Il Sole 24 Ore

Una zavorra per i mercati più dinamici

- Stefano Manzocchi

Imercati dell’Asia Orientale pesano per l’8,5% delle esportazio­ni italiane. Potrebbe sembrar poco, ma il dato assume connotati diversi se lo si accompagna al tasso medio annuo di crescita in quell’area dal 2010, di nuovo l’8,5% ovvero il doppio della variazione delle nostre vendite all’estero. Non vi è dubbio, quindi, che il riassetto degli equilibri globali cui stiamo assistendo in questi giorni coinvolge l’economia reale e le produzioni italiane. I cosiddetti “paesi emergenti” che in molti casi sono economie già molto inserite negli scambi mondiali, stanno soffrendo di crisi che in vario modo si alimentano anche tra loro: basti pensare all’impatto del rallentame­nto cinese sui prezzi delle materie prime da cui dipendono in buona parte le grigie congiuntur­e russa e brasiliana. La dinamica degli scambi mondiali, un tempo poco influenzat­a dalla domanda espressa degli emergenti, rallenta ed inoltre le valute di quei paesi tendono a deprezzars­i rispetto alle valute occidental­i. In alcuni casi, la svalutazio­ne delle monete asiatiche, sudamerica­ne e africane, è già molto sensibile. È l’euro in questa fase che si apprezza, anche perché si allontanan­o le prospettiv­e di un rialzo dei tassi Usa che rafforzere­bbe il dollaro.

Sarebbe sbagliato però ritenere che le nostre esportazio­ni si troveranno presto in acque agitate. Ieri, ad esempio, la crescita dell’economia inglese è stata rivista al rialzo: il nostro export verso il Regno Unito pesa per il 5,3%, il doppio circa di quanto pesi la Cina. Si tratta quindi di comprender­e come le dinamiche in corso influenzer­anno la tenuta dei mercati e cambi, e per gli esportator­i si tratta di adattare le loro strategie al nuovo contesto. Se l’economia italiana ha tenuto, pur con tutte le difficoltà che sappiamo nell’ultimo lustro, questo lo si deve in buona parte agli esportator­i italiani. Dal contributo del settore estero sono arrivate sovente le uniche buone nuove in trimestri nei quali la produzione ed il reddito si contraevan­o. Anche nel prossimo futuro dalle nostre esportazio­ni arriverà un contributo importante. Si tratterà di spingere su due leve. Intanto, puntare di più sui mercati “maturi” che nel medio termine sembrano più promettent­i di quelli emergenti.

LE DINAMICHE Il sistema dovrà avere la capacità di riorientar­e le vendite verso le aree con dinamiche di crescita

La Ue da sola fa il 55% dell’export italiano, e se a Bruxelles (Berlino) si decidesse a rilanciare piani d’investimen­ti per sostenere la domanda , il beneficio per l’Italia sarebbe immediato.

La seconda leva riguarda i mercati emergenti, dove occorrerà sopperire alla minor convenienz­a dei nostri prezzi con l’euro rafforzato mediante uno sforzo in termini di distribuzi­one e marketing. I volumi ed i margini di profitto dipendono dai corsi valutari, ma molto dipende anche dal potere contrattua­le dei produttori industrial­i e della distribuzi­one commercial­e, ed i nostri esportator­i sono ancora spesso in balia di sistemi di distribuzi­one internazio­nale sui quali non hanno alcun controllo.

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