Il Grande Fratello, la privacy e le nostre (deboli) difese
Uno dei problemi della società moderna è trovare il modo di difendersi dalle ripetute intrusioni nella nostra sfera privata. Telefoni, mobili e non, computer, carte di credito, telecamere: innumerevoli sono gli strumenti che ci controllano continuamente. Sul nostro territorio sono stimate 4,2 milioni di telecamere, una ogni 13 abitanti, densità non raggiunta altrove. In media una persona viene filmata 300 volte al giorno: telecamere specializzate sulle targhe delle auto, cartellini elettronici sui vestiti, possibilità di triangolare con i cellulari per stabilire la posizione di una persona, carte fedeltà e di credito, dati elettorali, Internet, il servizio sanitario nazionale è in grado di archiviare in modo centralizzato i dati di 40 milioni di cittadini. Ci stiamo gradualmente trasformando in una società di sorvegliati, dove lo Stato dice poco di sé ma vuole sapere tutto di tutti e la gran parte della popolazione è ignara del fatto di essere continuamente spiata. E il peggio deve ancora venire: a breve entrando in un negozio un congegno elettronico valuterà la nostra persona determinando le nostre preferenze di abbigliamento, nelle scuole i bambini porteranno un cartellino con i loro dati, comprese le abitudini alimentari, le aziende assumeranno in base al curriculum sanitario elettronico dei candidati. Con alcuni anni di ritardo sulla profezia di Orwell, il Grande Fratello è davvero arrivato nella nostra società. Il lettore segnala un doppio paradosso: mai siamo stati tanto sorvegliati, come egli stesso malinconicamente osserva. Eppure abbiamo messo in moto una gigantesca macchina a ufficiale tutela della privacy che risulta fonte, spesso, di interdizioni ridicole e, sempre, di appesantimenti burocratici (incongrui) che aggravano la condizione di privati e aziende. Il dilagare delle nuove tecnologie, naturalmente, presenta ulteriori rischi: sempre di più, in futuro, saremo tutti vittime non tanto delle telecamere, ma degli algoritmi che “profilano” i nostri gusti, preferenze, frequentazioni virtuali, acquisti, opinioni. Non manca chi si fa paladino di tale evoluzione, in nome della “trasparenza”; ma allora la privacy è o no un diritto primario da tutelare in ogni modo? E' un quesito interessante, che appassiona gli studiosi del diritto e del pensiero politico; ma che necessiterebbe di una sponda presso l'opinione pubblica: la quale, spesso, protesta se una telecamera riprende l'ignaro cittadino; ma inneggia, per esempio, alle pubblicazioni di intercettazioni del tutto prive di alcun interesse giuridico eppure capaci di macchiare, spesso ingiustificatamente (ma