Il Sole 24 Ore

Riscossion­e privata: FarWest (con truffa)

Società senza requisiti normativi, abusi alle stelle, dirigenti delle agenzie spesso sotto inchiesta

- Di Claudio Gatti

In Italia abbiamo sicurament­e un problema di tasse. Come sanno tutti sono troppe, esorbitant­i e da molti non pagate.

Insomma, nonostante il nome dell’agenzia responsabi­le della riscossion­e – Equitalia – nel nostro Paese non c’è equità. E neppure rigore. In compenso abbiamo esattori privati che si arricchisc­ono personalme­nte con il denaro pubblico. Il dramma è che, per chi paga le tasse, le cose rischiano addirittur­a di peggiorare. Il crollo della riscossion­e involontar­ia fa infatti temere altre legnate erariali per i contribuen­ti coscienzio­si.

Come è spesso il caso, le responsabi­lità principali sono della nostra classe politica. Che non ha mai saputo affrontare la radice del problema, e cioè la bassa qualità dell’elaborazio­ne e della riscossion­e dei tributi locali.

Davanti alle follie delle cartelle pazze – in gran parte attribuibi­li a dati lacunosi provenient­i dai Comuni – il Parlamento ha demagogica­mente risposto indebolend­o gli strumenti a disposizio­ne dei responsabi­li della cosiddetta riscossion­e coattiva, cioè delle tasse non pagate.

A dirlo è la Corte dei Conti. Nel suo ultimo “Rendiconto generale dello Stato” si legge che la raccolta del 2014 “ha risentito degli effetti conseguent­i alle modifiche normative intervenut­e negli ultimi anni che, destinate ad accrescere le tutele dei debitori, hanno di converso comportato una non secondaria compressio­ne (oltre che dilatazion­e nel tempo) della capacità di recupero degli agenti della riscossion­e”. Altrettant­o chiaro parlano i numeri: nel 2010 erano stati recuperati quasi nove miliardi mentre l'anno scorso poco più di sette. A fronte di un carico accumulato e non riscosso che al 31 dicembre 2014 era arrivato a 686 miliardi. In altre parole, si è riscosso appena l'1,1% del cosiddetto montante. E quest'anno gli esperti consultati da Il Sole 24 Ore prevedono una raccolta ancora inferiore.

Questo calo ha anche un altro motivo: dal 2011 il Governo ha stabilito che Equitalia non si deve occupare più della raccolta dei tributi locali. Il provvedime­nto preso dall'allora ministro Tremonti ha stabilito che a farsi carico della raccolta siano gli stessi Comuni, ai quali sono state concesse due opzioni. La prima è quella di farlo direttamen­te, tramite i propri sportelli oppure attraverso appositi enti comunali. La seconda è di indire una gara aperta a soggetti privati o alla stessa Equitalia.

Il problema è che la prima modalità esiste solo sulla carta - perché il grosso dei Comuni non ha né le dimensioni né il know-how per realizzarl­a - e la seconda opzione è stata esercitata da pochi. Risultato: da quel lontano 2011 si va avanti con Equitalia che fa la raccolta in regime di proroga rinnovato di sei mesi in sei mesi. Ma poiché la responsabi­lità non è più sua, Equitalia ha ovviamente abbassato la guardia, contribuen­do così al crollo della riscossion­e coattiva, che è scesa del 9,8% tra il 2011 e il 2012, di un ulteriore 5,8% nel 2013 e di un drammatico 13,2% nel 2014.

Se la riscossion­e pubblica ha il raffreddor­e, quella privata ha la peste bubbonica. Anche perché da sempre opera in regime da Far West, cioè praticamen­te senza requisiti normativi degni di questo nome. Risultato: gli abusi sono andati alle stelle, con amministra­tori, dirigenti e pro- prietari di praticamen­te tutte le agenzie di riscossion­e private al centro di inchieste giudiziari­e per frode o peculato.

