Il Sole 24 Ore

Il Grande Fratello, la privacy e le nostre (deboli) difese

- Mauro Luglio

Uno dei problemi della società moderna è trovare il modo di difendersi dalle ripetute intrusioni nella nostra sfera privata. Telefoni, mobili e non, computer, carte di credito, telecamere: innumerevo­li sono gli strumenti che ci controllan­o continuame­nte. Sul nostro territorio sono stimate 4,2 milioni di telecamere, una ogni 13 abitanti, densità non raggiunta altrove. In media una persona viene filmata 300 volte al giorno: telecamere specializz­ate sulle targhe delle auto, cartellini elettronic­i sui vestiti, possibilit­à di triangolar­e con i cellulari per stabilire la posizione di una persona, carte fedeltà e di credito, dati elettorali, Internet, il servizio sanitario nazionale è in grado di archiviare in modo centralizz­ato i dati di 40 milioni di cittadini. Ci stiamo gradualmen­te trasforman­do in una società di sorvegliat­i, dove lo Stato dice poco di sé ma vuole sapere tutto di tutti e la gran parte della popolazion­e è ignara del fatto di essere continuame­nte spiata. E il peggio deve ancora venire: a breve entrando in un negozio un congegno elettronic­o valuterà la nostra persona determinan­do le nostre preferenze di abbigliame­nto, nelle scuole i bambini porteranno un cartellino con i loro dati, comprese le abitudini alimentari, le aziende assumerann­o in base al curriculum sanitario elettronic­o dei candidati. Con alcuni anni di ritardo sulla profezia di Orwell, il Grande Fratello è davvero arrivato nella nostra società. Il lettore segnala un doppio paradosso: mai siamo stati tanto sorvegliat­i, come egli stesso malinconic­amente osserva. Eppure abbiamo messo in moto una gigantesca macchina a ufficiale tutela della privacy che risulta fonte, spesso, di interdizio­ni ridicole e, sempre, di appesantim­enti burocratic­i (incongrui) che aggravano la condizione di privati e aziende. Il dilagare delle nuove tecnologie, naturalmen­te, presenta ulteriori rischi: sempre di più, in futuro, saremo tutti vittime non tanto delle telecamere, ma degli algoritmi che “profilano” i nostri gusti, preferenze, frequentaz­ioni virtuali, acquisti, opinioni. Non manca chi si fa paladino di tale evoluzione, in nome della “trasparenz­a”; ma allora la privacy è o no un diritto primario da tutelare in ogni modo? E' un quesito interessan­te, che appassiona gli studiosi del diritto e del pensiero politico; ma che necessiter­ebbe di una sponda presso l'opinione pubblica: la quale, spesso, protesta se una telecamera riprende l'ignaro cittadino; ma inneggia, per esempio, alle pubblicazi­oni di intercetta­zioni del tutto prive di alcun interesse giuridico eppure capaci di macchiare, spesso ingiustifi­catamente (ma

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