Scoprire Palma il Vecchio
La presenza di due dipinti di Palma il Vecchio (Jacopo Nigreti 1480 circa -1528) nella collezione Thyssen Bornemisza è la prova della fortuna che il pittore, nato a Serina in val Brembana, godeva all’inizio del Novecento. Il giudizio che ne diede Cavalcaselle è al limite dell’encomio, avendogli attribuito il merito di aver “rigenerato”, insieme a Giorgione e Tiziano, l’arte veneziana. Troppo. Fatto sta che Palma, pur non paragonabile a quei due, svetta nel panorama del primo Cinquecento veneziano e veneto di terra ferma, gremito di maestri di varia levatura, e non va confuso né con i Santacroce, né con il Licinio, di loro meno casereccio, né col Catena, né con Rocco Marconi, né con Bonifacio Veronese, né con il Capriolo, la cui vena popolare e la propensione a fare d’ogni cosa un presepe, riempie di tenerezza il core. Invidio chi, in mezzo a sta folla (assai più folta del succinto elenco) sa, come Giorgio Fossaluzza, discernere le mani. Le stesse attribuzioni al Palma in taluni casi s’incagliano, e la sua storia critica è piena di abbagli.
La bella mostra che Bergamo oggi gli dedica, la prima di taglio antologico-monografico
«Ritratto di donna, detta La Bella», Madrid, Museo Thyssen-Bornemisza (curata da Giovanni C.F. Villa), per quanto ne so e mi pare, va sul sicuro. Vi si raccolgono alcuni dei quadri più acclarati, a cominciare dalle pale d’altare, con l’ Assunzione di Maria eseguita intorno al 1514 per la Scuola di Santa Maria Maggiore a Venezia, e con il polittico che Palma realizzò per la chiesa dell’Annunciata del suo paese natale, restaurato in occasione della mostra; un restauro da brividi, risolto con successo. Messe a confronto, queste opere variamente composte, manifestano come la magniloquenza forbita della tavola veneziana, ceda il passo al fare più naturale, per non dire rustego, del polittico serinese. Sulla differenza di tono deve avere influito l’adattamento ai gusti di committenti di difforme estrazione, e tra le virtù che riconosciamo al Palma, non ultima è la schiettezza (bergamasca) di non rifiutare, una volta giunto a un alto livello di notorietà, di lavorare anche per committenti defilati in provincia, a Zogno, a Gerosa, ad Alzano Lombardo. Se il pittore diede il meglio di sé nella specialità delle “sacre conversazioni” e delle mezze figure femminili, non si può misconoscere un tono in tutto aristocratico nella bellissima Santa Barbara, che ancora si conserva in Santa Maria Formosa, e nella Madonna in trono e santi in Santo Stefano a Vicenza.
Palma era documentato a Venezia già nel 1510, il che significa che aveva puntato alto subito, senza però tradire le proprie origini valligiane. Nel 1510 moriva Giorgione; Tiziano era ormai proiettato invèr le stelle; Giovanni Bellini era considerato il migliore in città, di conseguenza la fase di ambientamento del Nigreti non poteva che tenere conto di tale strepitosa convergenza veneziana. Dapprima egli segue un po’ Carpaccio, indi Bellini (molto), poi at- traversa le ammalianti atmosfere giorgionesche, infine plana felicemente su Tiziano, il Tiziano del “classicismo cromatico”, proprio della metà del secondo decennio del Cinquecento, che gli risultava pienamente congeniale. Ma «a differenza del colore fermentato di Tiziano, quello di Palma è caratterizzato da una pellicola traslucida e smaltata» (Ballarin).
L’opulenza cromatica delle Sacre conversazioni, che si dilatano in orizzontale, con cadenze ampie e avvolgenti, in paesaggi lussureggianti, o delle mezze figure, rappresenta un fattore di generale rasserenamento. Le mezze figure femminili erano, e forse sono ancora, molte ambite. A proposito di tutte queste signore (prendo in prestito il titolo di un gustoso film di I. Bergman), la critica si è domandata chi siano. Nell’inventario post mortem del pittore è menzionato un «retrato de la car.a con cavelj (capelli) butadj su le spale», dove l’abbreviazione car.a è stata sciolta in «carampana». Le carampane erano le meretrici veneziane che si concentravano in Ca’ Rampani, zona di Venezia sita in parrocchia di San Cassiano. L’ipotesi è stata respinta (Attardi). Più probabilmente non si tratta di cortigiane, bensì di personificazioni emblematiche della bellezza, di una bellezza tipica e intramontabile, sulla cui superficie il Palma non aveva svolazzato, impegnandosi a scrutarne la dimensione interiore.