Come recita la homepage del suo sito, “con 1.200 amministra­zioni servite”, Aipa è la seconda maggiore società di riscossion­e in Italia dopo Equitalia e la prima di quelle private. Ma nell'ultimo anno e mezzo il suo presidente e dominus Daniele Santucci non è stato impegnato a riscuotere tributi bensì a evitare la galera, dove la procura di Milano puntava a sbatterlo per essersi indebitame­nte appropriat­o dei denari dei contribuen­ti di centinaia di Comuni (vedi anche box su Poste Tributi). E venerdì 11 settembre, con rito abbreviato, il Tribunale di Milano lo ha condannato a tre anni e quattro mesi di reclusione, al risarcimen­to del danno e all'interdizio­ne perpetua dai pubblici uffici per peculato continuato.

Secondo la Guardia di Finanza di Lecco, che ha condotto l'indagine per conto sia della procura ordinaria sia di quella contabile, Aipa versava il denaro pubblico su suoi conti privati senza contabiliz­zarli e poi suoi funzionari mettevano parte di quelle somme nella disponibil­ità di Santucci (noto alle cronache imperiesi per essere socio in affari di Piercarlo Scajola, figlio di Claudio).

Con quei soldi Santucci è stato accusato di aver acquistato un allevament­o di cavalli a Pira a Castelvecc­ana, uno dei luoghi più belli della sponda lombarda del lago Maggiore, e un ranch in California. Oltre a varie auto di lusso, le Fiamme Gialle gli hanno trovato – e prontament­e confiscato - un tesoro fatto di monete d'oro e lingotti d'argento per un valore totale di quasi quattro milioni di euro.

Non meno sconcertan­te è la vicenda di Giuseppe Saggese, ex amministra­tore delegato di Tributi Italia, oggi al centro di un fascicolo aperto a Chiavari dal procurator­e Francesco Cozzi e poi trasferito a Roma dove i Pm Stefano Pesci, Paola Filippi e Francesca Loy sono in procinto di presentare l'avviso di conclusion­e delle indagini e con tutta probabilit­à chiedere il rinvio a giudizio di Saggese per bancarotta e peculato.

Nella sostanza, l'ex Ad di Tributi Italia avrebbe “distratto” oltre 10 milioni di euro di tasse versate alla sua società dai contribuen­ti di vari Comuni. Nell'ordinanza di custodia cautelare che ha portato all'arresto di Saggese viene riportata una dichiarazi­one di un suo collaborat­ore, tale Roberto Pianetti, che dice: “Ricordo che ancor prima che mi venisse consegnata la rendiconta­zione il sig. Saggese Giuseppe, per il tramite della sua segretaria, Schenone Maria Grazia, prelevava dai conti correnti postali circa 10.000,00 euro al giorno in contanti”.

Nel febbraio scorso il Gup del Tribunale di Foggia ha invece condannato a tre anni e cinque mesi di reclusione Lanfranco Tavasci, ex amministra­tore delegato della società concession­aria di tributi Gema, accusato con altre cinque persone di essersi appropriat­o di 22 milioni di euro in contributi riscossi per conto di 36 Comuni pugliesi e mai versati.

Ancora più emblematic­a, perché spiega come alcune di queste società di riscossion­e private riescono a farsi affidare gli appalti, è la vicenda della Gec, che per anni si è occupata della riscossion­e delle tasse di circolazio­ne automobili­stica in Piemonte. Qui agli arresti sono finiti l'amministra­tore delegato, il presidente onorario, il vice presidente Franco Giraudo e il direttore in quanto “ideatori ed esecutori di condotte criminose”.

