Angelini (Unesco): beni culturali? Serve una strategia di lungo periodo
Mancano le infrastrutture, c’è un gap culturale da colmare, serve una vera e propria strategia di promozione. È un’analisi con giudizi tranchant quella di Aurelio Angelini, docente universitario e direttore della Fondazione Unesco Sicilia, sul settore dei beni culturali della regione e sulla capacità di sfruttare l’immenso patrimonio dell’isola come attrazione turistica. «Il primo problema – dice – è la mancanza di un sistema infrastrutturale che ci permetta di sostenere un complesso, quello siciliano, che è un arcipelago di siti. Questa è la precondizione per fare turismo su un livello alto. Non è solo un problema di strade e ferrovie ma anche di infrastrutture tecnologiche». Insomma siamo all’anno zero... Diciamodisì. Ebisognatenerecontopoiche il sistema non è supportato né dalla Regione né dagli enti locali con metodi che i Paesi del Nord applicano ormai da tempo. La piccola isola di Malta, inproporzione, famoltomegliodellaSicilia (in termini di performance nel settore turistico, ndr) con una differenza di non poco conto: MaltahasolounsitoUnesco, noi- trasiti materiali e immateriali - ne abbiamo nove (e presto diventeranno dieci, ndr).
Qual è il problema dei problemi, se così possiamo dire?
C’è un gap culturale prima ancora che economico: noi non abbiamo sistemi turistici coesi. Ognuno fa sistema turistico da solo.
Leiprimahaaccennatoalnodoinfrastrutture.
Già. Se consideriamo il sistema ferroviario la Sicilia è divisa in dieci parti. Se ci mettessimodallapartediunturistacheviaggiaintreno ci renderemmo conto che è molto difficile visitare l’isola. Le faccio un esempio: se il polo di Taormina fosse hub del turismo culturale in
Cosa intende invece quando parla di infrastrutture tecnologiche?
Le spiego: i nostri beni culturali hanno scarsa capacità di promozione. Tutti i nostri beni culturali non hanno capacità remota, nel senso che è difficile poterne apprezzare la bellezza collegandosiinrete. Seandiamosuisitidiunaseriedi musei europei possiamo vedere le opere e in qualchecasofareunavisitavirtualeeciòrisponde al bisogno di fascinazione alla base delle motivazioni di un certo tipo di viaggiatore, che prima di intraprendere il viaggio ha bisogno di rimanereaffascinatodalluogocheintendevisitare. Noiinvecenonsappiamonemmenocosasia la fascinazione in termini di valorizzazione del patrimonio. Da noi, per dire, non si trovano nemmeno le informazioni basilari. Cosa bisogna fare dunque? Serve un progetto politico e una strategia di lungo periodo. Abbiamo assistito negli ultimi anni a un balletto di assessori regionali e di direttori generali. Mi spiace dirlo ma i decisori non sono in condizione di capire la sfida.