Una zavorra per i mercati più dinamici
Imercati dell’Asia Orientale pesano per l’8,5% delle esportazioni italiane. Potrebbe sembrar poco, ma il dato assume connotati diversi se lo si accompagna al tasso medio annuo di crescita in quell’area dal 2010, di nuovo l’8,5% ovvero il doppio della variazione delle nostre vendite all’estero. Non vi è dubbio, quindi, che il riassetto degli equilibri globali cui stiamo assistendo in questi giorni coinvolge l’economia reale e le produzioni italiane. I cosiddetti “paesi emergenti” che in molti casi sono economie già molto inserite negli scambi mondiali, stanno soffrendo di crisi che in vario modo si alimentano anche tra loro: basti pensare all’impatto del rallentamento cinese sui prezzi delle materie prime da cui dipendono in buona parte le grigie congiunture russa e brasiliana. La dinamica degli scambi mondiali, un tempo poco influenzata dalla domanda espressa degli emergenti, rallenta ed inoltre le valute di quei paesi tendono a deprezzarsi rispetto alle valute occidentali. In alcuni casi, la svalutazione delle monete asiatiche, sudamericane e africane, è già molto sensibile. È l’euro in questa fase che si apprezza, anche perché si allontanano le prospettive di un rialzo dei tassi Usa che rafforzerebbe il dollaro.
Sarebbe sbagliato però ritenere che le nostre esportazioni si troveranno presto in acque agitate. Ieri, ad esempio, la crescita dell’economia inglese è stata rivista al rialzo: il nostro export verso il Regno Unito pesa per il 5,3%, il doppio circa di quanto pesi la Cina. Si tratta quindi di comprendere come le dinamiche in corso influenzeranno la tenuta dei mercati e cambi, e per gli esportatori si tratta di adattare le loro strategie al nuovo contesto. Se l’economia italiana ha tenuto, pur con tutte le difficoltà che sappiamo nell’ultimo lustro, questo lo si deve in buona parte agli esportatori italiani. Dal contributo del settore estero sono arrivate sovente le uniche buone nuove in trimestri nei quali la produzione ed il reddito si contraevano. Anche nel prossimo futuro dalle nostre esportazioni arriverà un contributo importante. Si tratterà di spingere su due leve. Intanto, puntare di più sui mercati “maturi” che nel medio termine sembrano più promettenti di quelli emergenti.
LE DINAMICHE Il sistema dovrà avere la capacità di riorientare le vendite verso le aree con dinamiche di crescita
La Ue da sola fa il 55% dell’export italiano, e se a Bruxelles (Berlino) si decidesse a rilanciare piani d’investimenti per sostenere la domanda , il beneficio per l’Italia sarebbe immediato.
La seconda leva riguarda i mercati emergenti, dove occorrerà sopperire alla minor convenienza dei nostri prezzi con l’euro rafforzato mediante uno sforzo in termini di distribuzione e marketing. I volumi ed i margini di profitto dipendono dai corsi valutari, ma molto dipende anche dal potere contrattuale dei produttori industriali e della distribuzione commerciale, ed i nostri esportatori sono ancora spesso in balia di sistemi di distribuzione internazionale sui quali non hanno alcun controllo.