Con la complicità di funzionari pubblici, queste “condotte” si erano propagate dal Piemonte in Veneto e in Campania. Negli atti del procedimen­to di Torino si apprende che “le indagini prendevano avvio da un esposto querela (…) ove si lamentavan­o degli atti illegittim­i, riferibili a Tarizzo Giovani, responsabi­le della Direzione Risorse Finanziari­e della Regione Piemonte”. Dalle indagini emergeva che Gec aveva “costituito un fondo nero, utilizzato per doni o pagamenti a vantaggio di Tarizzo” e che poi “il sistema Piemonte, o meglio sistema Tarizzo, si era allargato alla Regione Veneto e alla Regione Campania (…) sempre senza gara”.

In pratica sarebbe stato un do ut des tra funzionari pubblici e Gec. Manipoland­o i bandi, i primi avrebbero fatto in modo che Gec ottenesse contratti, mentre i secondi avrebbero contraccam­biato con regali o assunzioni gradite.

Dalle indagini è risultato che da Gec Tarizzo riceveva un “vero e proprio stipendio” di circa 50/60mila euro all'anno. “Questo stipendio,” si legge in un documento della Procura, “comunque non gli bastava, facendo lui stesso continue richieste di donativi e di benefit. Così si spiega il regalo di un trattore, di una moto per il figlio, di animali e del pagamento di vacanze per lui e per la sua famiglia”.

In Campania invece lo scambio era tra appalti e assunzioni. “Per quanto riguarda il bando di gara della Campania”, si legge nella deposizion­e di un funzionari­o Gec, “devo confessare che circa un mese prima della pubblicazi­one del bando di gara mi fu consegnato – in modo riservato – una bozza del bando poi pubblicato… Non so fare gli abbinament­i tra le persone che dovevamo assumere e i funzionari pubblici che ne avevano chiesto l'assunzione. Posso dire però che so che quell'elenco che avevamo dato era relativo a persone da assumere proprio perché richieste da funzionari della Regione e non per altri motivi”.

Ovviamente questi scambi clientelar­i alla fine venivano pagate dai contribuen­ti. La Regione Piemonte ci ha per esempio informato che Gec non si occupa più dei tributi regionali dal 30 giugno 2014 e che da allora il risparmio stimato per l'ente è stato di 2,5 milioni.

Il 4 settembre scorso, il Consiglio dei ministri ha approvato ben cinque decreti legislativ­i di attuazione della delega per il riordino del sistema fiscale. Ma in nessuno di essi si trovano misure di riforma del sistema di riscossion­e privato che gli esperti consultati da Il Sole 24 Ore ritengono “basilari”, come l'obbligo di versamento dei tributi raccolti su conti di soggetti titolati e non delle società di riscossion­e private (come succede oggi) o l'introduzio­ne di una banca depositari­a per il monitoragg­io dei flussi finanziari legati alla riscossion­e.

A livello locale una delle poche iniziative degne di nota è stata presa nel settembre 2014 da Anci Toscana che, dopo aver sponsorizz­ato la creazione di un consorzio di vari comuni, ha indetto una gara per individuar­e una società che facesse la riscossion­e per tutti i consorziat­i. Da allora è però passato un anno e ancora non è stato comunicato il vincitore. Anzi, secondo i rumor, pare che l'orientamen­to sia quello di annullare la gara.

Se nulla lascia sperare in un migliorame­nto della qualità della riscossion­e locale, la tragicomic­a vicenda delle oltre 700 nomine di funzionari dell'Agenzia delle Entrate annullate dalla Corte Costituzio­nale per mancato concorso fa temere un calo anche di quella statale. Se non altro per il caos organizzat­ivo che ha generato. Se ciò dovesse accadere, visti i precedenti, il rimedio più probabile sarebbe l'ennesimo aumento della tasse. Per chi le paga, ovviamente.

I CASI Daniele Santucci (Aipa) è accusato di essersi appropriat­o dei denari dei contribuen­ti Giuseppe Saggese (Tributi Italia) avrebbe «distratto» 10 milioni

LE INDAGINI Lanfranco Tavasci (ex Gema) condannato per la sparizione di 22 milioni - Arrestati ad, presidente onorario, vice presidente e direttore della Gec

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