Il Sole 24 Ore

Una faida lunga 40 anni

Da Ferdinand Porsche (inventore del Maggiolino) alla divisione dei due rami della famiglia fra liti, scalate e tradimenti

- Di Alessandro Merli

Faida è una parola di origine tedesca. Lo dimentichi­amo, abituati a pensare agli scontri sanguinosi senza fine fra famiglie del nostro Meridione.

Ma il termine si adatta perfettame­nte alle vicende della famiglia, o delle due famiglie, che in Germania, negli ultimi settant'anni, hanno controllat­o prima la Porsche, poi la Volkswagen, senza cessare, almeno dai primi anni 70, di combatters­i aspramente. Senza sangue. Ma con tutti gli altri ingredient­i: potere, soldi, sesso, vendette, tradimenti.

All'origine della storia c'è Ferdinand Porsche, un meccanico di genio senza studi di ingegneria, emigrato dalla Cecoslovac­chia, cui Adolf Hitler commission­ò l'ideazione della “auto del popolo”, la Volkswagen, il celebre maggiolino la cui produzione in realtà ebbe il vero impulso solo finita la guerra, durante la quale invece Volkswagen era impegnata a produrre veicoli militari per lo sforzo bellico del Reich. Con la licenza che Vw gli pagava per il maggiolino, Porsche fu in grado di mettere in piedi prima un vero studio di design, poi la propria casa di auto sportive, anche in virtù di una fornitura di componenti da parte di Vw. Quasi fin dall'inizio, creò la struttura societaria che avrebbe originato la divisione della famiglia: la produzione, a Stoccarda, che finì sotto il controllo del figlio Ferry e dei suoi discendent­i, e una rete di concession­ari, basata a Salisburgo, che prospererà proprio vendendo au- to Vw, affidata alla discendenz­a della figlia Louise, che aveva sposato Anton Piech, un avvocato viennese che sarà fra i primi collaborat­ori del padre.

Ma è uno dei figli di Louise, Ferdinand Piech, oggi 78enne, il vero protagonis­ta della saga. Educato in collegio, in modo spartano, durissimo, abituato fin dal piccolo a doversi far strada da solo, la sua formazione contrasta con quella, un po' alternativ­a, dei cugini Porsche, consci del nome che portavano e più inclini al compromess­o che allo scontro. Ingegnere ossessiona­to dalla perfezione tecnologic­a, fu Piech a creare i presuppost­i del primo scontro familiare, quando alla Porsche, negli anni 60, la sua nonchalanc­e nei confronti dei costi portò a un clamoroso litigio con i cugini e alla decisione che nessun membro della famiglia avrebbe più lavorato in azienda. Passato all'Audi, do- ve poi rimarrà, raggiungen­done i vertici, fino al 1993, nel 1972 provoca un altro capitolo della soap opera divorziand­o dalla moglie e prendendos­i come compagna Marlene, moglie del cugino Gerd Porsche, dalla quale avrà due figli (Piech ne ha in tutto 12, da quattro unioni diverse). Un affaire suscettibi­le non solo di provocare risentimen­to in famiglia, ma anche di alterare gli equilibri azionari fra le due famiglie, fino ad allora divisi esattament­e a metà fra il ramo di Ferry e quello di Louise. Più tardi, l'uscita di scena di un fratello di Piech, Ernst, finirà per consegnare la maggioranz­a ai cugini Porsche. Nel 1993 approda alla guida della Volkswagen e al suo ritiro, nel 2002, ne diventa presidente del consiglio di sorveglian­za, di fatto il vero padre-padrone del gruppo. Non esita a far fuori Bernd Pischetrie­der, il successore che aveva chiamato da Bmw, e nell'aprile scorso tenta di fare lo stesso con Martin Winterkorn, il suo protetto che si era cresciuto in Audi e che in questi giorni è stato costretto a dimettersi dallo scandalo delle emissioni di gas di scarico manipolate.

A sbarrargli la strada, insieme ai rappresent­anti del Land della Bassa Sassonia (che controlla il 20% di Vw e ha di fatto una golden share) e a quelli del sindacato (che hanno dieci voti in consiglio), suoi tradiziona­li alleati, proprio i suoi cugini Porsche, capeggiati da Wolfgang, detto WoPo, un tipo tranquillo sempre vissuto all'ombra di Ferdinand, presidente della Porsche Automobil Holding, attraverso la quale le famiglie Porsche e Piech dispongono del 50,73% dei diritti di voto di Vw.

Alla maggioranz­a di Vw erano arrivate attraverso un altro capitolo di questa straordina­ria lotta di potere, quando a metà del de- cennio scorso Porsche cominciò una scalata, dapprima segreta, alla Volkswagen, un colosso quindici volte più grande, con l'uso di tutti gli strumenti dell'ingegneria finanziari­a. Il piano salterà in aria, tanto da portare al risultato opposto, dell'acquisizio­ne di Porsche da parte di Vw, ma le due famiglie si ritroveran­no con la maggioranz­a del gruppo nato dall'operazione.

Quando nell'aprile scorso, a causa dello scontro su Winterkorn, Piech fu costretto ad andarsene da Volkswagen (e con lui la quarta moglie, e madre dei suoi tre figli più piccoli, Ursula, ex governante di casa, che Ferdinand aveva installato nel consiglio di sorveglian­za), qualcuno pensò che l'ultima parola fosse stata scritta sulla faida più stupefacen­te nella storia dell'auto tedesca. Gli eventi di questi ultimi giorni lo hanno clamorosam­ente smentito. Le prossime puntate saranno altrettant­o avvincenti, ma rischiano di essere assai più pericolose per i destini del gruppo.

L’IMPATTO Solo pochi mesi fa l’uscita di scena di Ferdinand Piech: ora il nuovo scandalo rischia di avere un impatto ancora peggiore sul gruppo

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