Riscossione privata: FarWest (con truffa)
Società senza requisiti normativi, abusi alle stelle, dirigenti delle agenzie spesso sotto inchiesta
In Italia abbiamo sicuramente un problema di tasse. Come sanno tutti sono troppe, esorbitanti e da molti non pagate.
Insomma, nonostante il nome dell’agenzia responsabile della riscossione – Equitalia – nel nostro Paese non c’è equità. E neppure rigore. In compenso abbiamo esattori privati che si arricchiscono personalmente con il denaro pubblico. Il dramma è che, per chi paga le tasse, le cose rischiano addirittura di peggiorare. Il crollo della riscossione involontaria fa infatti temere altre legnate erariali per i contribuenti coscienziosi.
Come è spesso il caso, le responsabilità principali sono della nostra classe politica. Che non ha mai saputo affrontare la radice del problema, e cioè la bassa qualità dell’elaborazione e della riscossione dei tributi locali.
Davanti alle follie delle cartelle pazze – in gran parte attribuibili a dati lacunosi provenienti dai Comuni – il Parlamento ha demagogicamente risposto indebolendo gli strumenti a disposizione dei responsabili della cosiddetta riscossione coattiva, cioè delle tasse non pagate.
A dirlo è la Corte dei Conti. Nel suo ultimo “Rendiconto generale dello Stato” si legge che la raccolta del 2014 “ha risentito degli effetti conseguenti alle modifiche normative intervenute negli ultimi anni che, destinate ad accrescere le tutele dei debitori, hanno di converso comportato una non secondaria compressione (oltre che dilatazione nel tempo) della capacità di recupero degli agenti della riscossione”. Altrettanto chiaro parlano i numeri: nel 2010 erano stati recuperati quasi nove miliardi mentre l'anno scorso poco più di sette. A fronte di un carico accumulato e non riscosso che al 31 dicembre 2014 era arrivato a 686 miliardi. In altre parole, si è riscosso appena l'1,1% del cosiddetto montante. E quest'anno gli esperti consultati da Il Sole 24 Ore prevedono una raccolta ancora inferiore.
Questo calo ha anche un altro motivo: dal 2011 il Governo ha stabilito che Equitalia non si deve occupare più della raccolta dei tributi locali. Il provvedimento preso dall'allora ministro Tremonti ha stabilito che a farsi carico della raccolta siano gli stessi Comuni, ai quali sono state concesse due opzioni. La prima è quella di farlo direttamente, tramite i propri sportelli oppure attraverso appositi enti comunali. La seconda è di indire una gara aperta a soggetti privati o alla stessa Equitalia.
Il problema è che la prima modalità esiste solo sulla carta - perché il grosso dei Comuni non ha né le dimensioni né il know-how per realizzarla - e la seconda opzione è stata esercitata da pochi. Risultato: da quel lontano 2011 si va avanti con Equitalia che fa la raccolta in regime di proroga rinnovato di sei mesi in sei mesi. Ma poiché la responsabilità non è più sua, Equitalia ha ovviamente abbassato la guardia, contribuendo così al crollo della riscossione coattiva, che è scesa del 9,8% tra il 2011 e il 2012, di un ulteriore 5,8% nel 2013 e di un drammatico 13,2% nel 2014.
Se la riscossione pubblica ha il raffreddore, quella privata ha la peste bubbonica. Anche perché da sempre opera in regime da Far West, cioè praticamente senza requisiti normativi degni di questo nome. Risultato: gli abusi sono andati alle stelle, con amministratori, dirigenti e pro- prietari di praticamente tutte le agenzie di riscossione private al centro di inchieste giudiziarie per frode o peculato.
Come recita la homepage del suo sito, “con 1.200 amministrazioni servite”, Aipa è la seconda maggiore società di riscossione in Italia dopo Equitalia e la prima di quelle private. Ma nell'ultimo anno e mezzo il suo presidente e dominus Daniele Santucci non è stato impegnato a riscuotere tributi bensì a evitare la galera, dove la procura di Milano puntava a sbatterlo per essersi indebitamente appropriato dei denari dei contribuenti di centinaia di Comuni (vedi anche box su Poste Tributi). E venerdì 11 settembre, con rito abbreviato, il Tribunale di Milano lo ha condannato a tre anni e quattro mesi di reclusione, al risarcimento del danno e all'interdizione perpetua dai pubblici uffici per peculato continuato.
Secondo la Guardia di Finanza di Lecco, che ha condotto l'indagine per conto sia della procura ordinaria sia di quella contabile, Aipa versava il denaro pubblico su suoi conti privati senza contabilizzarli e poi suoi funzionari mettevano parte di quelle somme nella disponibilità di Santucci (noto alle cronache imperiesi per essere socio in affari di Piercarlo Scajola, figlio di Claudio).
Con quei soldi Santucci è stato accusato di aver acquistato un allevamento di cavalli a Pira a Castelveccana, uno dei luoghi più belli della sponda lombarda del lago Maggiore, e un ranch in California. Oltre a varie auto di lusso, le Fiamme Gialle gli hanno trovato – e prontamente confiscato - un tesoro fatto di monete d'oro e lingotti d'argento per un valore totale di quasi quattro milioni di euro.
Non meno sconcertante è la vicenda di Giuseppe Saggese, ex amministratore delegato di Tributi Italia, oggi al centro di un fascicolo aperto a Chiavari dal procuratore Francesco Cozzi e poi trasferito a Roma dove i Pm Stefano Pesci, Paola Filippi e Francesca Loy sono in procinto di presentare l'avviso di conclusione delle indagini e con tutta probabilità chiedere il rinvio a giudizio di Saggese per bancarotta e peculato.
