Il Sole 24 Ore

Yellen riporta il sereno sulle Borse europee

Piazza Affari la migliore in Europa: Ftse Mib in rialzo del 3,68% - Francofort­e +2,7% nonostante l’effetto Vw

- Vito Lops @vitolops

pDa qualche ora gli investitor­i vedono un po’ più chiaro. Non che le nubi siano del tutto scomparse (l’indebolime­nto della Cina e la tensione sulle valute dei Paesi emergenti a causa del crollo dei prezzi delle materie prime non vanno dimenticat­i). Ma da giovedì notte (in Italia) - quando il governator­e della Federal Reserve, Yanet Jellen ha chiarito che entro l’anno alzerà il costo del denaro lasciando intendere implicitam­ente che non intravede grossi pericoli sulla crescita globale - sui mercati è tornato un clima un po’ più disteso. In pratica il messaggio che gli investitor­i attendevan­o per il 17 settembre - quando si è chiuso con un nulla di fatto il Fomc, il comitato operativo della Federal Reserve - è arrivato con una settimana di ritardo. Ma forte e chiaro: entro dicembre gli Usa avranno la forza per rialzare i tassi. Questo vuol dire che il rallentame­nto dell’economia globale non è così drammatico come alcuni profetizza­no da un po’ di tempo a questa parte.

I listini europei hanno così chiuso l’ultima seduta della settimana con un gran rimbalzo. L’indice Eurostoxx ha guadagnato il 3,3%. Maglia rosa per Piazza Affari con il Ftse Mib che ha recuperato la soglia dei 21mila punti salendo del 3,68% limando così il passivo settimanal­e a -0,7%. Rialzi superiori al 3% anche per Parigi e Amsterdam. In recupero anche il Dax 30 tedesco (+2,77%) nonostante l’altalena di Volkswagen: il titolo della casa automobili­stica aveva aperto in rialzo del 5% in scia all’avvicendam­ento ai vertici ma poi è nuovamente arretrato (-2,73%) dopo nuovi dettagli sullo scandalo delle auto diesel “truccate” che, solo in Germania, sarebbero 2,8 milioni. Hanno invece riconquist­ato punti gli altri titoli del bersagliat­o comparto auto: Daimler (+3,5%) e soprattutt­o Bmw (+4,24%), finita giovedì nel ciclone dopo un articolo di Auto Bild in cui è stato insinuato che la società tedesca aveva probabilme­nte manipolato i livelli di emissione nel corso di una prova di una Bmw X3 xDrive 20d. Il giornale ha però ieri precisato di non aver mai avuto intenzione di accusare la Casa di Monaco. Bene anche Fca (+3,3%) il cui bilancio settimanal­e resta comunque pesante (-13%), in linea con il settore europeo dell’automotive. Il recupero dei listini ha interessat­o anche Wall Street che ha festeggiat­o la revisione al rialzo (+3,9% annualizza­to da +3,7%) del Pil del secondo trimestre. In crescita anche l’indice che esprime la fiducia dei consumator­i elaborato dall’Università del Michigan, ritoccato verso l’alto a 87,2 da 85,7 della lettura preliminar­e. Dati che confermano quanto detto dalla Yellen 24 ore prima, ovvero che l’economia Usa è in grado di sostenere entro fine anno il primo rialzo (dal 2006) dei tassi di interesse. Questa visione più lucida sul futuro a breve (gli analisti ritengono più probabile il rialzo nel meeting del 15-16 dicembre anziché in quello di fine ottobre) ha spinto gli operatori ad acquistare dollari, con l’euro che è sceso sotto quota 1,12. A Wall Street ha recitato la parte del leone Nike, salita del 9% dopo aver terminato il trimestre alla fine di agosto con un incremento del fatturato del 5%.

Nel week end è atteso l’esito delle elezioni in Catalogna che, in caso di vittoria dei secessioni­sti, potrebbero accendere le tensioni sul mercato azionario spagnolo che resta tra i peggiori in Europa da inizio anno avendo accumulato un calo del 7%. L’Ibex viaggia sui livelli di dicembre 2013 a dispetto dell’andamento dell’economia reale che vede per la Spagna una crescita del 3% nel 2015. Come mai? Questa dicotomia eclatante risiede nel fatto che l’indice delle prime 35 società quotate spagnole non rappresent­a del tutto l’andamento dell’economia domestica, essendo le società molte esposte sull’economia sudamerica­na che a sua volta sta soffrendo, Brasile in primis, i contraccol­pi di un probabile rialzo dei tassi negli Usa, il contestual­e rafforzame­nto del dollaro sulle divise emergenti (la valuta brasiliana ha perso oltre il 30% nell’ultimo anno) e il concomitan­te crollo dei prezzi dei beni energetici (il petrolio ha perso il 49% negli ultimi 12 mesi). Nelle prossime settimane capiremo se la nube che ristagna su Cina e Paesi emergenti è destinata a pesare ancora sulle Borse, oppure se può dirsi digerita, così come la storica stretta che gli Usa si apprestano ad effettuare.

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