Il Sole 24 Ore

Evitiamo inutili scandalism­i sui derivati

- Di

Questa differenza non era dovuta alle maggiori donazioni degli ex-alunni, o a decisioni di investimen­to sfortunate, ma al metodo con cui Yale aveva gestito il suo patrimonio: inseguendo la popolarità e non i rendimenti.

Temo che il Tesoro italiano rischi di fare la stessa fine con la gestione dei suoi derivati. Di fronte all’accumulars­i di perdite e all’indignazio­ne pubblica per queste perdite, il ministro del Tesoro ha annunciato che ristruttur­erà i derivati, cercando di chiudere le posizioni più costose. Ma come? Se i derivati sono stati contratti – come ci ripete il ministero di Via XX Settembre – per ridurre il rischio di un’impennata dei tassi, non c’è nulla di cui vergognars­i. E chiudere questi derivati oggi, quando i tassi sono artificial­mente bassi a causa del Quantitati­ve Easing, è come vendere azioni nel 1948: un suicidio.

Se invece i derivati sono stati contratti per ridurre artificial­mente il deficit, allora non solo vanno chiusi, ma – una volta chiusi – si devono rendere trasparent­i le scelte effettuate e le responsabi­lità, per lo meno politiche, di queste scelte.

Purtroppo la ridda di notizie giornalist­iche sui derivati del Tesoro italiano sta creando un clima pericoloso. Da un lato, c’è chi vuole criminaliz­zare qualsiasi operazione sui derivati. Dall’altro, sembra si cerchi di spacciare operazioni altamente speculativ­e (come la vendita di swaption) come parte di una gestione oculata e prudenzial­e del debito.

Al fine di stroncare sia qualsiasi illazione che potrebbe mettere in dubbio la credibilit­à del Tesoro italiano, sia manovre puramente politiche contro il Ministero, non si devono ristruttur­are i derivati (aumentando ulteriorme­nte le commission­i delle banche di investimen­to), ma introdurre trasparenz­a nella gestione passata e futura dei derivati da parte del Tesoro.

Il primo passo di questa politica sarebbe quello di comunicare una lista (limitata) delle operazioni in derivati consentite. Per gestire in modo efficiente il nostro debito il Tesoro non ha bisogno di vendere, come purtroppo ha fatto, swaption (ovvero opzioni di entrare in swap futuri). Questa è un’operazione speculativ­a, non assicurati­va.

Il secondo passo consistere­bbe nel bloccare tutte le operazioni al di fuori di questa lista. Certo una lista limita la flessibili­tà della gestione, ma la flessibili­tà porta con sé il rischio di abusi. Quando un’operazione non è essenziale – come la vendita di swaption – il costo eccede il beneficio. Tanto più che limitarsi agli strumenti più standard riduce il rischio che le banche di investimen­to, più sofisticat­e del Tesoro, traggano vantaggio dalla loro abilità a danno dei contribuen­ti.

Per rassicurar­e il mercato sulla qualità della gestione fino a questo momento, il Tesoro dovrebbe poi comunicare il valore nozionale, il risultato netto, la data di inizio, la data di chiusura e la contropart­e di tutte le operazioni in derivati che si sono chiuse (comprese quelle che si sono chiuse per novazione del contratto). Il Tesoro si è dichiarato contrario ad una totale trasparenz­a, per paura che questa trasparenz­a indebolisc­a la posizione contrattua­le del Tesoro stesso. Questa tesi è giustifica­ta solo se i contratti sono ancora aperti. Per i contratti chiusi, non c’è motivo di tenerli segreti se non coprire possibili errori fatti dal Tesoro.

Il governo Renzi aveva promesso di introdurre anche in Italia il Freedom of Informatio­n Act americano. Questa legge garantisce ai cittadini il diritto di chiedere il rilascio di informazio­ni in possesso del governo, a meno che queste non sia segreti di stato. È una legge molto civile, che protegge i cittadini contro gli abusi dei governi. In attesa che una simile legge venga approvata anche in Italia, nulla impedisce al Governo Renzi di applicarla volontaria­mente ai contratti derivati terminati. Sarebbe un segnale estremamen­te positivo.

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy