L’«autofiction» si fa Storia
I| Da sinistra: Cesare Pavese, Leone Ginzburg, Franco Antonicelli e Augusto Frassinelli negli anni 40 sulle colline delle Langhe romanzi di Scurati si muovono sul terreno oggi assai frequentato dell’incrocio e mescolanza di fiction, autofiction e Storia con la maiuscola, con una buona dose di considerazioni che sfiorano il saggio, la memoria, il diario. È tra i più abili e i più onesti nel manovrare questi percorsi, e riesce ancora a stupirci, di libro in libro, per il modo in cui avverte lo spirito del tempo e si muove dentro un’accanita interrogazione del presente. Un presente molto italiano, ma che non si chiude sull’Italia.
Stavolta l’idea forte di Il tempo migliore della nostra vita è quella del confronto tra una biografia o storia di famiglia di personaggi noti – Leone Ginzburg e i suoi cari, soprattutto la moglie, Natalia – dapprima tra la Russia dell’infanzia di Leone/Lev e la Torino dove ambientarsi per una nuova esistenza, e dove l’epicentro della formazione e delle prime attività pubbliche di Leone furono, dentro la crescita dei gruppi antifascisti, le vicende della casa editrice Einaudi, gestazione fondazione prime imprese, cui Ginzburg dettò la linea salvo scontrarsi più tardi, a Roma, con un’altra vittima della storia di quegli anni, Giaime Pintor – il primo più attento alla tradizione e a un’idea di cultura come passaggio di testimone tra le generazioni e consolidamento dei valori, come pedagogia di una collettività, e il secondo alla sete del dialogo con il presente che potesse ispirarne le azioni.
Per Leone, quel che bisognava fare era «incivilire la gente». Vennero poi il confino e Roma: il paese abruzzese di Pizzoli (dove Natalia scrisse il suo primo romanzo, uscito durante la guerra, firmandolo Alessandra Tornimparte e prendendo il nome da un comune prossimo a quello) e a Roma, nel luogo per molti mesi più esemplare di tutti, il carcere di Regina Coeli, fino agli ultimi giorni del regime fascista e dell’occupazione nazista). La Russia scomparve presto dall’orizzonte di vita del giovane Leone, ma la sua cultura e i suoi scrittori – più Tolstoj che Dostoevskij, per la sua convinzione che non si dovesse cedere a nessun tipo di disperazione – resta il riferimento centrale del suo lavoro di traduttore e di saggista. La corrispondenza dal confino sull’edizione di Guerra e pace con il giovane editore Einaudi, persona di scarso calore umano, ha qualcosa di angoscioso, per il contesto in cui fu intrattenuta.
L’idea forte del romanzo scuratiano è quella di alternare la storia dei Ginzburg a quella della propria famiglia – quella del padre dentro un contesto milanese, quella della madre in un contesto napoletano, più co- muni gli accadimenti della prima e più vivaci quelli della seconda, che era legata al mondo del teatro più popolare del tempo (compare tra i comprimari anche un Totò generoso e fedele), e di giustapporre le disgrazie della prima a quelle della seconda, disgrazie derivate anzitutto dall’epoca, disgrazie esterne, belliche, storiche.
Diversi, ma mai del tutto, i modi di soffrire la storia che furono dei Ginzburg e quelli che furono degli Scurati e dei Ferrieri, dentro una dimensione più politica e cosciente i Ginzburg, dentro una storia (una zona) più chiara i primi e nella zona che poi fu detta grigia i secondi, ebrei in parte stranieri e perseguitati i primi, italiani i secondi, con una minore coscienza degli accadimenti. Una differenza, però non insistita dall’autore, è anche quella, che fu dell’Italia del tempo e della storia dell’antifascismo almeno fino al 25 luglio, tra una condizione sociale comunque elitaria e una legata a quella sorta di accettazione collettiva o di ignavia di un popolo che non mise in discussione il regime fino alla sua crisi nel ’43.È col giugno ’40 – la dichiarazione di guerra a Francia e Inghilterra – che le strade delle due stirpi vengono unite dall’autore in uno stesso percorso, ché la guerra le rende simili e per buona parte comuni, e vi sono morti da una parte e dall’altra, anche se la tragica morte di Leone è segnata da una consapevolezza particolare. Scurati riporta per intero l’ultima, bellissima e straziante lettera di Leone alla moglie.