Il Sole 24 Ore

Il lusso traina la moda made in Italy

Analisi Pambianco: il fatturato semestrale delle pr incipali aziende quotate è salito del 13,2% a 10,506 miliardi Andamento positivo anche per il campione europeo, mentre restano stabili i gruppi Usa

- Giulia Crivelli

pRappresen­tano ancora una minoranza, ma molto significat­iva per il fatturato complessiv­o e per le indicazion­i che il loro andamento può dare, che si aggiunge ai tanti segnali positivi che stanno arrivando dalla settimana della moda iniziata mercoledì a Milano (si vedano anche gli altri articoli in pagina e quelli a pagina 14). Parliamo delle aziende italiane della moda e del lusso quotate: un piccolo gruppo ma in grado di competere con la forza dei colossi europei. Pambianco strategie d’impresa ha analizzato i risultati del primo semestre per un campione di 15 quotate e l’ha confrontat­o con un analogo campione di aziende del settore in Europa e negli Stati Uniti.

Il risultato? Il fatturato è aumentato del 13,2%, passando da 9,282 a 10,506 miliardi. È un dato inferiore a quello del campione europeo, dove il fatturato è passato da 49,18 a 57,77 miliardi, in crescita del 17,5%. Ma bisogna tener conto che a livello europe hanno pesato positivame­nte le performanc­e di giganti come Hermès ed H&M, cresciuti rispettiva­mente del 20,6% e del 23,1%. Guardando però al campione americano, il cui fatturato è rimasto stabile rispetto al primo semestre 2014 a 29,4 miliardi circa, le aziende italiane e quelle europee mettono a segno un se- mestre eccezional­e.

Per capire le ragioni di queste due velocità occorre osservare i campioni scelti dagli analisti di Pambianco. In Italia si tratta (in ordine di fatturato) di: Luxottica, Prada, Ferragamo, Safilo, Ovs, Tod’s, Geox, Moncler, Basicnet (Kway, Superga e Robe di Kappa), Brunello Cucinelli, Aeffe (Alberta Ferretti, Philosophy, Pollini e Moschino), Stefanel, Csp (marchi di calze e abbigliame­nto intimo come Oroblu e Cagi), Italia Independen­t e Caleffi. Non sono inclusi Piquadro e Damiani perché hanno date di chiusura delle trimestral­i diverse.

Per l’Europa la squadra delle quotate è formata da: Lvmh, Inditex (marchi Zara, Massimo Dutti, Oysho ecc), H&M, Adidas, Kering, Swatch, Hermès, Hugo Boss, Pandora, Jimmy 7È un indice per misurare la redditivit­à delle aziende e quelle quotate sono obbligate a inserirlo nei bilanci. L’acronimo viene dall’inglese e sta per «Earnings before interests, taxes and amortizati­on». Ovvero: utili prima degli interessi, delle Choo. «Quasi tutte le aziende del campione hanno un posizionam­ento di mercato medio o medio alto e per alcune si può parlare di vero e proprio lusso – spiega Carlo Pambianco, fondatore dell’omonima società di consulenza e analisi del settore moda –. Lo stesso vale per il campione europeo, dove spiccano Hermès ma anche i due più grandi gruppi del lusso al mondo, Lvmh e Kering. Negli Stati Uniti invece le aziende quotate hanno posizionam­enti molto diversi e, ad eccezione di Tiffany, sono quasi tutti marchi di casualwear o grandi catene di abbigliame­nto».

Il campione americano è infatti formato da: Gap, Vf (marchi come Eastpak, Napapijri, Vans, Timberland), Limited Brands (Victoria’s Secret e altri), Pvh (Calvin Klein e Tommy Hilfi- imposte e degli ammortamen­ti dei beni immaterial­i. In italiano viene anche detto Margine operativo lordo (Mol). L’ebitda è utile per comparare i risultati di aziende che operano in uno stesso settore, anche perché è molto simile al valore dei flussi di cassa prodotti da un’azienda e quindi fornisce l’indicazion­e più significat­iva per valutarne il valore, ad esempio in vista di una quotazione o dell’ingresso nel capitale di nuovi soci. L’altro indice usato è l’Ebit (Earnings before interests and taxes) ger), Hanes, Tiffany, Abercrombi­e&Fitch, Fossil, Guess, G-III, Quiksilver, Kate Spade e Movado (orologi).

Lo studio Pambianco conferma due cose: la prima è che l’alto di gamma è il settore che ha resistito meglio alla lunga crisi economico-finanziari­a globale innescata, nel 2008, dal fallimento di Lehman Brothers. La seconda è che il lusso è anche il primo settore ad aver ripreso a correre a doppia cifra, dopo anni di rallentame­nto.

Tornando al campione italiano (si vedano le tabelle a fianco), le aziende a crescere di più sono state Moncler (35,5%), Italia Independen­t (34,7%) e Luxottica (19,6%). «Credo che le prospettiv­e migliori le abbiano i marchi di abbigliame­nto e di scarpe di lusso, che stanno andando ancora meglio delle borse, la cui crescita si sta “normalizza­ndo” rispetto al boom degli scorsi anni – sottolinea Pambianco –. Credo inoltre che nei prossimi mesi e anni potrebbero esserci novità sul fronte del private equity, sempre molto attento alle aziende italiane, e delle quotazioni. In Italia molte aziende dovranno affrontare il passaggio generazion­ale e la Borsa, come dimostra il caso di Ferragamo, è un ottimo modo per farlo».

Quanto all’indice di redditivit­à reso noto dalla maggior parte delle aziende, l’Ebitda, il campione italiano ha registrato un aumento del 13% passando da 1,842 a 2,094 miliardi e restando stabile, in percentual­e, sui ricavi. «Il 20% di Ebitda sul fatturato è un valore che la maggior parte degli altri settori industrial­i, in Italia e non solo, si sogna – conclude Pambianco –. Ed è per questo che penso che nel 2016 assisterem­o a ulteriori operazioni di M&A».

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