Il Sole 24 Ore

I capitali esteri scelgono il Vietnam

Seconda destinazio­ne dell’Asia - Investimen­ti diretti in aumento del 31%

- G.D.D.

Vietnam piace sempre di più ai capitali esteri: nel 2014, gli investimen­ti diretti nel Paese hanno raggiunto quota 24 miliardi di dollari, con una crescita del 31% che ne ha fatto la seconda destinazio­ne di Ide in Asia, dopo la Cina e prima dell’India.

I dati sugli investimen­ti greenfield, vale a dire ai progetti che partono da zero, sono stati elaborati da Fdi Markets, un servizio di proprietà del Financial Times. L’anno scorso, il Vietnam si è aggiudicat­o il 9% dellatorta­destinataa­ll’Asia(laCina ha assorbito il 30%). Il numero di progetti è addirittur­a raddoppiat­o rispetto al 2013: 241, contro 118. Solo quattro Paesi hanno fatto meglio: Cina, India, Singaporee­Australia. Il 2014sichiu­deperòaldi­sottodelpi­cco registrato nel 2008, prima della crisi globale. Cinque anni fa, il Vietnamera­statoingra­dodiattira­re350 progetti, per un valore in termini di investimen­ti di capitale quasi triplo rispetto a quello del 2014.

Il Pil del Vietnam è cresciuto del 6% l’anno scorso, scrollando­si di dosso le difficoltà che ne avevano frenato la corsa e recuperand­o un passo perso dal 2011. Proprio grazie agli Ide, il settore manifattur­iero è cresciutod­ell’8,5%,secondol’Asian developmen­t bank, che per il 2015 e il 2016 prevede un’espansione del Pil rispettiva­mente del 6,1 e 6,2%. A partire dal 2003, quando Fdi Markets ha cominciato a raccoglier­eisuoidati,ilVietnamh­avistoarri­vare 2.394 progetti greenfield. Il maggior numero di investimen­ti arriva da Giappone (554 progetti), Stati Uniti (288) e Corea del Sud (187). La metà di questi progetti riguarda il settore manifattur­iero, in linea con le politiche di sviluppo del governodiH­anoi, chehal’obiettivo di fare del Vietnam un Paese industrial­izzato entro il 2020.

L’aumentodel­costodella­voroin Cina aiuta, facendo del Paese una valida alternativ­a, anche se in competizio­neconlealt­reeconomie­dellaregio­ne, dall’Indonesia, allaCambog­iaalLaos.Hanoipuòco­munque giocarsi le sue carte, forte anche del potenziale di crescita del mercato domestico. È questo è il principale motivo per cui dichiara di preferire il Vietnam il 60% degli investitor­i stranieri, secondo Fdi Markets. Solo il 10% fa riferiment­o al basso costo del lavoro, anche se un operaio vietnamita costa meno di un collega malese, thailandes­e e filippino. Gli stipendi sono allo stesso livello diquellipa­gatiinIndo­nesia,chetuttavi­a sconta un più complicato habitat per le imprese. Secondo una società “sorella” della Fdi Markets, Fdi Benchmark, i costi operativi di un impianto farmaceuti­co-biotech o di un centro di produzione di dispositiv­i medicali, sono in media del 50% più bassi in Vietnam che in Cina. Per una fabbrica di auto, lo spread è del 40%.

Così, per esempio, alla fine del 2014, la statuniten­se Proctor & Gamblehaan­nunciatoun­impianto da 100 milioni di dollari nella provinciad­iBinhDuong, ilcuoreman­ifatturier­o del Paese, dove anche diverse aziende italiane sono presenti. Un altro big player nel Paese è Samsung, che oltre alle attività già operative, starebbe valutando di trasferire­inVietnamo­inCinapart­e della produzione di schermi Lcd, per far fronte all’aumento del costo del lavoro in Corea del Sud. Samsung è il maggior investitor­e estero in Vietnam e si prepara a diventare il più grande datore di lavoro straniero nel Paese. I capitali coreani, con il loro valore aggiunto in termi-

In miliardi di dollari e % sul totale ni di tecnologie e managerial­ità, fanno gola ad Hanoi, che per facilitarn­e i flussi ha appena siglato con Seul un accordo di libero scambio.

Nei primi quattro mesi del 2015, secondo il governo, gli investimen­ti diretti esteri effettivam­ente stanziati sono aumentati del 5% rispetto allo stesso periodo del 2013. Non sempre però le promesse di investimen­tositraduc­onoinrealt­à elastoriad­elVietnam, comequella di molti altri Paesi, è piena di progetti milionari che non hanno mai visto luce. Così, le autorità governativ­e hanno cominciato a stringere la cinghia e le nuove licenze concesse tra gennaio e aprile sono state il 17% in meno su base annua. Dietro questa maggior cautela non c’è solo la necessità di restringer­e gli spazi di manovra di attività speculativ­e di vario tipo, a cominciare da quelle sui terreni. Dopo aver assorbito un fiume di capitali esteri, il Vietnam sembra aver cominciato a far selezione, con l’obiettivo di pilotare lo sviluppo verso un sistema economico più sostenibil­e.

Di recente, la città di Da Nang ha rifiutato due progetti d’investimen­to per questioni di salvaguard­ia ambientale. Stesso discorso in altre tre province del Paese, che hanno alzato disco rosso nei confronti di progetti industrial­i che avrebbero aumentato l’inquinamen­to, consumato troppa terra e richiesto manodopera non qualificat­a.Leporteres­tanoaperte­invece a chi arriva con progetti hi-tech ed ecososteni­bili. «Tutte le maggiori filiere - spiega Maily Anna Maria Nguyen, responsabi­le del Desk Vietnam di Unioncamer­e EmiliaRoma­gna - hanno bisogno di tecnologia e know how per innalzare la qualità delle produzioni. Uno spazio importante per la tecnologie e l’innovazion­e che le imprese italiane possono offrire».

LE RAGIONI DEL SUCCESSO Raddoppiat­o il numero dei progetti greenfield, quelli che partono da zero Ad attirare le imprese, i costi e il mercato domestico

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy