consecutivo.
Dietro le grandi vittorie, nella storia dello sport ma non solo, c'è sempre uno spirito di squadra. Pensiamo a una maratona olimpica: il fisioterapista che ti fa il massaggio la sera prima, il dietologo che decide quando e cosa farti mangiare a qualche ora dal via, la strategia studiata con l'allenatore, lo staff che ti dice come stai andando chilometro dopo chilometro. La vittoria nello sport è sempre frutto di cooperazione, così come tra le cause di una sconfitta c'è sempre qualche ingranaggio che non ha funzionato sul piano dei rapporti all'interno del team. C'è un detto che dice che la vittoria è figlia di tanti padri, ma che la sconfitta è sempre orfana: è vero, ma solo in parte. È tuttavia risaputo che anche a decine di anni di distanza, ci si sente ancora con i compagni di squadra di quella che è stata un'annata vittoriosa (e se ne ricorda gli aneddoti), mentre di una stagione no si fa fatica a ricordare addirittura la formazione titolare.
Questo succede anche in squadre dove ci si “sopporta”, a dimostrazione di quanto gli equilibri siano delicati e di come non sempre essere amici fuori dal campo aiuti. Gestire uno spogliatoio con tante personalità diverse è una sfida quotidiana: bisogna saper coinvolgere tutti e far sentire tutti parte delle decisioni che poi prendi ovviamente in maniera autonoma, bisogna mostrare rispetto per tutti e tenere di conto dei leader tecnici e carismatici del gruppo. Saper parlare a uno in maniera da far passare il messaggio a tutti, modificare le proprie convinzioni e a volte fare un passo indietro per il bene di tutti. E ovviamente dare poche regole ma chiare, ed essere il primo a rispettarle sempre.
Spesso, a livello mediatico, si tende a identificare i calciatori di oggi come un gruppo di ragazzi viziati e presuntuosi che mettono sempre l'io davanti al noi: non è così, semplicemente è cambiata la società in cui viviamo. Siamo tutti un po' più individualisti, ci circon- diamo solo delle persone care e tendiamo a vivere di rapporti molto più “esclusivi”. Quando giocavo io, in ritiro si faceva interminabili partite a carte o a biliardo e si face va la fila per telefonare a casa. Avere un contatto con i compagni anche al di fuori dal campo era inevitabile. Ora, con tablet e smartphone, vedono i loro bambini e le famiglie che stanno dall'altra parte del mondo, e tutto il resto passa in secondo piano. In campo però ci si aiuta come prima. Si collabora come prima, anzi, forse di più: in questo libro, l'autore ripercorre il viaggio che ha portato il calcio dall'essere uno sport fatto di individualità slegate a una di-
IL LAVORO DEL «MISTER» «Gestire uno spogliatoio con tante personalità diverse è una sfida quotidiana, bisogna saper coinvolgere tutti e tener conto dei leader carismatici»