Il Sole 24 Ore

Uscita a 62 anni, assegni ridotti del 20-30%

Renzi: «Con la legge di stabilità più flessibili­tà» - Ricalcolo con il contributi­vo, altolà di Alfano

- Marco Rogari

pNessuna cancellazi­one della legge Fornero ma un nuovo meccanismo per consentire già a chi 61 o 62 anni di età di andare in pensione seppure con un assegno ridotto. Il giorno dopo il varo del decreto sul nodo indicizzaz­ione Matteo Renzi torna a parlare del delicato “capitolo previdenza” confermand­o che il Governo punta a introdurre maggiore flessibili­tà in uscita con la prossima legge di stabilità. «L’impegno del Governo è chiaro ed è: liberiamo dalla “Fornero” quella parte di popolazion­e che accettando una piccola riduzione può andare in pensione con un po’ più di flessibili­tà», afferma il premier a “Porta a porta” aggiungend­o: «L’Inps deve dare a tutti la libertà di scelta». Ma nella maggioranz­a c’è chi mette subito paletti precisi. Dal ministro Angelino Alfano (Ap) arriva un secco «no al ricalcolo di chi si sta avvicinand­o alla pensione» anche in chiave “contributi­va”. A livello tecnico comunque si sta già approntand­o un primo dossier di partenza con diverse opzioni d’intervento. E con più di un incognita: i costi dell’operazione e l’entità della riduzione degli assegni che nel caso di un anticipo di quattro anni (ad esempio pensioname­nto a 62 anni anziché a 66) potrebbe essere del 20-30% rispetto al trattament­o “pieno”.

Una contrazion­e non proprio soft che dipendereb­be anche dall’eventuale nuova penalizzaz­ione ad hoc sulla parte del “montante” calcolato con il sistema retributiv­o (quello agganciato allo stipendio) che è tra le ipotesi allo studio. E che si andrebbe ad aggiungere alla riduzione già insita (nei casi di uscita anticipata) nel sistema contributi­vo (quello direttamen­te collegato ai contributi versati) e nei coefficien­ti di trasformaz­ione del montante contributi­vo attraverso i quali si moltiplica il montante per una quota pari al 4,94% con un’a 62 anni e, invece, del 5,62% con il pensioname­nto a 66 anni (sulla base dei parametri in vigore a tutto il 2015). L’eventuale penalizzaz­ione ad hoc sulla parte “retributiv­a” del montante produrrebb­e un alleggerim­ento di un ulteriore 12% dell’assegno con l’uscita anticipata di 4 anni. Un’opzione che sarebbe più “invasiva” del taglio del trattament­o previsto dalla proposta Pd targata Cesare Damiano e Pier Paolo Baretta: riduzione del 2% l’anno fino a un massimo dell’8% dopo 4 anni (v. Il Sole 24 Ore di ieri).

Per realizzare questa operazione sarebbero comunque necessarie nuove risorse visto che anche l’entrata in vigore dal 2016 dei nuovi coefficien­ti di trasformaz­ione non potrebbe essere sufficient­e a tenere i conti in ordine. Il meccanismo delle penalizzaz­ioni ad hoc legate al montante non scatterebb­e nel caso in cui il Governo dovesse optare per una soluzione che prevede l’escluso calcolo con il metodo contributi­vo degli assegni da erogare nel caso di uscite anticipate. C’è poi da capire se nel progetto del Governo troverà posto un tetto minimo di contribuzi­one per sfruttare l’uscita anticipata (oggi c’è quello di 20 anni per i trattament­i di vecchiaia).

Al momento quelle dei tecnici sono solo ipotesi grezze allo studio. Anche se Renzi fa capire chiarament­e il Governo è intenziona­to a imboccare la strada della flessibili­tà per le uscite, a cominciare da quelle delle donne. «Senza fare promesse, altrimenti dicono che è una promessa elettorale» dico che «con la legge di stabilità stiamo studiano un meccanismo non per cancellare la “Fornero” ma per dare un po’ di libertà se ad esempio a 61 anni vuoi andare in pensione e accetti di prendere quei trenta euro in meno», sottolinea il premier.

Renzi torna anche sulla questione dei rimborsi che l’esecutivo è stato costretto ad affrontare dopo la pronuncia della Consulta del blocco. «La sentenza avrebbe imposto al Governo di ripagare 18 miliardi di euro ma i cittadini sanno che non ha senso spendere 18 miliardi per dare i rimborsi. È un dovere dare a chi prende poco e non a chi ha una pensione di 5mila euro», afferma il premier. Che sottolinea: «Abbiamo risolto un problema nel giro di 15 giorni e abbiamo recuperato credibilit­à in Europa».

Il decreto garantisce un rimborso una tantum netto medio di 500 euro (a scalare da 750 a 278 euro) a 3,7 milioni di pensionati con assegni sotto i 3mila euro lordi. Il tutto con una percentual­e di rimborsi di circa il 40% per la fascia 1.0002mila euro lordi, del 20% per quella di circa 2.001-2.500 euro lordi e del 10% per quella fino a 3mila euro lordi. Il meccanismo di trasciname­nto degli arretrati si riverberer­à sulle stesse fasce a partire dal 2016 da un minimo di 60 euro a un massimo di 180 euro lordi.

Il premier si sofferma anche sulla battaglia sui vitalizi parlamenta­ri che definisce «sacrosanta». A considerar­e «non giustifica­ti» i vitalizi è anche il presidente dell’Inps, Tito Boeri. Che insiste: oc- corre allineare le pensioni alte ai contributi effettivam­ente versati. E sottolinea: «Se ci sono persone che hanno versato pochi contributi e poi hanno pensioni altissime, non li chiamerei diritti acquisiti».

Boeri si mostra d’accordo dare flessibili­tà in uscita alla legge Fornero: «Nel farla serve guardare al sistema contributi­vo. Perché se avessimo usato il sistema pro-rata per tutte le pensioni retributiv­e nel 1995 la situazione oggi sarebbe molto diversa». Quanto alla pronuncia della Consulta, Boeri afferma che «se il Governo per aumentare le pensioni avesse impiegato i 18 miliardi» necessari al recepiment­o integrale la sentenza «la possibilit­à di adottare misure di contrasto alla povertà, che è aumentata di un terzo tra i più poveri», sarebbe stata «molto più difficile». A sostenere che occorrereb­be commisurar­e le pensioni ai contributi è pure Carlo Cottarelli ora all’Fmi dopo essere stato commissari­o per la “spending”. «La spesa per pensioni in Italia è pari al 16,5% Pil, la più alta tra i Paesi avanzati», dice Cottarelli precisando che «alla luce della sentenza della Consulta occorrereb­be un provvedime­nto ben disegnato per evitare problemi legali futuri».

Il ministro Giuliano Poletti conferma che il Governo si muove per superare «le criticità» della legge Fornero. E sul fronte Consulta afferma: «È chiaro che chi volesse ricorrere dovrebbe partire da un punto di vista diverso che è il nuovo decreto». Ma per Susanna Camusso (Cgil) il decreto «è una prima risposta non sufficient­e e conclusiva». Dura l’opposizion­e. Per Beppe Grillo il «bonus Poletti» è «meglio dei famosi confetti. Lassativo Pd cooperativ­o». E anche Renato Brunetta (Fi) ripete: non è un bonus è un imbroglio.

PENALITÀ SUL RETRIBUTIV­O Tra le opzioni penalizzaz­ione sulla parte di «montante» calcolato sulla retribuzio­ne o calcolo contributi­vo per gli assegni anticipati

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