Lampedusa ci apra alla speranza
La tragedia dei migranti deve essere l’occasione per un’esame di coscienza
Proprio così, quella “porta” ci sfida tutti, provocandoci a capire le ragioni dell’altro, il mondo interiore dell’emigrante, le ferite della sua anima, profonde al di là di ogni visibilità e di qualsiasi possibile calcolo. Porta del dolore, porta della speranza e porta dell’amore concreto e vissuto, Lampedusa ci convocatuttiaunesamedicoscienza,chesiaverifica della nostra storia personale e collettiva sulla misura che sola può veramente valutarla, quella aperta sull'orizzonte di Dio, Signore di tutto e di tutti.
Portadeldolore,custoditonelcuoredellapersona che l’ha provato e lo prova, Lampedusa accoglie storie di sradicamento, di estraneazione, di umiliazioni subite, quando non di torture inflitte dai mercanti di uomini. Chi ha lasciato la propria terra, si è sradicato da un’appartenenza che spesso era la sua sicurezza, il suo rifugio antico, la promessa tante volte priva di ogni certezza delsuodomani.Chiaffrontalasfidadelmareinfido e grande, visto come unico sentiero della speranza, ha lasciato dietro di sé un mondo, il suo mondo, intrecciato di affetti, di storie vissute, di raccontitrasmessi,didesideriaccesi:dietroivoltisegnatidalvento,dalsole,dall’ariadeldesertoe del mare, dentro i cuori, ci sono legami spezzati, addii spesso laceranti e costosi, sacrifici superioriaogniimmaginabilecalcolo,affrontatiinnome diunasetedivitaedifuturodiverso,volutoaogni costo per sé e per quanti si amano o si potranno amare. La porta del dolore non cancella il passato, lo accoglie, custodendolo anzi nel profondo dell’anima come ragione per andare avanti e sfidare l’oscurità del domani, cercando la luce di un’alba diversa.
Proprio così, Lampedusa, porta del dolore, è inseparabilmente porta della speranza: quelle donne e quegli uomini, sopravvissuti a innumerevoli rischi e pericoli, portano in sé un desiderio piùgrandediogniostacoloaffrontatoesuperato. Li ferisce, certo, il ricordo dei tanti che avevano condiviso con loro la decisione difficile, la sfida ragionevolmente impossibile, e non ce l’hanno fatta. I salvati non potranno certo dimenticare i sommersi, schiacciati dal male degli uomini e in- ghiottiti dalla natura indomabile. Sarà il ricordo deimortiafarcompagniaailorosogni, asostenerelelorosperanzediunavitadiversa,degnadella persona umana, immagine del Creatore e Signoredelcieloedellaterra,unicoDioditutti.Equelle morti grideranno nelle menti e nei cuori dei salvati per avere un futuro fra gli uomini, oltre quello che hanno nelle braccia dell’Eterno. Il futuro che i vivi aspirano a costruire per sé e per quanti amarono e amano, è anche un po’ il futuro di chi non ce l’ha fatta: lottare, sperare, andare avanti è debito verso i sommersi! È dall’intreccio di questa memoria e di tutte le attese portate nel cuore chesialimentalasperanzadichièarrivatoalportosospirato,allaportadiunanuova,possibileesistenza da figli dell’unico Padre di tutti.
Perciò Lampedusa, porta del dolore e della speranza, è porta di amore: è l’amore che ha sostenutolosradicamento,lalontananza,lanostalgia,l’abbraccioasfissiantedelcaldodeldeserto,e l’incontro con la terribile forza del mare, anche quandoapparetranquillo.Èl’amorechesostiene losguardopuntatoaldomanidellesperanzeedei desideri custoditi nel cuore. È la solidarietà dell’uno verso l’altro, fatta di segni e di gesti che nes- suna cronaca potrà registrare. È l’esperienza dolorosa del non amore di alcuni, alimentato dall’egoismo, dalla paura, dallo sfinimento di ogni capacità di riconoscenza e di dono. Ma è anche l’amore di voler tessere nuovi rapporti, di voler costruire un nuovo domani per sé e quanti si amano o si potranno amare. È l’amore di chi si sacrifica per cercare sulle acque e salvare le carrette del mare e il loro carico di dolore, di speranza, di desiderio e di voglia di vivere. Lampedusa diventa così la cartina da tornasole anche del nostroamore,dinoigentedell’Italiadioggi,dell’Europa che vorremmo, di un Paese che dimostri la sua grandezza precisamente nella sua capacità di accogliere, di comprendere il dolore, di organizzare la speranza. Il rispetto della dignità di chi sbarca nell’isola baciata dal “Mare nostrum” diventa misura della dignità stessa di chi accoglie e apre con la solidarietà le vie di un nuovo futuro a chi ha lasciato tutto per cercare una vita più degna dell’essere immagine di Dio. A Lampedusa il confinefral’umanoeildivino,frailbarbaricodell’odio, della violenza e del rifiuto, e il civile e cristiano e pienamente umano dell’accoglienza solidaleeresponsabile, èilveroconfinesucuisimi- sura il domani di tutti, la qualità della vita e delle scelte di ciascuno.
Proprio così, a Lampedusa s’intrecciano tutti i motivi ispiratori del Giubileo della Misericordia indetto da Papa Francesco: il perdono ricevuto e donato, a partire dal dialogo con Dio e fra gli uomini, einparticolaredaldialogointerreligioso; la grazia di un giubileo decentrato nel mondo, per raggiungere ogni creatura e toccare veramente ogni cuore; il Vangelo della Croce, come buona novella dell’amore infinito del Dio vivente per ognuna delle Sue creature; la rivelazione e il dono del Crocifisso Risorto per la speranza del mondo, la rinascita di quanto sembrava perduto e la pienezza dell’amore e della vita, com’è desiderata dal Signore. Lampedusa “porta del dolore” evoca la misericordia come consolazione e medicinaditutteleferitedell’anima;“portadella speranza” richiama il volto misericordioso del Dio che fra il già della resurrezione di Cristo e il non ancora del Suo ritorno glorioso vuole costruire con noi un mondo più giusto, più vero e piùbello;“portadell’amore” rendepresenteilFiglio di Dio, fatto uomo per noi, e la potenza del Suo amore misericordioso e fedele, che libera e salva chiunque in Lui confidi. A Lampedusa la misericordia si lascia veramente comprendere come la porta del cielo per tutti coloro che ne invochino e ne accolgano il dono: ed è così che la Croce realizzata con i legni dei barconi dei migranti giunti in quell’Isola diventa a sua volta segno particolarmente eloquente per ognuno che voglia raccoglierne il messaggio… Il testo è l’introduzione di Bruno Forte al libro in uscita per le Edizioni La Scuola di Brescia dal titolo Portatela ovunque, che racconta con testi e fotografie il primo anno del viaggio attraverso il Paese della Croce di Lampedusa, realizzata con i legni dei barconi dei migranti e benedetta da Papa Francesco il 9 aprile 2014 (pagine 150). Si tratta di un’iniziativa di Arnoldo Mosca Mondadori e della Fondazione Casa dello Spirito e delle Arti onlus, che ha coinvolto migliaia di persone. Tra gli interventi quelli dell’Arcivescovo di Agrigento, Card. Francesco Montenegro, di Gian Carlo Perego, direttore della Fondazione Migrantes, e di Alfonso Cacciatore.