Nella sostanza, l'ex Ad di Tributi Italia avrebbe “distratto” oltre 10 milioni di euro di tasse versate alla sua società dai contribuenti di vari Comuni. Nell'ordinanza di custodia cautelare che ha portato all'arresto di Saggese viene riportata una dichiarazione di un suo collaboratore, tale Roberto Pianetti, che dice: “Ricordo che ancor prima che mi venisse consegnata la rendicontazione il sig. Saggese Giuseppe, per il tramite della sua segretaria, Schenone Maria Grazia, prelevava dai conti correnti postali circa 10.000,00 euro al giorno in contanti”.
Nel febbraio scorso il Gup del Tribunale di Foggia ha invece condannato a tre anni e cinque mesi di reclusione Lanfranco Tavasci, ex amministratore delegato della società concessionaria di tributi Gema, accusato con altre cinque persone di essersi appropriato di 22 milioni di euro in contributi riscossi per conto di 36 Comuni pugliesi e mai versati.
Ancora più emblematica, perché spiega come alcune di queste società di riscossione private riescono a farsi affidare gli appalti, è la vicenda della Gec, che per anni si è occupata della riscossione delle tasse di circolazione automobilistica in Piemonte. Qui agli arresti sono finiti l'amministratore delegato, il presidente onorario, il vice presidente Franco Giraudo e il direttore in quanto “ideatori ed esecutori di condotte criminose”.
Con la complicità di funzionari pubblici, queste “condotte” si erano propagate dal Piemonte in Veneto e in Campania. Negli atti del procedimento di Torino si apprende che “le indagini prendevano avvio da un esposto querela (…) ove si lamentavano degli atti illegittimi, riferibili a Tarizzo Giovani, responsabile della Direzione Risorse Finanziarie della Regione Piemonte”. Dalle indagini emergeva che Gec aveva “costituito un fondo nero, utilizzato per doni o pagamenti a vantaggio di Tarizzo” e che poi “il sistema Piemonte, o meglio sistema Tarizzo, si era allargato alla Regione Veneto e alla Regione Campania (…) sempre senza gara”.
In pratica sarebbe stato un do ut des tra funzionari pubblici e Gec. Manipolando i bandi, i primi avrebbero fatto in modo che Gec ottenesse contratti, mentre i secondi avrebbero contraccambiato con regali o assunzioni gradite.
Dalle indagini è risultato che da Gec Tarizzo riceveva un “vero e proprio stipendio” di circa 50/60mila euro all'anno. “Questo stipendio,” si legge in un documento della Procura, “comunque non gli bastava, facendo lui stesso continue richieste di donativi e di benefit. Così si spiega il regalo di un trattore, di una moto per il figlio, di animali e del pagamento di vacanze per lui e per la sua famiglia”.
In Campania invece lo scambio era tra appalti e assunzioni. “Per quanto riguarda il bando di gara della Campania”, si legge nella deposizione di un funzionario Gec, “devo confessare che circa un mese prima della pubblicazione del bando di gara mi fu consegnato – in modo riservato – una bozza del bando poi pubblicato… Non so fare gli abbinamenti tra le persone che dovevamo assumere e i funzionari pubblici che ne avevano chiesto l'assunzione. Posso dire però che so che quell'elenco che avevamo dato era relativo a persone da assumere proprio perché richieste da funzionari della Regione e non per altri motivi”.
Ovviamente questi scambi clientelari alla fine venivano pagate dai contribuenti. La Regione Piemonte ci ha per esempio informato che Gec non si occupa più dei tributi regionali dal 30 giugno 2014 e che da allora il risparmio stimato per l'ente è stato di 2,5 milioni.
Il 4 settembre scorso, il Consiglio dei ministri ha approvato ben cinque decreti legislativi di attuazione della delega per il riordino del sistema fiscale. Ma in nessuno di essi si trovano misure di riforma del sistema di riscossione privato che gli esperti consultati da Il Sole 24 Ore ritengono “basilari”, come l'obbligo di versamento dei tributi raccolti su conti di soggetti titolati e non delle società di riscossione private (come succede oggi) o l'introduzione di una banca depositaria per il monitoraggio dei flussi finanziari legati alla riscossione.
A livello locale una delle poche iniziative degne di nota è stata presa nel settembre 2014 da Anci Toscana che, dopo aver sponsorizzato la creazione di un consorzio di vari comuni, ha indetto una gara per individuare una società che facesse la riscossione per tutti i consorziati. Da allora è però passato un anno e ancora non è stato comunicato il vincitore. Anzi, secondo i rumor, pare che l'orientamento sia quello di annullare la gara.
Se nulla lascia sperare in un miglioramento della qualità della riscossione locale, la tragicomica vicenda delle oltre 700 nomine di funzionari dell'Agenzia delle Entrate annullate dalla Corte Costituzionale per mancato concorso fa temere un calo anche di quella statale. Se non altro per il caos organizzativo che ha generato. Se ciò dovesse accadere, visti i precedenti, il rimedio più probabile sarebbe l'ennesimo aumento della tasse. Per chi le paga, ovviamente.
I CASI Daniele Santucci (Aipa) è accusato di essersi appropriato dei denari dei contribuenti Giuseppe Saggese (Tributi Italia) avrebbe «distratto» 10 milioni
LE INDAGINI Lanfranco Tavasci (ex Gema) condannato per la sparizione di 22 milioni - Arrestati ad, presidente onorario, vice presidente e direttore della Gec