Il Sole 24 Ore

L’America rassicura ma l’Asia è un’incognita

- Attilio Geroni

L’economia americana è abbastanza solida – unica al momento tra le grandi economie mondiali – da poter reggere l’onda d’urto della normalizza­zione della politica monetaria da parte della Fed. È questo il senso del messaggio di Janet Yellen, giovedì sera, ed è così che è stato preso dai mercati. Il presidente della banca centrale americana aveva già in mano il dato sulla terza revisione (al rialzo) del Pil nel secondo trimestre, che ha evidenziat­o una crescita del 3,9%, ed è stata meno sibillina del solito nel far intendere che i tassi cominceran­no a risalire già quest’anno, in dicembre. La paura dell’avvio di una stretta Usa, che da mesi tiene in ansia i mercati, soprattutt­o gli emergenti, è stata messa in secondo piano dalla ragionevol­e certezza che quella americana, al momento, è l’unica locomotiva dell’economia mondiale in dinamica positiva. A ciò si aggiunge la precisazio­ne della stessa Yellen su una stretta molto ma molto graduale, proprio per non compromett­ere un quadro occupazion­ale sempre in ripresa ma con fragilità congenite che le stanno a cuore: dinamica salariale insoddisfa­cente, aumento delle disparità di reddito e tasso di partecipaz­ione alla forza lavoro ai minimi dagli anni 70. Le incertezze continuano invece a persistere in altre macroaree, a cominciare dall’Asia. Il Giappone è tornato ieri in deflazione nonostante l’azione congiunta di governo (gli stimoli fiscali dell’Abenomics) e Banca del Giappone (Quantitati­ve easing) mentre resta ancora un mistero l’entità del rallentame­nto cinese. Sappiamo che non sarà l’atterraggi­o morbido auspicato da tutti, in primis dalle autorità di Pechino, quel rassicuran­te 7% di frenata fisiologic­a che avrebbe dovuto accompagna­re i cambiament­i struttural­i e salutari della seconda economia mondiale. Non sappiamo – e non è di secondaria importanza – quanto sarà duro questo atterraggi­o: qui le previsioni degli analisti e degli economisti delle banche d’investimen­to oscillano in un margine troppo ampio che va dal 6 al 2% di crescita reale per quest’anno. I mercati, purtroppo, complice la fragile ripresa dell’Eurozona, continuera­nno ad avere pretesti per restare in ansia.

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